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Le «Mesopotamian Dramaturgies» di Ataman tornano a casa

  • Pubblicato il: 16/09/2011 - 09:17
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DAL MONDO
Articolo a cura di: 
Chiara Tinonin

«Mi piace muovere le immagini, un’imitazione della vita (...). Voglio dimostrare che la vita stessa è arte», con parole semplici Kutluğ Ataman, tra i più particolari e interessanti video artisti al mondo, racconta l’intenzione sottesa nelle sue opere: affermare che narrazione e finzione sono gli strumenti di cui l’uomo si serve per definire la propria identità. Classe 1961, Ataman ha vissuto quindici anni a Los Angeles dove, a contatto con l’industria cinematografica, ha sviluppato quell’interesse viscerale per il mezzo del video che l’ha portato a essere acclamato come uno dei maggiori esponenti viventi di video arte. La serie «Mesopotamian Dramaturgies» realizzata nel 2009 con il supporto della Fondazione Vehbi Koç, è forse uno dei progetti che più mette a segno la straordinaria capacità dell’artista di registrare scene di vita quotidiana esaltandone il carattere narrativo, cinematografico.
L’opera ha sostato in questi due anni al Lentos Art Museum di Linz (in occasione di «Linz Capitale Europea della Cultura» 2009) e al MAXXI di Roma (in occasione dell’inaugurazione del museo nel 2010, con un concorso di produzione di UniCredit per l’Arte) ma alla vigilia dell’inaugurazione della Biennale di Istanbul torna a casa, dove sarà esposta fino al 16 novembre 2011 allo spazio Arter.
Un ritorno con tutta probabilità voluto dallo sponsor del progetto, la Fondazione Vehbi Koç, l’ente filantropico del Gruppo Koç (tra i più importanti in Turchia e tra le 50 holding più grandi d’Europa nel settore delle utilities, dell’auto e della finanza) che dal 1969 supporta le istituzioni culturali e progetti artistici in tutto il Paese.

«Il video è girato nell’Anatolia orientale, una zona particolarmente arretrata al confine con Iran e Iraq, dove l’etnia curda è maggioritaria essendo vicina all’antica Mesopotamia (…) è un luogo particolarmente significativo di quelle tensioni e possibilità che oggi la storia del medio oriente esprime» ci racconta Cristiana Perrella, curatrice della tappa romana di «Mesopotamian Dramaturgies» che, in ultima analisi è una riflessione sul processo di modernizzazione della Turchia, in quel crinale che divide – e unisce – Oriente e Occidente, modernità e tradizione, globalizzazione e localismo.

Nella tappa di Istanbul, la mostra mette in scena anche «Mayhem», l’ultima video installazione di Ataman co-prodotta con la Fondazione Vehbi Koç e un documentario di Metin Çavuş sul lavoro e la poetica sviluppata da Ataman negli ultimi quindici anni.

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