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Bergamohood. Palma il Vecchio. Il modello di sviluppo riparte dalla bellezza eterna

  • Pubblicato il: 16/03/2015 - 00:46
Autore/i: 
Rubrica: 
FONDAZIONI PER LA CULTURA
Articolo a cura di: 
Milena Zanotti

Bergamo. Il richiamo di Jacopo Negretti detto Palma il Vecchio alla GAMec (scelta in quanto la Carrara, oggi chiusa per restauri e ampliamenti aprirà il 23 aprile) è stato altissimo. Grandi code e visite a turni per l’apertura della prima retrospettiva dedicata all’artista di origini bergamasche fino ad oggi mai celebrato in una mostra monografica.
L’esposizione, intitolata Palma il Vecchio, lo sguardo della bellezza (dal 13 marzo al 21 giugno, catalogo Skira), è una summa di capolavori palmeschi, con circa 35 opere provenienti dai principali musei italiani e stranieri, dal Musée du Louvre di Parigi, la National Gallery di Londra, il Museo Thyssen-Bornemisza di Madrid, sino all’Hermitage di San Pietroburgo. Alcune di queste opere, peraltro, non sono mai state prima di ora spostate dalle sedi originarie, come l’Assunzione della Vergine delle Gallerie dell’Accademia di Venezia o per il Polittico di Serina.
L’evento è promosso da Fondazione Credito Bergamasco, con il coinvolgimento di S.A.C.B.O. (Aeroporto Internazionale di Orio al Serio) come main sponsor. L’obiettivo istituzionale è chiaro: in occasione di Expo, connettere un progetto rigoroso e nel contempo attrattivo per un ampio pubblico, in primis aggregando la comunità sulle sue eccellenze, che hanno profonde peculiarità storiche. Partire dall’identità per coniugare arte e turismo, impresa e peculiarità paesaggistiche, in occasione di Expo 2015, per il quale Bergamo ha obiettivi elevati. Con un approccio coordinato, concretizzato in un tavolo per la condivisione degli intenti tra le istituzioni e le forze economiche lo scorso anno è stato sottoscritto un protocollo tra Camera di Commercio, Comune, Provincia, Università degli studi, Confindustria, Imprese e Diocesi. Traguardo condiviso: produrre una serie di eventi significativi per la promozione e valorizzazione del sistema territoriale, a livello economico e culturale. Tra questi l’appuntamento dal 23 al 26 aprile con IETM Meeting, un piattaforma di operatori delle arti e dello spettacolo che si propone di dialogare un confronto internazionale sul tema dello ‘spettacolo dal vivo’. Un altro ‘save the date’ da ricordare è la riapertura di Accademia Carrara di Bergamo, dopo sei anni di restauri e 11 milioni di euro investiti dal settore pubblico, ai quali si sono aggiunti quelli dei privati. Una delle più rilevanti pinacoteche del Paese viene restituita alla collettività.
Queste operazioni sono frutto del percorso intrapreso dalla città per la presentazione la candidatura di Bergamo a “Capitale europea della cultura 2019” per la quale la città ha prodotto una strategia a lungo termine su base culturale, tramite un accordo con il Circuito delle Città d’Arte della Pianura Padana e la costituzione dell’Ambasciata Culturale Europea, uno spazio internazionale per connettere artisti, studenti, scienziati, imprenditori. La candidatura comunitaria non è andata a buon fine, ma la città sta capitalizzando il percorso e probabilmente applicherà il bando per la Capitale Italiana della Cultura.
Di questa visione fa parte il grande evento dedicato a Palma il Vecchio, un artista che il celebre storico dell’arte Cavalcaselle nel 1871 ritenne degno di condividere «con Giorgione e Tiziano l’onore di modernizzare e rigenerare l’arte veneziana». Anche Giorgio Vasari, concentrato sugli artisti, nel 1568 scrisse con entusiasmo che meritava «grandissima lode (..)[per]tanta osservanza nel disegno, nell’invenzione e nel colorito, che pare che tremi la tavola, come [se] tutto quello che vi è dipinto fusse vero».
Nato a Serina, in Val Brembana, nel 1480 circa (morirà a Venezia nel 1528), Palma giunse in laguna intorno ai vent’anni, dopo aver esordito in ambito locale. Sempre presenti nella sua arte sono gli elementi d’arcaico lombardismo quattrocentesco. Se la prima opera attestata è, nel febbraio 1514, l’Assunzione della Vergine per la Scuola di Santa Maria Maggiore, oggi alle Gallerie dell’Accademia, dobbiamo ipotizzare un percorso che prende avvio ad inizio secolo con opere quali la Madonna leggente della Gemäldegalerie di Berlino e la Madonna in trono tra le sante Barbara e Cristina e due committenti , della Galleria Borghese di Roma. Sarà l’anticipazione di un’arte che avrà la sua essenza nell’elaborazione di sacre conversazioni in ambientazioni paesaggistiche, di temi mitologici e allegorici, attraverso carezzevoli figure femminili che ne segneranno il percorso sin dall’inizio degli anni dieci del Cinquecento.
Parliamo del progetto della mostra con il curatore: Giovanni Carlo Federico Villa (Torino, 1971), professore di Storia dell'Arte Moderna e di Museologia e Critica d'Arte all’Università di Bergamo e di Tecniche diagnostiche per i beni culturali presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore Milano. Coordinatore scientifico della mostra "Antonello da Messina" alle Scuderie del Quirinale (marzo-giugno 2006), ha curato tra le altre mostre "Giovanni Bellini", sempre alle Scuderie del Quirinale di Roma, e "Cima da Conegliano" a Conegliano.
Una mostra magistrale nella cura del dettaglio, a partire dall’allestimento che racconta l’artista mettendo in risalto la qualità cromatica delle sue opere, offrendo una lettura contestualizzata, attraverso un iter che evidenzia le varie fasi creative di Palma, con i capi d’opera di ogni stagione. Il tutto in un spazio completamente ridisegnato per l’occasione.
 
 
Perché Palma il Vecchio?
Lo scopo di questa mostra è di creare un duplice binario che possa generare un modello di sviluppo per l’Italia. Il concetto sotteso è quello di partire da una realtà locale e da un’icona artistica da ‘riposizionare’, nella fattispecie di un grande artista che mai raccontato da una mostra monografica in grado di catturare l’attenzione internazionale e rimettere in moto il circuito economico, mostrando che i beni culturali sono la base da cui ripartire. Ecco quindi l’intuizione di prendere in considerazione un’artista come Palma il Vecchio, ovvero uno dei massimi protagonisti della storia dell’arte poiché per dieci anni, dal 1518 quando Tiziano, consegnata l’«Assunta», si rivolse alle grandi corti, fino al 1528, anno della sua morte, fu l’artista principe di Venezia, il ‘pittore – icona’ di Venezia. Un momento in cui la città lagunare creava la pittura moderna, tramite maestri quali Giorgione e Tiziano stesso. Il passaggio successivo è stato il ‘ricollocamento’ dell’artista nel suo ambiente d’origine, che per il Palma ha significato un ritorno a Bergamo.
 
 
La mostra è diffusa sul territorio ed è stata costruita con un grande lavoro di rete
Ritengo che queste operazioni debbano essere composte al 20% dalla mostra e all’80% dal territorio. Le pale dell’area bergamasca rimarranno nelle loro chiese (a Serina il Polittico restaurato e un altro, ora correttamente ricomposti, torneranno dalla sacrestia agli altari della chiesa per cui furono realizzati), ma l’intera città di Bergamo è stata coinvolta in questo evento fin dai primi passi: gli enti locali, le associazioni di categoria (Confindustria, Camera di Commercio, ecc.), i soggetti economici, facendo un’operazione ‘alta’ ed, al contempo, un’operazione ‘pop’. Il tessuto economico territoriale è stato interessato partendo dai negozi cittadini. Questo duplice binario è stato la chiave di interpretazione della mostra: sono nate pubblicazioni scientifiche rivolte ad un pubblico di specialisti ma, al contempo, un catalogo rivolto ad una divulgazione più ampia.
Abbiamo delineato una serie di operazioni volte a mettere in luce le caratteristiche della città, che ai tempi di Palma era connotata dalla produzione tessile e dall’acqua che la favoriva e ‘risottolinearli sull’oggi’, in modo da restituire al cittadino attuale una sensibilità sulle proprie radici storiche e culturali. Ecco quindi la scelta di realizzare un allestimento della mostra avvalendosi di “panni-lana” bergamaschi e dei tessuti che costituivano la grande ricchezza del territorio e che ritroviamo anche nei grandi dipinti di Palma. Le pareti della mostra sono rivestite di seta veneziana..
In tale direzione abbiamo coinvolto ogni singola azienda del territorio su progetti specifici, come ad esempio il maglificio Santini (che produce l’80 % delle maglie per ciclisti distribuite a livello mondiale). In ogni confezione venduta verrà posizionato un pieghevole con l’intento di narrare Palma e la bergamasca.
Un altro grande tema è l’acqua della città, che disseta buona parte di Milano con i suoi grandi marchi, su tutti San Pellegrino. Ciò ha fornito l’idea per la realizzazione di apposite borracce (con annessa piantina) da distribuire, pronte per essere riempite dalle acque delle mille fontane di Bergamo, con un ‘attenzione anche alla salvaguardia ambientale. Ed ancora citiamo Bracca, azienda leader nella produzione di acque minerali, che ha realizzato tre speciali retroetichette.. Oppure, sul tema del cibo, i negozi ripropongono i loro prodotti alla maniera delle antiche ricette, ad esempio il cioccolato arricchito delle tre spezie che nel ‘500 provenivano da Venezia.
 
 
Quando è nato il progetto?
L’idea originaria è della fine degli anni ’90 e si è sviluppata negli ultimi due anni e mezzo con le Scuderie del Quirinale. L’intento era riposizionare una serie di grandi artisti di dimensione più territoriale come Bartolomeo Montagna, Cima da Conegliano, sino a Palma il Vecchio e affiancarli ai grandi protagonisti del ‘500, celebrati alle Scuderie nei suoi protagonisti di carattere più nazionale (Giovanni Bellini, Lorenzo Lotto, Tiziano, Tintoretto). Ciò che si innesta localmente può rilanciare una realtà circostante.
 
 
Quale dialogo con Fondazione Creberg?
Si è partiti dall’Università di Bergamo e dalla Fondazione Credito Bergamasco, coinvolta non limitatamente al ruolo di ente erogatore ma in un’ottica di coesione territoriale. La vera ‘cartina di tornasole’ è stato il segretario generale di Fondazione Credito Bergamasco, Angelo Piazzoli, che ha incontrato tutti gli attori coinvolti, portando il suo sostegno e tenendo fermo il posizionamento della mostra. Ciò non sarebbe stato possibile con un ente locale. Si può parlare di una vera e propria co-curatela, un’adozione. La Fondazione (che ha promosso anche i restauri del Polittico di Serina e dell’«Adorazione dei pastori» di Zogno, inoltre ha sostenuto la pubblicazione di tre guide dedicate ai borghi, alla cattedrale e ai luoghi di Palma) ha svolto una funzione fondamentale territoriale e come aggregatore degli sponsor e degli interlocutori. Si sono svolti 481 incontri con i diversi attori del territorio.
 
 
Perché nella mostra si è scelto il ‘focus’ sulla bellezza?
Quando si fa un’operazione di questo tipo vi è la necessità di ragionare su un elemento catalizzante, che nel caso di Palma sono stati in realtà due: la moda e gli abiti. Oggi a Bergamo si hanno circa venti negozi di giovani stilisti. Ecco, quindi, che il tema della bellezza ci ha consentito di legare in un ‘fil rouge’ tutti questi aspetti, anche in considerazione che è connaturato nella pittura dell’artista. Questi crea il canone della bellezza femminile veneziana che diverrà preponderante nella prima metà del ‘500 e del ‘600.
 
 
E’ soddisfatto dei risultati ottenuti fin qui?

Al momento lo sono estremamente per il livello creativo e produttivo stupefacente, per esempio nel coinvolgimento di 149 negozi cittadini, che hanno aderito con entusiasmo all’iniziativa di marketing territoriale. Le giovani stiliste hanno creato outfit «alla Palma»; uno chef stellato ha proposto cene rinascimentali in un antico convento in città, sono stati pensati altri menu a prezzo contenuto ma sempre su documenti d’epoca; un fruttivendolo presenta panieri di frutti coltivati nel Cinquecento, in Borgo Pignolo (antico accesso alla città) si riproporranno antiche tipologie di caffè e un produttore di formaggi, come allora, «tingerà» un formaggio locale (il «bagòss») con lo zafferano: una spezia che proveniva da Venezia .
La reazione dei colleghi e dei grandi musei è stata eccellente. Naturalmente occorrerà valutare il riscontro del pubblico, in termini di visitatori della mostra e di Bergamo, oltre che la risposta della città a livello di istituzioni. La sfida vera è questa: la ricaduta sulla proposta di strutturare un modello replicabile anche in altre realta’.
 
 
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