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Paesaggio, si costruisce troppo e manca la legge sul suolo

  • Pubblicato il: 15/11/2017 - 10:01
Autore/i: 
Rubrica: 
PAESAGGI
Articolo a cura di: 
Stefano Miliani

A Roma gli Stati Generali del Paesaggio propongono un’agenda alla politica che salvi il territorio e la tutela senza dimenticare i cittadini. Settis: «Scandaloso che la legge sul suolo attenda da anni». Pubblicato un rapporto ricco di dati
 

 
Roma. Nell’area napoletana sorgono 241,7 edifici per chilometro quadrato. Anche piantarci un albero sarebbe complicato. È l’apice della concentrazione edilizia nella penisola, non un episodio isolato. Dopo il picco di otto metri quadrati di suolo consumati ogni secondo nel 2000 siamo scesi a sette, a sei, fino a tre nei primi tre mesi del 2106. Va meglio, ma non bene. Nel solo 2016 è stato edificato il 7,6% del territorio nazionale. Non è una stima. Lo attesta il Rapporto sullo stato delle politiche del paesaggio reso pubblico agli Stati Generali del Paesaggio organizzati nel cortile dello spettacolare Museo di Palazzo Altemps a Roma dal Ministero dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo e caparbiamente voluti dal sottosegretario Ilaria Borletti Buitoni per imprimere una svolta alla salvaguardia del paesaggio ampliando l’orizzonte.
L’obiettivo che traspare è chiaro: trovare una nuova via a un tema troppo spesso rimasto incagliato nel presunto (molto presunto) conflitto tra sviluppo economico e tutela del patrimonio culturale, quindi anche paesaggistico,  nel cosiddetto Bel Paese che forse così tanto bello non lo è, certo non dappertutto.
In allegato a questo articolo potete trovare il link al rapporto pubblicato online dal Mibact che riporta tra l’altro una gran messe di dati raccolti dall’Istat e dall’Ispra, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale.
 
Settis: scandaloso che la legge sul suolo aspetti da anni
Al convegno, iniziato il 25 ottobre e in calendario fino alla mattina del 26, riscuote consensi a scena aperta Salvatore Settis, accademico dei Lincei. Già direttore della Normale di Pisa, saggista e studioso che tutti conoscete, a «Il Giornale dell’Arte» rilascia parole indirizzate alla latitanza della politica: «Il problema del consumo del suolo è sempre più grande. Trovo scandaloso che la legge sul consumo del suolo ancora aspetti mentre si chiede la fiducia sulla legge elettorale. La propose il ministro alle politiche agricole Mario Catania durante il governo Monti (novembre 2011-aprile 2013, Ndr). Manca la volontà politica. È in Senato dall’inizio della legislatura». E alla domanda sul perché una legge simile sia urgente e non debba restare impantanata nelle retrovie parlamentari l’archeologo e storico dell’arte risponde: «È essenziale perché siamo un Paese che ha gli indici di stagnazione demografica più alti, la popolazione non aumenta, c’è una quantità enorme di edifici sottoutilizzati, o non utilizzati affatto, oppure che vengono costruiti senza essere venduti. Ma i piani urbanistici dei Comuni truccano i dati di crescita dei loro territori per consentire una vasta edificazione e quindi il processo speculativo». E all’affollato auditorio chiude dieci tesi poste in forma di domande con un interrogativo: «Qualche volta gli “Stati generali” sono venuti alla vigilia della rivoluzione. C’è bisogno di una rivoluzione per la tutela del paesaggio?» Forse sì, forse serve una rivoluzione culturale e un cambiamento strutturale e di pensiero. A ogni livello, visto che qualcuno, in una Sicilia magnifica e martoriata da un’edilizia impropria, arriva addirittura a teorizzare «l’abusivismo di necessità». Mentre il rapporto a pagina 73 fornisce un dato che sconforta o fa infuriare: «L’indice di urbanizzazione delle aree sottoposte a vincolo paesaggistico rileva, nelle aree costiere, montane e vulcaniche individuate dalla legge Galasso del 1985, una densità media di 29,8 edifici per kmq contro i 22,9 del 1981 (prima dell’applicazione del vincolo». Fatta la legge gabbato lo santo? Anche, ma questo dato sembra suggerire che una cultura del vincolo che si limita a vincolare incide fino a un certo punto. «Non si tutela solo con i vincoli, si fa tutela lavorando con le comunità, con una progettualità sociale perché se la popolazione non è coinvolta non si va lontano», osserva il presidente del Consiglio Superiore dei Beni culturali e archeologo Giuliano Volpe.
 
 
Borletti Buitoni: proponiamo un’agenda per la politica
«Queste giornate servono per elaborare la Carta nazionale del paesaggio basandosi su tutti i punti raccolti dalle varie sessioni per un’agenda che metta il paesaggio al centro dello sviluppo del Paese e possa servire a chi avrà la responsabilità politica del Paese. Si lavorerà sulle proposte emerse e l’Osservatorio Nazionale per la Qualità del Paesaggio produrrà la Carta», commenta alla nostra testata Ilaria Borletti Buitoni, già presidente del Fai-Fondo Ambiente Italiano che si spende da anni su questo fronte. Non vede tutto rosa ma vede spiragli. «Il nostro paesaggio è in “emergenza rossa”. ricorda al pubblico. Ha continuato a subire attacchi però è cambiata la concezione di paesaggio: dai comportamenti e alle richieste legittime dei cittadini, non è più considerato un vuoto da riempire o un concetto estetico, è il contesto in cui vivono i cittadini. I quali hanno diritto a chiedere che venga tutelato, gestito, valorizzato. Le ricadute di una politica virtuosa sono enormi per lo sviluppo sostenibile, la legalità il senso di coesione e i beni culturali. E queste “Giornate” vogliono proporre un’agenda per un grande progetto in cui ambiente, paesaggio e territorio siano uniti superando divisioni gravi che sono forse la causa del degrado».
 
 
Mibact in affanno a corto di tecnici
Il dicastero che deve tutelare il nostro territorio conta 248 tecnici i quali devono rispondere a 130mila richieste di autorizzazioni per cui ogni funzionario dovrebbe rispondere a 457 richieste all’anno che vanno dall’ampliamento del giardino all’autostrada. Come vedete, da un lato è un compito improponibile, dall’altro tutto finisce nel medesimo calderone. E il 20% di quelle richieste rimane inevaso generando malumori.
 
Piani paesaggistici: Regioni, dove siete?
Dal palco nel cortile del palazzo rinascimentale cinquecentesco sale una domanda: Regioni, dove siete? Sempre il sottosegretario ricorda come abbiano firmato e copianificato i piani paesaggistici insieme al dicastero, come prescrive il Codice dei Beni Culturali, solo poche amministrazioni regionali: la Puglia, la Toscana, il Piemonte, più di recente il Friuli Venezia Giulia.  «Lazio e Umbria sono in fase avanzata, Lombardia e Liguria hanno fatto accordi per riprendere il piano paesaggistico», informa Ilaria Borletti Buitoni. Restano pochissime Regioni ad aver adottato uno strumento che può regolare e dare indirizzi forti. E l’appello non include la Sicilia, che con le sue bellezze sui beni culturali fa praticamente Stato a sé.
 
 
Il segnale degli inviti
Vale infine scorrere la lista degli invitati a queste giornate. Chiamare Settis era semplicemente doveroso, dato il suo impegno in prima fila da anni e anni. Ma sul palco di Palazzo Altemps passa anche Fausto Martino, soprintendente a Cagliari e nella Sardegna meridionale impegnato in una battaglia in difesa delle coste sarde e del piano regionale del 2006 nei confronti dell’attuale Giunta che vorrebbe modificare i criteri urbanistici per le zone costiere (cfr. «Il Giornale dell’Arte» n. 379, ott. ’17, p. 5). Sul palco sale Anna Marson, dell’università Iuav di Venezia, che ha contribuito al Rapporto e soprattutto ha coordinato e difeso strenuamente da attacchi anche virulenti l’integrità del piano paesaggistico toscano. Sono segnali. Sono giustamente invitati i presidenti di Legambiente, Italia Nostra, Fai e Wwf. Diplomazia? Può starci, può essere. Comunque la loro presenza significa anche riconoscere che se molti hanno cambiato idea sul paesaggio, come bene di tutti, sociale, prezioso, dobbiamo molto alle lotte spesso impari ingaggiate dalle associazioni ambientaliste. Anche se il Rapporto obbliga a tenere alto lo stato di allarme: basti dire, da pagina 55, che le aree dove nuove costruzioni hanno più eroso il suolo in misura preoccupante «risultano le pianure del Settentrione, dell’asse toscano tra Firenze e Pisa, del Lazio, della Campania, del Salento, le principali aree metropolitane e le fasce costiere».


 
 
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Risorse in rete:
 
Rapporto sullo stato delle politiche per il paesaggio
https://box.beniculturali.it/index.php/s/zWcOENcfGq6vX1f#pdfviewer
 
Gli Stati Generali del paesaggio
www.paesaggioitaliano.beniculturali.it
di Stefano Miliani, edizione online, 25 ottobre 2017
 
(dal Giornale dell’Arte, online, 25 ottobre 2017)