Italia Non Profit - Ti guida nel Terzo Settore

La Fondazione Pier Luigi e Natalina Remotti, un caso d'eccellenza di collaborazione tra pubblico e privato in dialogo col territorio

  • Pubblicato il: 11/11/2011 - 09:16
Autore/i: 
Rubrica: 
FONDAZIONI CIVILI
Articolo a cura di: 
Elisa Del Prete
Not for you

Camogli. Quella della Fondazione Remotti è una programmazione a quattro mani, due pubbliche e due private. Lo conferma Francesca Pasini, direttrice artistica, che sostiene l'importanza dei «reciproci coinvolgimenti» tra pubblico e privato. «La collaborazione è nata in maniera quasi scientifica» dice la direttrice: l'ingegnere Remotti, occupandosi della ristrutturazione del Convento delle Gianelline, ha infatti proposto al Comune di adempiere agli oneri di urbanizzazione corrispondenti alla restrutturazione attraverso la fondazione di un centro d'arte contemporanea mettendo a disposizione di tale fondazione la sua stessa collezione. «É un caso fortunato, forse possibile anche grazie alla dimensione ridotta di una città come Camogli, però dovrebbe essere un processo normale nei casi di grandi imprese edilizie. Qui ha funzionato perchè un privato ha avuto la volontà di fare questo tipo di proposta e il Comune la predisposizione ad accoglierla» (Pasini). Un doppio merito dunque che rende possibile oggi, ormai da tre anni, l'attività di un centro d'arte che, a Camogli, conta più di 3mila visitatori l'anno.
Il programma è spartito tra attività proposte dall'assessorato alla cultura del Comune (30%) e attività proposte dalla Fondazione (70%), di cui è presidente Natalina Remotti, ma gli intenti non sono diversi e sono rivolti a valorizzare l'identità di quel luogo e di quel territorio.
Fin dall'inizio Francesca Pasini sceglie, assieme alla famiglia Remotti, di caratterizzare gli spazi dell'ex convento affidando ad artisti internazionali opere che valorizzino le parti classiche della struttura della chiesa: così la parete dell’altare è affidata ad Alberto Garutti; la balconata interna e il sagrato al Gruppo A12; la facciata a Miche­langelo Pistoletto; le capriate a Tobias Rehberger e il pavimento del piano terreno a Gilberto Zorio.

Ed è grazie a queste opere, alcune strutturali, altre estetiche, che gli spazi della fondazione diventano una meta sempre interessante per il visitatore di passaggio come per i cittadini stessi, un luogo da visitare, dove spendere il proprio tempo, mai vuoto, bensì in grado di essere percepito come identità e patrimonio del territorio. Sull'identità locale punta anche parte della programmazione stessa, con progetti quali il «Premio Skiaffino», omaggio all'autore e disegnatore satirico di Camogli Gualtiero Schiaffino, o l'invito a Gianni Berengo Gardin per un lavoro fotografico interamente dedicato alla città, poi esposto in mostra accanto ad altri suoi capolavori.
Mentre una ricchezza esclusiva è costituita dalla collezione trentennale della famiglia Remotti da cui ha origine la fondazione stessa e che viene esposta al pubblico tramite mostre che mettono in dialogo le opere che la compongono tra di loro o rispetto a un tema da discutere. «Come per tutte le grandi collezioni non c'è un ordine, bensì l'intuizione e la capacità di previsione – risponde Francesca Pasini interpellata sulla collezione - specialmente in questo caso, credo ci sia un'attitudine molto forte, una prontezza nell'individuare opere prima che diventino riconosciute. Ci sono acquisti di opere di artisti nazionali e internazionali fortemente in anticipo, ma accanto a questo permane l'eclettismo del collezionista».
Da un gruppo di opere della collezione nasce la mostra collettiva «Donne donne donne», che inaugura il prossimo 26 novembre e rimane aperta fino al 18 marzo 2012: «mi interessava documentare in modo radicale un dato di realtà - commenta ancora la Pasini – ovvero come le donne artiste, a un certo punto, all'inizio degli anni Novanta, diventano un nucleo importante all'interno di una collezione privata nata negli anni Settanta, tanto da permettermi di fare una mostra su di loro...questo è il mio concetto, questa è l'idea della mostra».
L'inaugurazione, nell'ottica di un atteggiamento aperto alla contaminazione dei linguaggi che caratterizza, anch'esso, la Fondazione, è preceduta, alle 18.30, dalla prima nazionale dello spettacolo «Le serve» di Jean Genet, diretto dalla giovane regista genovese Emanuela Rolla (con Emanuela Rolla, Margherita Remotti, Gabriella Fossati, produzione Performer-Espressione Applicata.). Al termine dello spettacolo la mostra si apre con l'opera «Not for you»di Monica Bonvicini (acquisita nel 2006 e mai presentata in questa forma), una scritta di mole scenografica che, accesa da un centinaio di lampadine, introduce alle altre opere creando un dialogo a tutto tondo tra teatro e arte. «Grazie al semplice gesto di accendere le luci, quest'opera mi permette di creare una connessione. “Not for you” è un messaggio che ha a che fare col riconoscimento del ruolo delle donne nel mondo della cultura ma allo stesso tempo rimanda anche a una questione più profonda che riguarda ognuno di noi, il sentirsi partecipi e accolti, oppure respinti rispetto a qualcosa che, appunto, capisci, “non è per te”». (Pasini)
In mostra anche opere di Marzia Migliora, Paola Pivi, Sylvie Fleury, Katharina Fritsch, Florence Henri, Candida Höfer, Hannah Starkey, Laurie Simmons, Christine Erhard, Janieta Eyre, Chantal Joffe, Dacia Manto, Tracey Emin, Annette Messager, Anna Gaskell, Raffaella Nappo, Paola Mattioli, Ann Lislegaard, Moira Ricci, Silvia Levenson, Liliana Porter, Traslochi Emotivi.

© Riproduzione riservata