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All the World’s Futures

  • Pubblicato il: 15/03/2015 - 20:58
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Articolo a cura di: 
Milena Zanotti

Venezia. Nella sua sede di  Palazzo Giustinian,  la Biennale si svela attraverso i  suoi protagonisti: su tutti il curatore per il 2015 Okwui Enwezor ed il presidente di Fondazione Biennale di Venezia, Paolo Baratta,  dal 1998 al 2001 e poi, ininterrottamente, dal 2008.  
Il Presidente, grande innovatore - risale al suo primo incarico l’introduzione di un nuovo modello, che intende stimolare una molteplicità di voci e di pensieri affiancando ai tradizionali padiglioni nazionali la mostra internazionale del curatore e gli eventi  collaterali  annuncia che «al 120mo anno dalla prima Esposizione (1895). La Mostra Internazionale del curatore si estenderà nel Palazzo delle Esposizioni ai Giardini (3.000 mq) e nell’Arsenale (8.000 mq) e in aggiunta le aree esterne».
Una manifestazione che si rinnova con  nuove letture in « un lungo susseguirsi di diversi punti di osservazione del fenomeno della creazione artistica nel contemporaneo», specifica Baratta aggiungendo «Oggi il mondo ci appare attraversato da gravi fratture e lacerazioni, da forti asimmetrie e da incertezze sulle prospettive. Nonostante i colossali progressi nelle conoscenze e nelle tecnologie viviamo una sorta di “age of anxiety”. E la Biennale torna a osservare il rapporto tra l'arte e lo sviluppo della realtà umana, sociale, politica, nell'incalzare delle forze e dei fenomeni esterni». Ed ancora «In questa edizione si vuol quindi indagare in che modo le tensioni del mondo esterno sollecitano le sensibilità, le energie vitali ed espressive degli artisti, i loro desideri, i loro moti dell'animo (il loro inner song). La Biennale ha chiamato Okwui Enwezor anche per la sua particolare sensibilità a questi aspetti».
Bice Curiger nell’edizione del 2011 indagò il tema  della percezione, con ILLUMInation,  che voleva essere un’apertura verso la collettività ed, al contempo, la riflessione su un'identità frammentata, di relazioni temporanee e di soggetti segnati dalla transitorietà, Massimiliano Gioni con Palazzo Enciclopedico, del 2013, aveva scelto di di raccontare il miraggio della conoscenza, l’utopia di disciplinare e ordinare tutto lo scibile umano. Il presidente di Biennale riannoda i fili di un discorso che parte da qui  «Curiger, Gioni, Enwezor, quasi una trilogia: tre capitoli di una ricerca della Biennale di Venezia sui riferimenti utili per formulare giudizi estetici sull'arte contemporanea, questione “critica” dopo la fine delle avanguardie e dell'arte “non arte”».
Conclude Baratta, riferendosi al curatore per quest’anno «Okwui non pretende di dare giudizi o esprimere una predizione, ma vuole convocare le arti e gli artisti da tutte le parti del mondo e da diverse discipline: un Parlamento delle Forme». Precisa meglio «Una mostra globale dove noi possiamo interrogare, o quanto meno ascoltare gli artisti.  Sono stati chiamati 136 artisti dei quali 88 presenti per la prima volta, provenienti da 53 paesi, e molti da varie aree geografiche che ci ostiniamo a chiamare periferiche. Delle opere esposte, 159 sono nuovi lavori. Tutto questo ci aiuterà anche ad aggiornarci sulla geografia e sui percorsi degli artisti di oggi, materia questa che sarà oggetto di un progetto speciale: quello relativo ai Curricula degli artisti operanti nel mondo».
Ed eccoci dunque, ad Okwui Enwezor, critico d’arte che approda alla Biennale da lontano: con doppio passaporto nigeriano ed americano vanta un curriculum di tutto rispetto, costruito a partire da Calabar, città dove nasce nel 1963. Agli inizi degli anni ’80 si trasferisce negli U.S.A., dove studia scienze politiche al Jersey State College. Dopo aver fondato la rivista NKA: Journal of Contemporaty African Art nel 2000 viene chiamato nel ruolo di direttore artistico a Documenta 11. È curatore aggiunto di arte contemporanea all'Art Insitute of Chicago. Inoltre è Dean of Academic Affairs al San Francisco Art Institute, nonchè curatore aggiunto dell'International Center of Photography di New York. Dal 2011 viene nominato direttore della Haus der Kunst di Monaco di Baviera.
Annuncia subito un’importante novità, che in realtà è un ritorno al passato, ovvero che centoventi anni dopo la sua prima edizione, l’Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia si svolgerà ancora una volta presso i Giardini.  Saranno  44 gli eventi collaterali approvati dal curatore, organizzati in vari luoghi della città e promossi da istituzioni internazionali.
Ci conduce poi nel cuore pulsante della sua Biennale «Al posto di un unico tema onnicomprensivo che racchiuda e incapsuli diverse forme e pratiche in un campo visivo unificato, All the World’s Futures è permeato da uno strato di Filtri sovrapposti. Questi Filtri sono una costellazione di parametri che circoscrivono le molteplici idee che verranno trattate per immaginare e realizzare una diversità di pratiche. La 56esima Esposizione della Biennale di Venezia del 2015 utilizzerà come Filtro la traiettoria storica che la Biennale stessa ha percorso durante i suoi 120 anni di vita». Nello specifico i filtri pensati dal critico sono: Vitalità: sulla durata epica, Il giardino del disordine, Il Capitale: una lettura dal vivo.
Afferma Enwezor «La domanda principale posta dall’esposizione è la seguente: in che modo artisti, filosofi, scrittori, compositori, coreografi, cantanti e musicisti, attraverso immagini, oggetti, parole, movimenti, azioni, testi e suoni, possono raccogliere dei pubblici nell’atto di ascoltare, reagire, farsi coinvolgere e parlare, allo scopo di dare un senso agli sconvolgimenti di quest’epoca? Quali materiali simbolici o estetici, quali atti politici o sociali verranno prodotti in questo spazio dialettico di riferimenti per dare forma a un’esposizione che rifiuta di  essere confinata nei limiti dei convenzionali modelli espositivi? In All the World’s Futures lo stesso curatore insieme agli artisti, agli attivisti, al pubblico e ai partecipanti di ogni genere saranno i protagonisti centrali nell’aperta orchestrazione di questo progetto».

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