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Quanta e quale innovazione si sta generando nelle politiche culturali?

  • Pubblicato il: 09/08/2016 - 13:00
Autore/i: 
Rubrica: 
SPECIALI
Articolo a cura di: 
Ledo Prato
ph | Alfredo Jaar – Questions Questions. Progetto pubblico per Milano

SPECIALE MECENATE '90. Mecenate 90 propone alla nostra testata di aprire un forum pubblico su alcune delle questioni che sembrano caratterizzare questa fase delle politiche pubbliche in ambito culturale, andando oltre le questioni contingenti, le singole misure adottate, per cercare di capire quali possono essere contenuti e processi su cui lavorare per conseguire risultati che reggano nel medio lungo periodo. Diamo carta bianca al gruppo chiamato a raccolta dall’Associazione: scriveranno ricercatori, operatori culturali, rappresentanti di enti, fondazioni e associazioni, docenti universitari che, con diverse modalità e in tempi diversi, si sono occupati di politiche culturali


Un gruppo di ricercatori, operatori culturali, rappresentanti di enti, fondazioni e associazioni, docenti universitari che, con diverse modalità e in tempi diversi, si sono occupati di politiche culturali, hanno sentito la necessità di aprire un forum pubblico, attraverso il Giornale delle Fondazioni che ringraziamo, per confrontare analisi, valutazioni e proposte su alcune delle questioni che sembrano caratterizzare questa fase delle politiche pubbliche in ambito culturale. Andando, se è possibile, oltre le questioni contingenti, le singole misure adottate, per cercare di capire quali possono essere contenuti e processi su cui lavorare per conseguire risultati che reggano nel medio lungo periodo. Le questioni contingenti saranno valutate nella misura in cui aiutano a capire i principi da cui muovono, gli orientamenti che sottintendono, il senso di marcia; in fondo le idee, i valori, il profilo che vanno appunto assumendo le politiche pubbliche, senza trascurare una particolare attenzione su quando si muove nella società civile, nel mondo delle imprese, nell’economia, così come nel terzo settore.
Ci siamo posti una serie di interrogativi riferiti ad alcuni dei temi che ci sono parsi particolarmente rilevanti e l’abbiamo fatto domandandoci ogni volta quanta innovazione è rintracciabile nelle soluzioni adottate e quanto invece c’è di continuismo, pura conservazione. Le politiche culturali sono, in qualche modo, specchio di una idea di società, di un modello di relazioni fra istituzioni e molto altro. La Cultura, in fondo, si è sempre dibattuta fra innovazione o rendita. Intorno a questo dilemma proveremo a costruire il nostro confronto per trovare, se sarà possibile, un punto di osservazione comune ed un orientamento su alcune questioni che ci sembrano di qualche rilievo e che abbiamo declinato per punti:

  1. Le riforme ministeriali. L’autonomia dei musei, i poli museali regionali, le Soprintendenze uniche, sono innovazione? Se sì, a quali condizioni? Si è scelto di lavorare sugli istituti, ma le soluzioni adottate hanno lasciato ai margini biblioteche e archivi e rendono più difficile ricomporre alla scala territoriale i rapporti fra musei che fanno capo a Comuni e privati.
  2. Biblioteche e archivi. Ai margini della riforma. L’innovazione si esaurisce negli accorpamenti e in qualche risorsa in più rispetto al passato?
  3. Più risorse al Ministero, più investimenti pubblici. Una svolta importante che consentirà soprattutto di avviare nuovi cantieri di restauro. E’ innovazione o cura della rendita? E’ innovazione l’iniziativa nota come bellezze@governo.it? Quale idea delle relazioni fra cittadini, comunità e istituzioni sottintende?
  4. Le istituzioni culturali, lo spettacolo dal vivo. Dove, come generano innovazione? Quanto sono ancora espressioni di una rendita?
  5. Rapporti pubblico/privato: un tema mai svolto fino in fondo. Si sostiene che il Paese non è ancora pronto per un vero cambio di passo. E’ così? La partecipazione dei privati, profit e no profit alla gestione del patrimonio culturale è una strada abbandonata? Una innovazione diventata obsoleta? Art bonus è una innovazione. L’affidamento al terzo settore di alcuni beni minori, così come è stato concepito, è innovazione? Il rilancio di Ales ed il ritardo nelle gare per l’affidamento dei servizi nei musei come si possono giudicare?
  6. Rapporti centro/periferia, Stato/Comuni. E’ innovazione un processo di ricentralizzazione sostanziale? E’ innovazione o conservazione, ridimensionare il policentrismo italiano a vantaggio di una sistema che privilegia solo poche grandi aree urbane? Che ne è della sussidiarietà? Come si può riscrivere il rapporto centro-periferia o il paradigma della concertazione fra Stato, Regioni e Comuni? C’è il rischio di un progressivo depotenziamento della rappresentanza dei territori?
  7. Le “competizioni” fra città, sistemi territoriali, sono utili strumenti per generare progetti strategici e cittadinanza attiva. Ma il proliferare disordinato di strumenti e risorse (vedi il moltiplicarsi di leggi e risorse per le città senza un disegno ispiratore) incoraggia la partecipazione consapevole, premia i “buoni” progetti o alimenta la rincorsa ai finanziamenti, a prescindere? E’ possibile riscrivere un’agenda urbana? Dove e come si può definire l’innovazione in questi ambiti?
  8. Innovazione è connettere il patrimonio culturale con la filiera dell’economia della conoscenza? Rendita è separare, conservare, tutelare e basta? E’ innovazione allargare l’offerta culturale alle nuove espressioni dell’arte, aprire alle periferie urbane, dare funzioni al patrimonio nell’ambito della rigenerazione urbana dei centri storici? Coniugare innovazione sociale e innovazione culturale è possibile? Il “Piano periferie” del Mibact (3 milioni di euro fermi da due anni) è innovazione?
  9. Il metro, il parametro di riferimento a cui ricondurre le politiche culturali sono le città, i territori? La dimensione urbana, territoriale è il bacino dell’innovazione? In altri termini le città sono luoghi di innovazione o di rendita? A quali condizioni?
  10. Il paesaggio è il terreno della conservazione o dell’innovazione, della trasformazione? E’ un tema da svolgere in un sistema interistituzionale? E’ l’elemento che riunisce i valori delle aree urbane con quelli delle aree rurali? Come, a quali condizioni? Qual è il ruolo che possono svolgere le comunità, le associazioni, i cittadini?

La sfida rimane come connettere l’Italia al mondo, la tradizione alla contemporaneità, la nazione alle dimensioni locali. Qualcuno ha scritto che queste sono chiacchiere se non si traducono in strategie di medio lungo periodo. Il presentismo non ci porta oltre un post o un hashtag. Se saremo capaci di generare buone idee, obiettivi credibili, partecipazione consapevole, nel mese di novembre possiamo provare a ritrovarci per una riflessione più larga, fuori dalle contrapposizioni che non generano innovazione, riducono lo spazio del confronto dialettico, allontanano la prospettiva di costruire una politica culturale moderna.

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