Città della cultura, può bastare così!
Per le autorità della regione spagnola, la misura è colma. Solo 4 dei 6 edifici sono stati terminati mentre il costo dell'opera si è triplicato (dai 108 milioni iniziali - il Guggenheim di Bilbao ne era costati 126 - ai 300 spesi finora). A questi bisognerà aggiungere gli indennizzi alle imprese sotto contratto e le spese di manutenzione (circa 4,5 milioni all’anno). Il Museo della storia di Galizia e la Casa Mondo, la Biblioteca ed emeroteca, lo Scenario obradoiro e l’edificio dei servizi centrali sono attualmente in funzione ma restano incompiuti il Centro d’arte internazionale e il Centro della musica e delle Arti Sceniche. La loro forma simbolica, matrice del noto progetto affascinante sulla carta e nei plastici, nasce da un gioco concettuale di simboli e metafore tra loro in contraddizione: una topografia artificiale di 60.000 mq, l’equivalente del centro storico di Santiago, situata nel monte Gaiás e ispirata alla conchiglia simbolo della città, a cui si sovrappongono la trama dei percorsi di pellegrinaggio e il rigore classico della maglia ortogonale. Demolita la collina esistente se ne costruisce una nuova, svincolata dalla città, a cui si accede solo con mezzi motorizzati e il cui grande protagonista è il parcheggio, pensato per ospitare mille veicoli privati tutti in superficie. Le coperture degli edifici, che nel plastico di legno che vinse il concorso nel 1998 apparivano in una dimensione paesaggistica ispirata alla piega deleuziana, rimandano oggi, con le diverse trame sovrapposte, ai binari delle montagne russe di un gigantesco Luna Park. La visita non lascia indifferenti, genera euforia per la scala disumana, sdegno per lo spreco di risorse e per l’indifferenza politica ai problemi quotidiani di una città con cui non esiste relazione alcuna. La Città della cultura contraddice l’idea stessa di cultura, intesa come relazione e incontro. In una conferenza pronunciata a Madrid nel 2008 Eisenman presentava il suo progetto come «the last style». Forse la consapevolezza di un punto finale nella sua carriera ma anche della fine di un’epoca di cui si pagano le conseguenze.
da Il Giornale dell'Architettura, edizione online, 28 marzo 2013