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Zes della cultura, partiamo da Lisbona

  • Pubblicato il: 18/05/2018 - 08:01
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Rubrica: 
NORMA(T)TIVA
Articolo a cura di: 
Laura Valente, Dal Corriere del Mezzogiorno, 11 maggio

La sfida di una Zes della cultura lanciata da Marco D’Isanto sulle colonne del Corriere del Mezzogiorno ha animato un acceso dibattito che ha coinvolto molte realtà culturali e istituzionali. Il punto di vista di Laura Valente, Presidente Fondazione Donnaregina Museo Madre


L’ultimo sì è stato quello del governatore De Luca. Sfida ambiziosa che vuole ridisegnare l’orizzonte di una terra troppo spesso consegnata all’oleografia dei «troppi talenti poche risorse», che non si accontenta della medaglia di laboratorio creativo in Europa ma pretende, attraverso interventi di defiscalizzazione (che sono un mezzo, ricordiamolo, non il cuore del progetto), di attivare distretti della cultura economicamente vincenti. Nell’articolo pubblicato ieri D’Isanto ha citato di passaggio l’esempio di Lisbona, non a caso.

La capitale portoghese è tra le prime «città creative» in Europa. E su questa vocazione ha saputo costruire il suo sviluppo a partire da alcuni progetti simbolo. In cima alla lista dei successi la costruzione del Maat (Museu Arte Arquitetura Tecnologia), finanziato interamente dall’Enel portoghese.

Un anno di attività, le cifre parlano da sole: oltre 550 mila visitatori, 2.451 amici del museo, 23 mostre, 432 artisti, 1.389 lavori esposti, 195 opere provenienti dalla Edp Foundation Art Collection, diversi riconoscimenti internazionali che hanno contribuito in maniera decisiva a cambiare la percezione del volto architettonico della città. Sociale e educational gli assi portanti di una visione al centro della rigenerazione di quartieri come Lx Factory, officina creativa nata nel 2008 sulle ceneri di un’area industriale ottocentesca di 23 mila mq, una «città nella città», vivacizzata da aree per il coworking, studi d’artista e ostelli. Ultima creatura l’Hub Criativo Beato, uno dei più grandi incubatori d’impresa del mondo.

L’ex complesso militare si sta accreditando come polo dell’innovazione e della creatività agendo secondo alcuni assi strategici: imprenditoria (incubatori, acceleratori, coworking, coliving, fastlab e investitori), industrie creative (cinema, multimedia, fashion, musica, arte, design e advertising), innovazione e conoscenza (ricerche, centri di sviluppo e spazi di open innovation), scaleup e global company (per attrarre nel processo di espansione e grandi compagnie nei campi di innovazione e tecnologia). Stiamo parlando di venti edifici affittati dal Comune di Lisbona per soli 7 milioni di euro spalmati in 50 anni perché l’obiettivo è quello di costruire «un grande spazio dedicato all’innovazione sociale, alla tecnologia, alle startup» ed è per questo che il progetto è realizzato in sinergia con Factory Berlin, campus tecnologico nel cuore dell’Europa. Ma torniamo a noi. Napoli è forse in Europa la città creativa per eccellenza e la sua lunga storia lo dimostra. Non ha certo bisogno di imitare nessuno ma ha la necessità di costruire un sistema organico e permanente di relazioni economiche in campo culturale in grado di rendere produttive le proprie risorse La Fondazione Donnaregina ha la fortuna di abitare un luogo-comunità particolare: chiude il percorso di una rete di sistema unica (dalla Via dei Musei alle Stazioni dell’Arte), si affaccia su un quartiere simbolo come la Sanità (un modello di impresa sociale e culturale, come l’esperienza dei ragazzi della Paranza ci insegna), è in un «centro» ideale che dal Rettifilo al vecchio Policlinico anima la vita di tanti giovani che sperano di non essere costretti ad andare via finiti gli studi.

È per loro che abbiamo il dovere di sviluppare un nostro modello competitivo, a cui una zona economica speciale della cultura potrebbe dare la spinta decisiva. Mi piace pensare ad un Madre «edificio spettacolare» in cui arte e tecnologie, architettura e territorio si mescolano in un perfetto connubio di equilibri per rendere la fruizione il più possibile vicina ad un’esperienza di comunità e di identità. Spendibile ed economicamente vincente. Abbiamo bisogno di incubatori artistici e cioè di un programma che consenta ai nostri giovani talenti di dialogare e formarsi con artisti provenienti dal resto del mondo. Una visione che oltre alle residenze artistiche e alle mostre di prestigio internazionale (con annesso ampliamente della collezione permanente) faccia diventare sempre di più il Madre luogo di ricerca e sperimentazione nell’arte contemporanea ma anche viaggio speciale e unico alle radici della nostra identità, per turisti di tutto il mondo, in ogni periodo dell’anno. Con un occhio sempre attento ai nuovi linguaggi della street art e candidandosi a diventare cervello e cuore di un Urban art, che forse, come sostiene il francese JR, non può cambiare il mondo, ma può cambiare il modo in cui lo vediamo. E abitiamo
  
di Laura Valente, Presidente Fondazione Donnaregina Museo Madre, dal Corriere del Mezzogiorno, 11 maggio
  

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