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  • Pubblicato il: 01/06/2017 - 09:25
Autore/i: 
Rubrica: 
LA PAROLA AGLI ARTISTI
Articolo a cura di: 
Stefania Crobe

Cittadellarte Fondazione Pistoletto ha inaugurato UNIDEE2017 con il collettivo argentino Etcetera. Denunciati attivisti, definiti artivisti, rivendicano il loro essere artisti e, nella schizofrenia capitalista, guardano all'errore come via di fuga. L'errore, come principio e pratica quotidiana, diventa negazione, risposta, resistenza per creare nuovi immaginari sociali. Con loro e con Franco Berardi “Bifo” ci siamo persi nel piacere dell'erranza
 


"L’opera d’arte non è uno strumento di comunicazione. L’opera d’arte non ha niente a che fare con la comunicazione. L’opera d’arte non contiene letteralmente la minima informazione. C’è invece un’affinità fondamentale tra l’opera d’arte e l’atto di resistenza"
Gilles Deleuze, Che cos’è l’atto di creazione?, Cronopio 2013

Biella. A Cittadellarte Fondazione Pistoletto abbiamo seguito lo scorso aprile il modulo di apertura di UNIDEE, modello formativo ormai consolidato nato nel 2000 da un'idea di Michelangelo Pistoletto.
Nata come residenza per artisti per esplorare il rapporto tra teoria critica, attivismo e pratica artistica, da tre anni – sotto la direzione di Cecilia Guida - ha aperto le sue porte anche a curatori, ricercatori, studiosi provenienti da diversi settori proprio per alimentare la sua vocazione cross-disciplinare e sperimentare inedite modalità d'incontro tra campi separati.

Dopo 13 anni di percorso residenziale della durata di quattro mesi e un anno di ripensamento degli obiettivi e delle funzioni delle residenze per artisti all'interno del sistema dell'arte – spiega Cecilia Guida – dal 2015 UNIDEE si caratterizza per una nuova formula. Ogni residenza è suddivisa in moduli settimanali, con l'eccezione di moduli di due mesi, che sviluppiamo grazie al sostegno di diversi partner. Sono moduli immersivi e intensivi condotti da un mentore intorno a linee guida condivise con la direzione. Nello statement di questa edizione si invita a riflettere sulle parole rivoluzione, desiderio, mediazione, termini aperti a una riflessione e che di volta in volta vengono declinati e ripensati dai mentori in base alla propria pratica ed esperienza artistica. È un passaggio molto importante perché è uno strumento reticolare per la condivisione del sapere, un’orizzontalità dinamica e non autoriale capace di incarnare il punto di vista dell’altro. È interessante vedere come il mentore risponde e cosa propone perché, una volta che si organizzano i gruppi, i concetti di partenza si svincolano dalla proposta e dalla lettura iniziale per intraprendere un percorso autonomo che nasce dall'interpretazione del gruppo di lavoro".

I mentori e gli ospiti per il 2017 sono Ayreen Anastas e Rene Gabri con Carla Bottiglieri; Riccardo Fassone e Juan Esteban Sandoval (el puente_lab) con Gabriele Ferri; Diego del Pozo Barriuso con Julia Morandeira Arrizabalaga; Andrea Caretto | Raffaella Spagna; Gianluca e Massimiliano De Serio con Luigi Fassi; Attila Faravelli ed Enrico Malatesta con Adam Asnan; Aria Spinelli per il progetto europeo "Trauma & Revival"; Adrian Paci con Leonardo Caffo e Zef Paci; Assemble (John Bingham-Hall e Amica Dall) con Efrosini Protopapa; Rick Lowe con Elpida Rikou.
Ad aprire l’edizione 2017 di UNIDEE sono stati però il collettivo argentino Etcetera, fondato nel 1997 da Federico Zukerfeld e Loreto Garin Guzman, con il filosofo bolognese Franco Berardi “Bifo”. Con loro siamo stati a Biella e ci siamo persi nel piacere dell'erranza.

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Cinque giorni di intensa riflessione in cui rompiamo la nostra temporalità abituale e, in un ambiente informale e laboratoriale, insieme a un gruppo eterogeo proveniente da più parti del mondo, esploriamo la pratica artistica di Etcetera, le loro incursioni spaziali, il loro “Humore Negro”, le loro mobilitazioni 'politiche' che con sarcasmo e ironia, abbracciano i temi della manipolazione dell'informazione, dell'abuso di potere, della crisi finanziaria che ha messo in ginocchio l'Argentina, della violazione dei diritti umani.

Insieme abbiamo indagato, tra "prove ed errori", potenzialità e usi della pratica artistica nell'elaborazione di immaginari sociali e, guidati dal titolo del workshop, NO-WORK / NO-SHOP, in uno spazio di “non consumo” per l'arte e la cultura, abbiamo co-creato, tra finzione e realtà, beffeggiandola, una fake exposition dal titolo “(R)evolution never ends. From Third World to Third Paradise in a post-truth Era". Una finta “messa in mostra”, con finte opere in un finto spazio espositivo ispirata però da una reale casualità. Un fortuito incontro che ci a portato ad esplorare una Biella sommersa in cui, in una delle abitazioni che ospita i rifugiati parte del progetto di accoglienza e integrazione dell'associazione Pace Futuro, in un minuscolo scrigno fatto di sabbia, statue di argilla, disegni, segni e simboli arcaici, abbiamo riscoperto il mistico, l'esoterico, l'enigmatico e il possibile di un'arte che non ha la pretesa di essere tale – non le interessa – perché si accontenta di essere momento di liberazione, catarsi. Una essenzialità che l'arte cosiddetta contemporanea, impegnata ad essere sistema, ha forse dimenticato e che ci ricorda – come scriveva Kundera riprendendo Rimbaud – che “la vita è altrove”.

Un aneddoto che è il pretesto per qualche quesito sullo stato dell'arte, sempre più arte di Stato, uno stato del consumo che porta alla stasi.
In un mondo dell'arte, e della cultura e della conoscenza in generale, sempre più simulacro di sé stesso, che dovrebbe concorrere alla creazione di un pensiero critico e dissidente ma che è sempre più dominato dalla logica del profitto, dalla produzione, dallo sfruttamento del lavoro culturale, che vaga nel sommerso mantenendo però quell'apparenza estetizzante che nasconde ogni criticità, come può la pratica artistica (e culturale) mantenere una potenza trasformativa quando – inglobata nel “sistema” - cerca il consenso di un mondo pacificato anziché far emergere i conflitti di una società alla deriva e di una contemporaneità che non ammette stratificazioni? 

Voci fuori dal coro come Etcetera concorrono a movimentare questa inerzia attraverso scomode provocazioni, rumori che creano scompiglio e spaesamento nel silenzio di una quiete diffusa.
Eredi surrealisti, ispirati da Duchamp e dal dadaismo, debitori degli smarrimenti situazionisti, in Etcetera arte e politica sembrano andare di pari passo, rompendo le retoriche e negando l'arte come ricerca di bellezza.
Le loro azioni, in cui la dimensione estetica spesso viene meno, denunciano i temi più spinosi del contesto geo-politico mondiale, con un ovvio riferimento all'Argentina: dal capitalismo finanziario, al "neo estrattivismo", alla "precarietà cognitiva, al razzismo, alla censura e alla manipolazione mediatica che crea fake news per una fake reality. Alla riflessione sulla crisi economica, sulla crisi di rappresentanza, affiancano la ben più grave crisi di immaginazione.
Si muovono – attraverso l'ironia, l'erranza, la negazione, l'irriverenza – lontano dalla ricerca del compiacimento di un sistema ricco di contraddizioni, di cui sono però anche parte, portando il conflitto sociale tra la piazza e le “cattedrali del contemporaneo”, dove la cultura rischia di rimanere confinata e immobile.

Pochi ma significativi esempi di una storia ventennale. Nel 2002, a Buenos Aires , con il Mierdazo (Poop attack) Etcétera ha invitato il pubblico a defecare e gettare le feci contro l'edificio del congresso il giorno in cui veniva discusso dai rappresentanti della Camera il bilancio annuale. In Piazza Verdi, a Bologna nel 2013, con C.R.I.S.I. COMUNE di RICERCA per l’IMMAGINAZIONE SOCIALE INCLUSIVA, uno spazio di partecipazione collettiva artistico e politico, hanno non donato ma ridistribuito banconote da cinque euro ai passanti increduli in polemica con le scelte della Banca Centrale.
Lo scorso 24 marzo, giorno che ricorda e ripudia il colpo di stato militare del 1976, nella simbolica Plaza De Mayo, il loro elicottero di cartone, in una carnevalesca parata, è stato visto come un vero e proprio affronto al Presidente Mauricio Macri e alle politiche recessive e “democraticamente repressive” di quella che doveva essere la “rivoluzione dell’allegria”.

Denunciati attivisti, definiti artivisti, rivendicano però il loro essere artisti e – come fondatori del movimento Errorista nel 2005 – guardano all'errore (che nell'etimologia rimanda al viaggio, al vagare) riconoscendo in esso una via di fuga in cui l'esercizio immaginativo diventa azione, negazione, risposta, resistenza per creare nuovi immaginari sociali. Etcetera, che nella denominazione evoca un'apertura, uno scorrimento libero, guarda all'arte come un medium, una metodologia di indagine, conoscenza e denuncia nella realtà nella negazione stessa del metodo.
In un mondo sovra-occupato da immagini, dove il capitale continuamente si appropria e domina la realtà attraverso la loro produzione e ripetizione, la creazione – non l'ascolto – di desideri e di bisogni, l'immaginazione, quella capacità di de-costruire e ri-costruire immagini di realtà (o irrealtà), è in pericolo.

L'errore, l'ambiguità, quel diritto ad essere “opachi” di cui parlava Édouard Glissant, restano dunque l'unico modo per resistere e sottrarsi alle logiche mainstream, alla fake reality?
Dice bene Franco Berardi Bifo quando afferma che il vero problema non è il fake – la moltiplicazione delle verità – quanto le reazioni 'reali', le risposte che il falso produce.
La moltiplicazione delle prospettive – salvo l'unilateralismo rinascimentale – è propria delle arti, da sempre. Nello spostamento del punto di vista, nel creare un inciampo, una moltiplicazione di significati e una molteplicità di sensi l'immaginazione, l'arte e l'estetica – guardando all'etimologia del termine – possono potenzialmente attivare processi di trasformazione, un immaginario del comune1, che sappia trovare il nesso tra le cose, ricongiungere ciò che appare sconnesso, attraverso un sentire – la percezione estetica – che è il sentire dell'altro da sé.

Il vero problema appare dunque la desensibilizzazione del mondo, ove “per sensibilità si intende la facoltà che permette agli esseri umani di interpretare i segni che non sono verbali né possono essere tali, la capacità di comprendere ciò che non può essere espresso in forme che hanno una sintassi finita”. Ciò che al simulacro e alle simulazione oppone l'interpretazione, all'identità, il cui inasprimento porta alle degenerazione cui ogni giorno assistiamo, l'identificazione, ricorda Franco Berardi.

Ma il rendere sensibile dell'estetica non ha forse già in sé quell'essere in potenza capace di muovere, di generare empatia e simpatia nella percezione dell'altro, anche senza essere necessariamente impegnata politicamente? Potenzialmente.
Recuperi allora l'arte quella potenza, quel senso del possibile, quel sentimento nel riconoscere e sentire l'altro. Sia quella “negoziazione tra il significante e il significato”, operi oltre i confini, spaziali, temporali e mentali, oltre le Biennali in cui viene relegata e in cui si ritrae, oltre le pareti che mummificano, oltre i simulacri; esca dal territorio esclusivo dell'arte e, oltre il consenso e il compiacimento, operi in un campo di ambiguità che possa essere – in un cammino errante – prima di tutto “un esercizio di disobbedienza” perché, ancora una volta, “la vita è altrove”.

© Riproduzione riservata

Bibliografia:
F. Berardi, Precarious Rhapsody. Semiocapitalism and the pathology of the post-alpha generation, Minor Compositions, 2009
Sitografia:
www.cittadellarte.it/unidee
www.erroristas.org
www.crisiproject.wordpress.com
www.princeclausfund.org/en/network/grupo-etcetera.html

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Prossimi moduli UNIDEE:
Touch, Don't Dominate
MENTOR:
Diego del Pozo Barriuso
OSPITE:
Julia Morandeira Arrizabalaga
QUANDO:
05 Giu / 09 Giu, 2017

The Dance of Attention. What happens as soon as we press ’record’ on a device
MENTOR:
Attila Faravelli and Enrico Malatesta
OSPITE:
Adam Asnan
QUANDO:
17 Lug / 21 Lug, 2017
TERMINE PRESENTAZIONE DOMANDE:
30.06.2017

ph| 

IV CUMBRE DE LAS AMERICAS, Azione realizzata in occasione dell'arrivo di Jeorge Bush a Mar del Plata, 2005.
 

1Pierre Dardot, Senso comune e senso «del» comune. Le pratiche istituenti dell'aisthesis, in Opera Viva, 31 ottobre 2016