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Venezia. Palazzo Ducale ritrova la Cappella del Doge. Scamozzi e Sansovino tornano a splendere

  • Pubblicato il: 16/02/2015 - 09:20
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Articolo a cura di: 
Manlio Lilli

 

A determinare le fortune di Piazza San Marco, il suo straordinario appeal sui turisti di tutto il mondo, di certo contribuisce la presenza di Palazzo Ducale. La sua architettura, con le caratteristiche facciate quasi sorrette dagli esili colonnati intarsiati, alla quale sono legate, tra l’altro, le trasposizioni cinematografiche dell’Otello di Shakespeare. Da quella realizzata da Orson Welles nel 1952 a quella di Franco Zeffirelli, del 1986.
Il Palazzo, storica dimora dei dogi, nel quale hanno lasciato il segno più di altri Tintoretto e Veronese, costituisce un luogo simbolo di Venezia, oltre che il cuore del sistema Musei Civici. Dal momento che garantisce, con impressionante ma non casuale regolarità, il 65% per cento circa delle entrate dell’intero circuito, visitato ogni anno da quasi da quasi un milione  e mezzo di persone.
Le scalinate monumentali, il Museo dell’Opera e poi il Piano delle Logge e il Primo Piano nobile, con le sale che costituiscono l’appartamento ducale. Ancora gli ambienti giudiziari del primo piano nobile e la Sala del Maggior Consiglio e la Sala dello Scrutinio. Poi il Secondo Piano nobile con altre celebri sale. Queste le parti più famose del Palazzo. I luoghi che fanno di una pregevolissima architettura una vera e propria opera d’arte. Un caleidoscopio di capolavori. Ai quali dalla prossima primavera sarà possibile aggiungere ancora due spazi, al terzo piano del Palazzo, la Chiesetta e l’antichiesetta del Doge. Architetture armoniose composte nel tardo Cinquecento dal vicentino Vincenzo Scamozzi, che trovò anche la soluzione delle finestre laterali dalle quali la luce si espande sull’altare di marmi preziosi. Spazi questi ormai privi di opere come la Cena di Emmaus di Tiziano, finitanella collezione del conte di Yarborough e di una Risurrezione del Tintoretto, andata perduta. Ma la bellezza permane, inalterata. Quasi riscoperta dopo i restauri garantitidalla collaborazionetra le due Soprintendenze per i beni architettonici e artistici di Venezia, la Fondazione Musei civici e il Comune di Venezia. Un intervento, quello riguardante gli apparati decorativi ad affresco, opera di Jacopo Guarana e di Girolamo e Agostino Mengozzi Colonna, durato sette anni. Realizzato dall’Istituto Veneto per i Beni Culturali e per quel che attiene le parti lignee, dal Centro Lombardo di Formazione Professionale “G. Terragni” di Meda. Uno sforzo ingente, che tuttavia sarebbe risultato insufficiente senza il finanziamento messo a disposizione dal Comitato Italiano del programma congiunto Unesco–Comitati privati internazionali per la salvaguardia di Venezia e dalla Maison Cartier. Marchio questo che, attraverso la sua Fondazione si è distinto, da tempo, come un esempio innovativo di mecenatismo d’impresa, favorendo anche la creazione di arte contemporanea e diffondendone la conoscenza. 
In questo modo a Palazzo Ducale è stato possibile completare il restauro della Chiesetta con la realizzazione del nuovo impianto di illuminazione. Procedere al consolidamento e alla pulitura della scultura in marmo della Madonna con Bambino e quattro angeli di Jacopo Sansovino e Tommaso Lombardo e dell’altare progettato da Vincenzo Scamozzi. L’intera operazione quasi suggellata dalla pubblicazione del volume “La Chiesetta del Doge” (Antiga edizioni, pp. 120, euro 20) a cura di Camillo Tonini, con saggi di Daniela Andreozzi, Annalisa Bristot, Alberto Craievich, Paolo Delorenzi, Lorenzo Lazzarini e Camillo Tonini.
Restituiti questi spazi, che tra spostamenti e trasformazioni avevanodi molto cambiato il loro aspetto.  Spogliati delle opere d’arte che li adornavano divennero aule d’udienza e uffici del Tribunale generale di appello in epoca austriaca. Nel 1823 assunsero la funzione museale ed espositiva, per poi, tra il 1900 e il 2006, essere adibite a magazzini. La prossima apertura della cappella sarà inserita in alcuni degli itinerari  turistici di Palazzo Ducale. Sfortunatamente non di tutti. D’altra parte lo spazio di accesso tutt’altro che ampio sconsiglia grandi assembramenti di persone.
Il modello di collaborazione pubblico-privato, da lungo tempo operante a Venezia si dimostra ancora una volta un esempio virtuoso, capace di unire le risorse dei Comitati privati, con l’eccellenza delle competenze scientifiche e tecniche dei funzionari e di tutta la Soprintendenza”, ha detto la soprintendente per i Beni architettonici Renata Codello, in occasione della presentazione della complessa operazione di restauro, alla fine dello scorso ottobre nel Salone del Senato del Palazzo. Un recupero che certifica quanto i “Corporate Medicis”, come li ha definiti recentemente il New York Times paragonandoli ai Medici, possano fare per il Patrimonio italiano. Affiancando e sostenendo le istituzioni statali.

In un convegno tenutosi poco prima della metà dello scorso ottobre nella Sala dello Scrutinio a Palazzo Ducale soprintendenti, direttori di Musei e rappresentanti di alcune delle più prestigiose istituzioni culturali a livello internazionale, hanno affrontato il tema dei “Beni culturali. Le eccellenze internazionali e la scommessa italiana”. A poche settimane dall’approvazione della riforma del sistema dei beni culturali in Italia si è discusso del, finora, frequente gap con le istituzioni museali straniere. Delle criticità esistenti, insomma. Ma anche di eccellenze come quelle della Fondazione Musei civici di Venezia, realtà “in buona salute e con molti progetti”, secondo la definizione del Presidente Walter Hartsarich, della quale Palazzo Ducale fa parte. Su Palazzo Ducale dalla lagunaspira davvero un vento favorevole.

di Manlio Lilli