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Ars sana in corpore sano

  • Pubblicato il: 23/06/2014 - 23:11
Autore/i: 
Rubrica: 
FONDAZIONI E ARTE CONTEMPORANEA
Articolo a cura di: 
Stefania Crobe
Casa Delle Armi di Luigi Moretti

Roma. In una calda giornata di giugno dall’atmosfera e dal sapore metafisico, incontriamo sotto l’ombra della Casa delle Armi di Luigi Moretti – capolavoro dell’architettura razionalista degli anni ’30 – Bartolomeo Pietromarchi per parlare – in una conversazione molto trasversale – del suo ultimo  progetto espositivo ideato per il CONI (Comitato Olimpico Nazionale Italiano).
Nell’ambito delle celebrazioni del centenario, il CONI ricorre infatti all’arte per raccontare la sua storia e i suoi valori e invita il curatore romano a sviluppare tre grandi progetti diffusi nell’area del Foro Italico della Capitale: un’importante retrospettiva (fino al 27 luglio 2014) sull’artista Titina Maselli (Roma, 1924 – 2005), il progetto di arte urbana «ICONICA» (sino al 21 settembre 2014), un percorso volto a trasmettere i valori dello sport attraverso 100 immagini dei più importanti e promettenti artisti italiani e internazionali allestite su grandi pannelli sul Lungotevere, per circa un km, e infine l’installazione sonora 12h di Donato Dozzy che ha inaugurato e accompagnato per una settimana il Ponte della Musica Armando Trovajoli «musicalizzando» lo spazio urbano e dando vita ad un soundscape capace di innescare una nuova percezione delle architetture e del paesaggio, naturalistico e urbano.

«Sono stato chiamato per coordinare una serie di progetti legati all’arte, che sono solo una piccola parte degli eventi legati al centenario del CONI, per dare una prospettiva diversa rispetto ad altri più strettamente connessi allo sport.
In primis l’importante retrospettiva sull’artista Titina Maselli - Titina Maselli. Essere in movimento - presso la Casa delle Armi. E’ la prima grande antologica sul suo lavoro dopo la sua scomparsa, nel 2005, che raccogliere opere con soggetti sportivi – una scelta molto precisa dato il contesto – in cui emerge la sua coerenza stilistica e tematica nell’arco di tutta la sua vita.
In mostra sono presenti opere dalla fine degli anni ‘40 fino all’anno della sua scomparsa, che permettono di dare una lettura critica di questa straordinaria artista, ingiustamente poco valorizzata, forse anche per la sua figura solitaria, ibrida, che ha lavorato a cavallo tra arte, teatro e scenografia.

La mostra acquista ancor più valore all’interno di uno dei più grandi capolavori dell’architettura razionalista, la Casa delle Armi di Luigi Moretti, realizzata quando non c’era ancora la deriva ideologica del regime e gli architetti italiani dialogavano con il contesto internazionale. Per anni aula bunker nei processi alle mafie, alle brigate rosse e ora tornata nelle mani del CONI, la Casa delle Armi, in attesa di restauro, ma di nuovo agibile, rivela il suo fascino senza tempo ed è uno spazio straordinario per realizzare attività espositive..»

Rispetto al contesto si collega anche Iconica.
ICONICA è progetto di arte pubblica, curato insieme a Maria Alicata. Un percorso urbano con 100 immagini dei più importanti e promettenti artisti italiani e internazionali sul tema dell’arte e dello sport.  Le opere sono allestite su pannelli di grandi dimensioni (140x215 cm) e predisposte ciascuna su un palo dell’illuminazione stradale, lungo un km circa, nel tratto del Lungotevere che si snoda dal Ponte della Musica Armando Trovajoli fino a Ponte Milvio.
Un progetto che ha un grande impatto visivo, un «viale delle arti» che celebra l’arte dello sport da un punto di vista molto contemporaneo: non solo, dunque, la rappresentazione degli atleti o degli sport, ma approcci diversi – concettuali, ironici, figurativi, ma mai didascalici – a un medesimo tema.

Dal febbraio 2014 è il direttore della Fondazione Ratti, una fondazione d’impresa che, legandosi alle specificità della realtà da cui si genera, promuove l’arte contemporanea attraverso iniziative, ricerche e studi legati al campo del tessile
La Fondazione Ratti ha una genesi dall’impresa. Una delle realtà tessili più importanti del nord Italia.
Sebbene la fondazione non sia più strettamente legata all’azienda abbiamo avviato nuove relazioni con l’impresa attraverso workshop che coinvolgono le persone che vi lavorano, con i disegnatori e gli stampatori.
Abbiamo appena iniziato questo percorso e crediamo molto che occorra rimettere l’arte e gli artisti in quei contesti non ad essi solitamente deputati, come lo spazio urbano o in realtà produttive.

Quali sono gli obiettivi specifici che la fondazione si pone promuovendo l’ibridazione dei linguaggi artistici contemporanei con l’impresa? Quale il reciproco scambio?
Crediamo che l’artista abbia un valore sociale anche in termini competitivi per l’azienda. Se l’impresa si avvale di determinati artisti, con una particolare attitudine relazionale, facendoli dialogare con la realtà produttiva, si può immaginare che questo approccio possa risultare competitivo rispetto ad aziende che non lo fanno. L’arte e la creatività messe a sistema diventano un valore aggiunto.

Un’associazione – quella dell’ arte al mondo profit – che è ancora un tabù.
L’arte è profit per sua natura. Nel senso che tutto il sistema si basa su un mondo profit.
L’artista nell’impresa viene trattato come un professionista qualunque – architetti, designer, etc. –  ma ovviamente i processi dell’arte contemporanea sono molto più complessi, soprattutto se interessati a mantenere una responsabilità sociale.

Il rapporto tra arte e società è un tema di ricerca molto interessante. Noto però, soprattutto negli ultimi anni, un abuso del tema più che un rinnovato sentire. Le pratiche artistiche nello spazio urbano interessano un sempre maggiore numero di artisti, che coinvolgono le comunità in un processo artistico in cui la partecipazione dei cittadini diventa spesso retorica. Vista la sua lunga esperienza nell’ambito della realtà Olivettiana, pioniera nella ricerca interdisciplinare tra arte, architettura e città nonché attivatrice del programma Nouveaux Commanditaires[1] della Fondation de France in Italia,  cosa pensa di questo rapporto, nuovamente cercato e diffuso, tra arte e spazio pubblico?
Come sempre, esistono progetti buoni e progetti cattivi. Talvolta gli artisti abusano di certi termini, di pratiche che non sono nelle loro corde ma siccome si trovano a lavorare in determinati contesti le usano in modo superficiale e non approfondito. Ne ho visti tanti, ma è come vedere una brutta mostra.
Io credo però che interventi fatti in un certo modo abbiano vere e profonde ricadute nella società.

Un esempio è il progetto di Marcello Maloberti per Fondazione Zegna, a Trivero: «i baci più dolci del vino», che ha trasformato un’area urbana in un «giardino delle delizie» generando un nuovo immaginario collettivo, di conoscenza e cura del territorio.
Un processo lungo e una ricerca complessa co-progettata con gli abitanti e il risultato finale è stato accolto con entusiasmo. Questi sono valori che diventano parte dell’identità del luogo. Quando si arriva a tali risultati vuol dire che è stato seguito un giusto percorso.

Quando si lavora nello spazio pubblico molto delicato è anche il rapporto con la committenza. Quanto è necessario rispondere alle aspettative del committente e quanto negoziarle o addirittura contrastarle, affinché  l’arte abbia un potenziale di innovazione sociale?
Se è una committenza attenta sa che deve dare carta bianca, esprimere le proprie richieste in termini di valori ma non interferire con i contenuti, senza entrare nel merito della realizzazione dell’opera, che è proprio dell’artista.

TITINA MASELLI Essere in movimento
Fino  al 27 luglio 2014
Casa delle Armi. Roma, viale delle Olimpiadi, Parco del Foro Italico
Orari: martedì – domenica dalle 15.00 alle 20.00
Chiuso il lunedì
Ingresso libero
www.coni.it

ICONICA, arte urbana al Foro Italico
dal Ponte della Musica Armando Trovajoli a Ponte Milvio
Da Lungotevere Maresciallo Cadorna a Lungotevere Maresciallo Diaz, Roma
Fino al 21 settembre 2014
www.coni.it | www.iconicaforoitalico.it

Gli artisti invitati
Marina Abramović, Francesco Arena, Charles Avery, Olivo Barbieri, Marco Basta, Giulia Battaglia, Hilla Ben Ari, Elisabetta Benassi, Riccardo Beretta, Marco Bernardi, Carola Bonfili, Guglielmo Castelli, Maurizio Cattelan, Loris Cecchini, Sandro Chia, Benny Chirco, Nemanja Cvijanović, Davide DElia, Marco Delogu, Tomaso De Luca, Gabriele De Santis, Stanislao Di Giugno, Rä di Martino, Flavio Favelli, Ettore Favini, Giosetta Fioroni, Giuseppe Gallo, Kendell Geers, Daniele Genadry, Riccardo Giacconi, Ludovica Gioscia, Robert Gligorov, Lauren Godfrey, H.H. Lim, Fabrice Hyber, Mimmo Jodice, William Kentridge, Giovanni Kronenberg, Felice Levini, Claudia Losi, Emiliano Maggi, Marcello Maloberti, Miltos Manetas, Titina Maselli, Fabio Mauri, Marzia Migliora, Jacopo Miliani, Giuseppe Moccia, Santiago Morilla, Matteo Nasini, Caterina Nelli, Ugo Nespolo, Julian Opie, Ariel Orozco, Lucy + Jorge Orta, Tod Papageorge, Paolo Parisi, Nicola Pecoraro, Diego Perrone, Luana Perilli, Alessandro Piangiamore, Gabriele Picco, Federico Pietrella, Benedetto Pietromarchi, Giuseppe Pietroniro, Alfredo Pirri, Michelangelo Pistoletto, Gianni Politi, Ruth Proctor, Daniele Puppi, Imran Qureshi, Marco Raparelli, Annie Ratti, André Romão, Matteo Rubbi, Andrea Sala, Guendalina Salini, Andrea Salvino, Maurizio Savini, Anna Scalfi, David Schivo, Flavio Scollo, Marinella Senatore, Giuseppe Stampone, Paolo W. Tamburella, Pascale Marthine Tayou, Guy Tillim, Marco Tirelli, Grazia Toderi, Luca Trevisani, Patrick Tuttofuoco, Luca Vitone e Cesare Viel, Alessandro Vizzini, Sislej Xhafa, Zhang Huan, GilbertoZorio

© Riproduzione riservata

[1] Il progetto «Nuovi Committenti» è un modello innovativo per la produzione di arte per lo spazio pubblico ideato nel 1991 dall’artista belga François Hers, promosso dalla Fondation de France, introdotto in Italia nel 2001 dalla Fondazione Adriano Olivetti e oggi diffuso su scala europea con il titolo New Patrons. Con il proposito di ristabilire un forte legame tra arte e società, Nuovi Committenti permette a chiunque – comitati spontanei di quartiere, scuole, amministratori locali, singoli individui o gruppi di cittadini – di farsi committente di un’opera d’arte destinata ai propri luoghi di vita o di lavoro, spesso con una funzione d’uso collettiva. Dall’ideazione alla produzione tutto il processo è accompagnato da un curatore o storico dell’arte nel ruolo di mediatore culturale, capace di interpretare desideri e bisogni della committenza, individuare un artista e attivare un percorso di riflessione e scelte condivise. In questo contesto l’arte spesso si misura con  processi di cittadinanza attiva  in risposta alle numerose problematicità e ai cambiamenti del tessuto urbano.