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Tutto quello che c’è da sapere sulla conoscenza

  • Pubblicato il: 16/03/2018 - 08:01
Rubrica: 
STUDI E RICERCHE
Articolo a cura di: 
Annalisa Cicerchia

L’Istat ha pubblicato a febbraio il primo Rapporto sulla conoscenza, curato da Andrea de Panizza e Giovanni A. Barbieri. Il Rapporto considera i modi e i processi con cui la conoscenza si crea, si trasmette e si utilizza nell’economia e nella società, attraverso una selezione delle dimensioni rilevanti. Prende in considerazione anche i fenomeni emergenti, trattati con indicatori e fonti nuove, gli strumenti che favoriscono lo sviluppo della conoscenza e le domande alle quali le politiche devono dare risposta. Il Rapporto è pensato per una pluralità di sequenze di lettura: i 38 quadri tematici che lo compongono possono essere letti indipendentemente l'uno dall'altro. Il lettore è libero di adottare il percorso proposto o di seguirne altri: per esempio l’istruzione, l’apprendimento e le competenze; l’attività creativa, culturale e intellettuale; la conoscenza nel sistema economico; le tecnologie dell’informazione.


 
L’istruzione prima di tutto
Il livello d’istruzione degli individui è l’elemento che più influenza comportamenti e performance in una varietà di ambiti, da quello più ovvio delle competenze di base, al coinvolgimento in attività creative e culturali anche in tarda età, alle abilità digitali e le attività svolte online: a titolo d’esempio, la familiarità con Internet, primariamente legata all’età, è maggiore tra gli anziani istruiti che tra i giovani tra 16 e 24 anni.  
L’origine degli individui (paese di nascita, territorio, caratteristiche socio-economiche) influisce sui livelli di istruzione, l’accesso e i risultati: nel 2016, oltre il 30% dei giovani italiani tra 25 e 34 anni ha conseguito un titolo universitario, mentre tra i residenti stranieri l’incidenza è del 10% e appena del 6% tra i maschi. Negli istituti professionali, dove affluiscono in prevalenza i figli di genitori meno istruiti, le competenze linguistiche e numeriche dei quindicenni sono notevolmente inferiori a quelle dei loro coetanei liceali, e nel 2016/17 i tassi di passaggio all’università dei diplomati si arrestano all’11,3%, contro il 73,8% dei licei. Nel Mezzogiorno, anche i liceali hanno competenze molto inferiori rispetto ai colleghi delle regioni del Centro-nord.
Il miglioramento del livello di istruzione della popolazione – l’aumento di frequenza e successo, in particolare nell’Università, e la qualità del servizio erogato, a tutti i livelli – rappresenta pertanto l’ambito privilegiato di intervento delle politiche per la conoscenza. Questo, per evitare che l’Italia si trovi ad arretrare sul terreno economico – come già nella crisi passata – e, insieme, per ampliare le opportunità delle persone, riducendo l’area di esclusione sociale determinata dalla conoscenza, in particolare quella digitale.
 
La creazione di conoscenza
L’intensità della spesa in ricerca e sviluppo (R&S) in Italia, anche se aumentata durante la crisi, continua a essere inferiore a quella delle altre maggiori economie europee. Il divario si attenua se si considerano gli addetti e la produzione di brevetti.  
I brevetti riflettono le caratteristiche della specializzazione produttiva. La forza della specializzazione italiana si osserva anche, e soprattutto, nell’intensità elevata di marchi e disegni industriali.
Gli investimenti immateriali (ricerca e sviluppo capitalizzata e software) nel 2016 hanno superato il 20% degli investimenti totali. Nel confronto con il 2007, la quota di questi investimenti sul totale è aumentata di quasi 6 punti percentuali per l’insieme dell’Ue e di oltre 5 punti in Italia. Nel nostro Paese, il volume degli investimenti immateriali è cresciuto nonostante la crisi.
La qualità delle pubblicazioni scientifiche degli autori affiliati a istituzioni nazionali, misurata attraverso le citazioni da parte di altri autori, è elevata e crescente in diversi ambiti disciplinari. Questa buona performance è frutto di un miglioramento sia nel numero sia nella qualità relativa delle pubblicazioni prodotte.

L’istruzione scolastica e universitaria
L’Italia presenta un ritardo storico nei livelli d’istruzione rispetto ai paesi più avanzati. Nel 2016, la quota di persone tra i 25 e i 64 anni con almeno un titolo di studio secondario superiore ha raggiunto il 60,1%, in aumento di otto punti percentuali rispetto al 2006, ma inferiore di 16,8 punti rispetto alla media europea. I livelli di istruzione della popolazione adulta sono molto variabili sul territorio: in Sicilia e Puglia meno della metà dei residenti possiede almeno un diploma secondario superiore e solo il 13% un titolo terziario, mentre nel Lazio queste percentuali salgono a 70 e 23%.
Gli abbandoni scolastici e formativi precoci (persone tra 18 e 24 anni senza titolo secondario superiore) si sono ridotti considerevolmente, superando l’obiettivo nazionale di riduzione al 16% nel 2020. Per i giovani nati all’estero, tuttavia, gli abbandoni superano il 30%, il valore più elevato dopo la Spagna.
Le condizioni di partenza continuano a incidere sui percorsi e i risultati dell’istruzione, e chi proviene da famiglie più istruite ha maggiori chance. Nel 2016, oltre un quarto dei figli ha un titolo universitario, contro l’11,3% dei genitori. Tra i genitori, poco meno del 50% ha raggiunto al massimo la licenza media, percentuale quasi dimezzata per i figli. Tuttavia, l’incidenza sale al 43% tra i ragazzi provenienti da famiglie con bassa istruzione, mentre è inferiore al 4% quando i genitori hanno un titolo universitario. La strada dei figli, inoltre, appare tracciata già prima dell’università, nella scelta del tipo di scuola superiore: nel 2016, ha conseguito un diploma liceale quasi il 60% dei diplomati con genitori laureati, ma appena il 21% dei figli i cui genitori hanno al massimo la licenza media.

Competenze e formazione
In Italia, la quota di studenti di 15 anni con competenze insufficienti è poco distante dalla media Ue per la lettura e la matematica e molto superiore nelle scienze. A confronto con il 2006, la percentuale di studenti italiani insufficienti si è ridotta di quasi 10 punti nelle competenze numeriche, di 5 in quelle di lettura e di 2 punti nelle competenze scientifiche. I livelli di competenze degli studenti italiani sono però molto variabili in relazione al tipo di scuola frequentata: per gli studenti del secondo anno delle superiori, le competenze alfabetiche degli studenti liceali superano di 29 punti quelle degli Istituti tecnici e di 50 punti gli studenti di istituti professionali; il distacco è minore, ma sempre notevole, per la matematica. Inoltre, le competenze degli studenti del Centro-nord sono decisamente superiori a quelle dei “colleghi” delle regioni meridionali, con un distacco particolarmente ampio per quelle numeriche.

L’istruzione nel tessuto delle micro e piccole imprese
Nel 2015, le imprese con dipendenti da 2 a 49 addetti attive nella manifattura e nei servizi di mercato sono circa 770 mila, con 4,6 milioni di occupati. Il livello medio di istruzione degli imprenditori è relativamente basso (11,4 anni di scolarità) e i loro dipendenti sono ancora meno istruiti (10,8 anni di scolarità pro capite).
A parità di settore, dimensioni e localizzazione geografica, dove gli imprenditori sono più istruiti, anche i dipendenti tendono ad avere un livello di istruzione più elevato. L’istruzione è associata positivamente alla performance delle imprese (in particolare, alla sopravvivenza), all’adozione delle tecnologie IT e all’attività innovativa.
Il livello di istruzione delle persone influisce sulla loro partecipazione al mercato del lavoro, sulle possibilità di occupazione e sui redditi. Alle differenze nei tassi d’occupazione si accompagnano, in generale, differenziali retributivi ancora più rilevanti.
 
Le infrastrutture culturali e la partecipazione ad attività creative e culturali
Le biblioteche sono servizi e spazi culturali che i cittadini utilizzano spesso e in modo polifunzionale. La disponibilità di biblioteche appare direttamente correlata con la capacità di incoraggiare la domanda. Nel 2015, la Sardegna spicca nel panorama nazionale per tasso di frequentazione assidua (almeno dieci volte all’anno) delle sue 615 biblioteche, utilizzate dal 42,5% dei cittadini a fronte di una media italiana del 32,3%.
In Italia, il 62,2% delle persone tra i 25 e i 64 anni pratica qualche forma di attività creativa o artistica nel tempo libero. Una minoranza non trascurabile (circa il 5%) compone musica, il 15% circa si dedica, anche se con frequenze piuttosto basse, alle arti visive e plastiche (disegno, pittura, scultura e modellazione). Quasi un adulto su dieci si dedica infine alla scrittura di poesie, racconti, diari, blog. La diffusione della pratica creativa è direttamente proporzionale ai livelli d’istruzione, raggiungendo quasi l’80% tra i laureati.
Il Rapporto sulla conoscenza è disponibile gratuitamente all’indirizzo: www.istat.it/it/archivio/209513 
 
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