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Gli spazi del possibile

  • Pubblicato il: 15/11/2016 - 02:40
Rubrica: 
SPECIALI
Articolo a cura di: 
Claudio Calvaresi

SPECIALE AREE INTERNE. ​L’intervista di Stefania Crobe a Filippo Tantillo ci restituisce una rappresentazione della Strategia Nazionale per le Aree Interne di grande interesse. Io ho trattenuto tre questioni, tra le molte che l’intervista tocca, riferite alla natura dei problemi di policy che investono le aree interne, al ruolo assegnato al Comitato nazionale, all’immaginario evocato dalle aree interne. Su di esse proverò a dire la mia, dialogando a distanza con Filippo.

 

  1. Secondo la Strategia, le aree interne sono quelle che mostrano difficoltà di accesso ai diritti di cittadinanza, declinati in termini di accesso ai servizi di mobilità, sanitari e scolastici. Direi, più radicalmente, che la condizione di area interna è determinata dal fallimento delle politiche pubbliche, nel senso che è stata prodotta da decisioni errate in merito a disegno, localizzazione, forme di erogazione, modello di gestione dei servizi. Errate perché, su questi aspetti, sono stati replicati approcci standard, secondo quella che Antonio Tosi ha definito efficacemente come “teoria amministrativa dei bisogni”. Mentre, per la natura anomala dei problemi delle aree interne, occorreva sviluppare sperimentazione e innovazione, le politiche hanno preferito ripercorrere sentieri già battuti. Gli investimenti pubblici, incanalati lungo schemi consueti, sono stati preda degli estrattori di rendita, alimentando così “le classi dirigenti composte da professionisti del sottosviluppo”.
     
  2. Ne consegue – è Tantillo a scriverlo – che il Comitato nazionale deve provare “a scardinare le posizioni di rendita e promuovere il nuovo”. In questo spirito avanguardista, risiede la sfida più importante della Strategia e ciò che, ai miei occhi, appare come l’elemento di maggiore interesse, perché configura un compito da pianificatore che sollecita giochi sofisticati, lavora alla modificazione dei pattern di interazione, mobilita attori, interviene nella distribuzione delle poste in gioco. Tuttavia, occorre tenere presente che rimangono fuori dalle possibilità del Comitato nazionale lo svolgimento di funzioni essenziali per garantire lo sviluppo della ownership del progetto e dunque il suo successo nel tempo: il lavoro di prossimità con gli attori locali svolto con continuità, l’attivazione di percorsi di capacitazione nei confronti degli innovatori, il superamento dei condizionamenti posti dai garanti delle policy community estrattive (rappresentate spesso dalle Regioni).
     
  3. A meno che non si immaginino le aree interne come il luogo di elezione dei “soggetti che si oppongono all’urbanizzazione planetaria, alla centralità dell’economia commerciale”, a loro rivolgendosi la Strategia. Questo è, dei molti argomenti interessanti posti dall’intervista, quello che meno mi persuade. Mi pare infatti che, identificando i soggetti del cambiamento in quelli che si oppongono all’ordine globale (ma saremo poi davvero di fronte ad un nuovo ordine, o non piuttosto nel mezzo di un cospicuo guazzabuglio mondiale?), semplifichi una ricerca dell’innovazione che è sempre contingente; che identifichi le aree interne come il nuovo spazio di nuove soggettività liberate (da quanto tempo ne stiamo cercando uno?); che finisca per riecheggiare un’idea accomodante di fuga extraurbana, tutto sommato arcadica. Le aree interne hanno certo dato rifugio a lotte di resistenza. Sono dunque anche ospitali, per chi cerca riparo da persecuzioni, lotta per la libertà e vuole riorganizzarsi attorno a più nette scelte morali o a scelte di vita pre-moderne. Tuttavia, così come le aree interne sono esito di politiche, anche gli attori che possono farsi carico del trattamento dei loro problemi, si formano grazie alle politiche, non preesistono ad esse.

Bibliografia:
Aa. Vv. (2015), “Una strategia nazionale per le aree interne dell’Italia: assicurare diritti di cittadinanza, promuovere sviluppo locale”, Territorio, n. 74 (https://goo.gl/Stezyt)
Arminio F. (2013), Geografia commossa dell’Italia interna, Bruno Mondadori, Milano
Calvaresi C. (2016), “Innovazioni dal basso e imprese di comunità: i segnali di futuro delle aree interne”, AgriRegioniEuropa, n. 45 (http://bit.ly/2cjlN5v)
Carrosio G. (2016), “Aree interne e trasformazione sociale”, Che Fare (https://goo.gl/uhIzQn)

http://www.agenziacoesione.gov.it/it/arint/
http://www.fondazionecariplo.it/it/progetti/intersettoriali/programma-attiv-aree.html

© Riproduzione riservata

Claudio Calvaresi, dottore di ricerca in Urbanistica, è senior consultant di Avanzi-sostenibilità per Azioni e docente a contratto di Urban Conflicts Analysis presso il Politecnico di Milano. È stato direttore del Laboratorio di quartiere di Ponte Lambro a Milano e responsabile dell’area Politiche Urbane dell’IRS. Lavora per il programma europeo Urbact come external assessor.
Si occupa di sviluppo sostenibile e innovazione sociale. Svolge attività di ricerca, consulenza e accompagnamento per politiche e progetti di rigenerazione urbana in quartieri difficili e di sviluppo territoriale in aree interne. 

ph| Elena Buscaglia

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