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Il ruolo sociale e culturale delle fondazioni

  • Pubblicato il: 15/02/2018 - 08:06
Rubrica: 
FONDAZIONI D'IMPRESA
Articolo a cura di: 
Vittoria Azzarita

A conclusione delle attività organizzate per il suo trentennale, la Fondazione Benetton ha promosso un incontro dedicato all'esplorazione del ruolo sociale e culturale delle fondazioni. Ospitata a Roma presso la prestigiosa sede del Senato della Repubblica, l'iniziativa – che si è svolta mercoledì 24 gennaio - ha visto la partecipazione di numerose fondazioni attive sul territorio nazionale negli ambiti della promozione culturale, della ricerca, del welfare e della conservazione della memoria. Attraverso la presentazione delle proprie attività, le istituzioni che hanno preso parte all'evento hanno offerto una testimonianza tangibile della rilevanza del loro lavoro e del loro contributo a favore dell'inclusione sociale e della partecipazione culturale.


Roma. Mercoledì 24 gennaio 2018, presso la Sala Koch di Palazzo Madama, si è tenuto l'incontro “La cultura e il ruolo sociale delle Fondazioni. Promozione culturale, ricerca, memoria, welfare”, promosso dalla Fondazione Benetton a conclusione delle attività organizzate per il suo trentennale. Suddivisa in quattro aree tematiche - dedicate rispettivamente alla promozione culturale, alla ricerca, alla conservazione della memoria e alle pratiche di welfare – l'iniziativa ha visto la partecipazione di alcune tra le più importanti fondazioni italiane che, attraverso la loro testimonianza, hanno messo in evidenza il lavoro che le numerose istituzioni private svolgono quotidianamente sul territorio nazionale a favore del benessere collettivo, sostenendo idee e progetti innovativi.
 
L'incontro è stato moderato dal Professor Giuliano Volpe, presidente del Consiglio superiore dei Beni culturali del MiBACT, che nel suo intervento introduttivo ha sottolineato “la convergenza dell'azione che le fondazioni svolgono in ambito culturale con lo spirito delle riforme in atto, che tentano di superare alcune contrapposizioni che per tanto tempo hanno bloccato il mondo dei beni culturali, come ad esempio la contrapposizione - del tutto inesistente - tra tutela e valorizzazione. Il grande lavoro che le fondazioni svolgono ha continuato Volpe - è quello di consentire a tutti di dare valore al patrimonio culturale delle comunità” secondo quanto sostenuto dalla Convenzione di Faro, che come noto l'Italia non ha ancora ratificato.
 
Ad Antonio Calabrò, direttore della Fondazione Pirelli, è stata affidata l'apertura della sezione sulla promozione culturale. Calabrò ha ricordato che l'affermazione “impresa è cultura” continua ad essere “un'affermazione contrastata nel discorso pubblico del nostro Paese, in cui c'è non soltanto una sottovalutazione del peso economico del patrimonio culturale ma anche una sottovalutazione del ruolo dell'impresa come soggetto che produce cultura”, se per cultura si intende anche la produzione di relazioni sociali. Per Calabrò una fondazione d'impresa, come la Fondazione Pirelli, è “un luogo in cui si tengono insieme la memoria, la storia e l'innovazione con la consapevolezza che l'innovazione prima di diventare memoria era un processo in corso di cambiamento. Le fondazioni d'impresa sono pertanto un luogo in cui la memoria – che è storia – è alimento per costruire pezzi di attualità”. Calabrò, nel precisare che il termine innovazione non è necessariamente sinonimo di tecnologia, ha messo in evidenza che sebbene l'innovazione sia molto spesso caratterizzata da una forte componente tecnologica, “è soprattutto uno sguardo, un punto di vista, una modifica degli assetti”. Pertanto le fondazioni si possono pensare come un ambiente in cui poter articolare, in maniera diversa rispetto ad altri contesti, “un discorso pubblico che tiene insieme l'economia e le relazioni sociali sottostanti al processo economico, la ricerca scientifica, la promozione del merito, l'idea che il mercato sia un luogo in cui stanno insieme le libertà e i diritti”. Nelle parole di Calabròle fondazioni fanno bene il loro mestiere se, passando attraverso i processi culturali, sono luoghi in cui il dibattito sull'economia e sulle relazioni sociali diventa un pezzo del dibattito sulla democrazia”.
 
Oltre alla Fondazione Pirelli, sono state invitate a presentare le proprie attività all'interno della sezione sulla promozione culturale la Fondazione IBM Italia, la Fondazione Arturo Toscanini e la Fondazione Golinelli che diventerà entro la fine del 2018 un unico ecosistema di 15mila metriquadri, aperto e dialogante con il territorio, che ospiterà una filiera integrata di azioni e progetti di educazione, formazione, ricerca, trasferimento tecnologico, incubazione, accelerazione e supporto finanziario di nuove realtà imprenditoriali. Antonio Danieli, direttore generale della Fondazione Golinelli – prestigiosa realtà che si fonda sulla centralità dell'agire filantropico privato - ha sottolineato che “l'enorme responsabilità che tutte le fondazioni italiane devono avvertire sulle loro spalle come centrale del proprio agire, è quella di sedersi al tavolo delle istituzioni facendosi riconoscere come interlocutori essenziali per la crescita dell'intero sistema, concordando con esse sinergie e lavorando a stretto contatto per il futuro comune delle prossime generazioni”. In tal senso, Danieli ha ricordato come negli ultimi anni le fondazioni italiane siano diventate dei soggetti qualificati e “finalmente - grazie soprattutto alla spinta propulsiva dell'Associazione Assifero - si sia raggiunto il riconoscimento degli enti filantropici da parte del governo e delle istituzioni”, ravvisando il loro ruolo strategico sul terreno dell'innovazione, della cultura e della ricerca e “inaugurando una prospettiva dialettica tra pubblico e privato, che non contempli solo la visione del privato come stampella del pubblico ma lo valorizzi nelle sue competenze”. Secondo Danieli, se le fondazioni vogliono ottenere un maggiore riconoscimento da parte delle comunità e delle istituzioni devono imparare ad essere più consapevoli del proprio operato e delle proprie potenzialità, della propria responsabilità, del valore sociale prodotto e del contributo che sono in grado di offrire al sistema Paese, superando la tentazione di una appagante autoreferenzialità per interpretare un disegno più vasto che ne giustifichi e ne nobiliti l'esistenza.
 
La sezione “Ricerca” ha esplorato il lavoro svolto dalla Fondazione Fitzcarraldo, dalla Fondazione Giuseppe Whitaker, dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile e dalla Fondazione Edmud Mach nei campi della cultura, della tutela dell'ambiente e del paesaggio, della green-economy e dell'agricoltura. La Fondazione Adriano Olivetti, la Fondazione MAXXI e la Fondazione Corriere della Sera si sono confrontate nella sezione dedicata alla conservazione della memoria, mentre la parte sul welfare è stata approfondita attraverso le testimonianze della Fondazione Fico, della Fondazione Rione Sanità e della Fondazione Con il Sud. In particolare Carlo Borgomeo, presidente della Fondazione Con il Sud, ha richiamato l'attenzione dei presenti su quattro sfide, per lui centrali, su cui le fondazioni e il mondo universitario dovrebbero riflettere già nell'immediato. Il primo punto da lui citato pone “la cultura come un poderoso strumento di inclusione sociale e il sociale come uno strumento che moltiplica le capacità di valorizzazione dei beni culturali”. Un fattore questo che invita a puntare maggiormente sui progetti capaci sia di coniugare la cultura con il sociale sia di stimolare il potenziale generativo delle comunità. Il secondo elemento di riflessione è che la crescita economica da sola non è sufficiente a trainare e a determinare le condizioni affinché il welfare possa funzionare, in quanto se non ci sono minimi livelli di dimensione comunitaria e di coesione sociale la crescita non produce benefici. Il terzo aspetto menzionato da Borgomeo è che “si può innovare anche nella gestione finanziaria delle risorse”. In questo senso, le fondazioni e gli enti del Terzo settore stanno di fatto sperimentando un nuovo modello di welfare che è pubblico nei suoi fini e privatistico nella gestione delle risorse, consentendo allo Stato di non fare un passo indietro nell'attuazione delle politiche di welfare e ai soggetti privati di svolgere un ruolo attivo e complementare. Infine “il fenomeno della povertà educativa non può gravare esclusivamente sulla scuola”, ma in virtù delle sue mille sfaccettature dovrebbe essere affrontato tramite l'azione congiunta di quella che Borgomeo ha definito la “comunità educante”.
 
L'incontro si è concluso con un breve intervento di Marco Tamaro, direttore della Fondazione Benetton, che ha messo in luce come “il ruolo di mediazione culturale svolto dalle fondazioni sia un mestiere vero e proprio”. La rete delle fondazioni, così disseminata e pervasiva a livello nazionale, grazie alla sua capacità di interfacciarsi con il pubblico e il privato nell'interesse dei cittadini, svolge un ruolo fondamentale nell'attuale contesto storico, in cui il welfare è un elemento non residuale ma centrale per la costruzione delle comunità, soprattutto in ambiti territoriali particolarmente fragili e difficili.Dobbiamo superare la distinzione tra pubblico e privato a favore della costruzione di comunità capaci di essere resilienti, puntando sul rapporto con il territorio, il paesaggio e la bellezza. Quello che ci portiamo a casa oggi – ha detto Tamaro - è la consapevolezza che questa miriade di entità, dalle più grandi alle più piccole, svolge una funzione che è un elemento essenziale della strutturazione della nostra società ed è accomunata dalla volontà di lavorare per il bene comune”.
 
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