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Quale scenario futuro per la Cultura?

  • Pubblicato il: 07/10/2013 - 09:12
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Neve Mazzoleni

Lecce. Durante ArtLab 2013, molti sono stati I dibattiti paralleli che hanno riunito voci di riferimento del mondo culturale. Un panel «Identità e sostenibilità dei centri culturali indipendenti» è stato dedicato al confronto fra luoghi di produzione e sperimentazione, centri di aggregazione sociale e attivazione culturale; il secondo «Piccole imprese (creative) crescono» è stato dedicato alle giovani realtà che lavorano per produrre un'offerta culturale ampia e di qualità, arricchendo la filiera economica delle Industrie Creative del nostro Paese.
In questa stagione dura per la disponibilità di fondi e contrazione del mercato, ma ricca di auto-riflessione, le parole ricorrenti sono partecipazione, sostenibilità economica, fiducia. Ma soprattutto la necessità di fare sistema e raccontarsi, per permette l'emersione di storie e buone pratiche che siano esempio per la filiera intera, senza distinzione fra progetti profit e non-profit.

Chiara Galloni, amministratore delegato di Articolture a Bologna, spiega con chiarezza la direzione da intraprendere: «Il settore è più fervido e proiettato verso il futuro di quanto non venga rilevato dalla letteratura ufficiale e dai “vertici” del sistema. Indubbiamente il prodotto culturale – cangiante e multiforme per natura – presenta delle caratteristiche strutturali che lo rendono difficile da standardizzare e quindi da monitorare, così come l’eccessiva disomogeneità tra gli operatori non aiuta a creare un dialogo efficace con i potenziali interlocutori. È proprio attorno alla sostenibilità economica dell’agire culturale – e quindi all’integrazione di competenze manageriali, economico-finanziarie e amministrative alla dimensione più puramente artistica e creativa – che si può (e si deve) trovare un punto comune: è ormai una conditio per la sopravvivenza stessa del settore e per la sua legittimazione all’interno del sistema economico italiano.
Roberto Covolo project manager del'Ex Fadda rinforza questo punto di vista, sottolineando che l'innovazione necessaria deve avvenire nei processi: «Riusciamo ad essere accessibili, utilizzabili e confortevoli. Ma la nostra economia è fragile e incerta. Il problema principale non sono la mancanza di idee, di persone competenti o di relazioni. Quello su cui dobbiamo lavorare è un nuovo modello organizzativo, una nuova filosofia del nostro “essere al mondo” che sia in grado di capitalizzare risorse e di dar loro un nuovo verso. Su questo dobbiamo lavorare». E così si allinea Matteo Zauli, Direttore del Museo Carlo Zauli di Faenza: «I cambiamenti economici in atto, che paiono assolutamente non transitori e reversibili, stanno portando a riflettere profondamente sul modo in cui la propria esistenza possa svilupparsi in modo innovativo e diversamente partecipato. (E' anche il nostro caso, che da museo dedicato ad un artista scomparso ci siamo trasformati in centro di sperimentazione, produzione e residenze per artisti senza contraddire la nostra natura.)».
Florinda Saieva, di Farm Cultural Park di Favara, dichiara che è : «fondamentale il lavoro in sintonia con il territorio , la Comunità su quale si opera. Altresì è importante una condivisione di vedute e processi con I nostri omologhi, per scambiare best practices».
Mentre Cristina Alga del CLAC di Palermo rilancia l'analogia dell'azione culturale alle azioni di Welfare: «Tutti in fondo facciamo attività che una volta erano welfare. Bambini, donne, anziani, aggregazione giovanile, politiche di sostegno all'occupazione e tutto attraverso le attività culturali. Vien fuori un'idea bella di «cultura», inclusiva, ibrida, aperta, accogliente. La difficoltà oggettiva è attribuire un valore economico a tutto quello che facciamo».
Anna Spreafico di Esterni, impresa culturale che fra i numerosi progetti gestisce a MilanoCascina Cuccagna, racconta come un'azione culturale possa viralizzare reazioni positive anche sulle Amministrazioni Pubbliche: «La funzione "pilota" di questi progetti, utili a costruire buone pratiche replicabili altrove, come nel caso di Cascina Cuccagna. Oggi è ancora lontana da una sostenibilità economica, soprattutto perchè ad oggi pesa ancora molto l'investimento iniziale necessario alla ristrutturazione (di quasi €3.000.000) totalmente a carico del gestore. Tuttavia grazie al suo esempio, il Comune di Milano ha mappato altre  50 cascine di proprietà pubblica e ha definito procedure di affidamento più snelle e con una sensibilità maggiore ai temi della sostenibilità  (nella pratica: concessioni di 99 anni contro quella ventennale che ha la cascina; pagamento degli affitti al comune al termine dei lavori di ristrutturazione mentre cascina cuccagna ha iniziato a versare l'affitto dal primo giorno di affidamento)».
Cristina Alga ha richiamato anche la potenzialità di nuovi strumenti legislativi come il tema del «reddito da cittadinanza attiva» che è stato lanciato dal Presidente di Fondazione con il Sud, Pietro Ferrari-Bravo, secondo il quale un cittadino inoccupato può contribuire al bene comune e alla società prestando lavoro sociale in vari settori del Welfare con una retribuzione minima che possa restituire dignità e risollevare il Paese dal problema della disoccupazione. Anche il settore culturale potrebbe dare il suo ampio contributo, attraverso le sue attività a alto tasso sociale.
Anche dal punto di vista delle imprese, torna il tema del fare sistema, con un occhio più focalizzato alla buona conduzione manageriale delle attività, come richiama Giovanni Petrini di Make e Cube. «Dobbiamo contribuire per primi – commenta Chiara Galloni - alla maturazione del settore e alla stabilizzazione di chi vi opera, evitando che forme spontanee e associazionistiche si trasformino in un ricettacolo di stati di non professionismo e di precarietà. Al contrario, partnership solide e trasparenti tra realtà tra profit e non profit, tra micro imprese e macro-istituzioni, e reti di imprese complementari all’interno delle diverse filiere culturali e creative, possono rivelarsi una soluzione valida per ampliare il mercato e l’utilità socio economica di chi opera in questo settore».

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