Italia Non Profit - Ti guida nel Terzo Settore

Privati del privato

  • Pubblicato il: 07/10/2013 - 10:24
Rubrica: 
OPINIONI E CONVERSAZIONI
Articolo a cura di: 
Istituto Bruno Leoni

Pochi giorni fa è circolata la notizia della messa in vendita di alcuni ettari di terra dell'isola di Santo Stefano - la più piccola delle Pontine, nota non solo per la bellezza naturalistica ma anche per lo storico carcere costruito sul modello del panopticon. Da questo carcere passarono, durante il Ventennio, personaggi come il Presidente della Repubblica Sandro Pertini.
L'isola è in parte di proprietà privata e in parte - compresa la struttura carceraria - del demanio, ed è inclusa interamente nell'Area marina protetta e della Riserva naturale statale di Ventotene e Santo Stefano.
Nulla vieta quindi che della parte di proprietà privata il titolare possa disporre del proprio diritto compresa la facoltà di vendita.
Eppure, al solo annuncio di vendita di alcuni ettari si è alzata puntuale come un orologio svizzero la polemica di quanti non solo vedono nella proprietà privata una minaccia alla conservazione e alla tutela del patrimonio storico e naturalistico, ma respingono l'idea secondo cui qualsiasi porzione di terra che sia stata testimone di qualsivoglia evento storico o che rappresenti un qualsivoglia retaggio culturale possa essere sottoposta alle leggi del mercato.
Secondo quanto riportato dal Corriere della Sera, i Verdi rilanciano e auspicano una norma affinché «venga acquisita al patrimonio dello Stato l'isola», un luogo «simbolo della prigionia di molti padri della nostra democrazia compreso il presidente Pertini» che dovrebbe diventare, attraverso il processo di acquisizione al patrimonio, indisponibile alla «mercificazione». Al di là del fatto che la porzione in vendita è, come diritto privato insegna, nella libera disponibilità del proprietario, appare mera ideologia ritenere che il patrimonio storico e naturale d'Italia non possa soggiacere alla proprietà privata, nemmeno quando su di essa insistono vincoli di natura pubblica che servono proprio a tutelare l'integrità del bene. Già oggi l'intera isola è sottoposta a una gran quantità di divieti: vietato disturbare la fauna selvatica, vietato prevedere una destinazione di uso dei suoli diversa da quella attuale, vietato edificare nuove costruzioni, vietata la navigazione nelle acque circostanti, etc.
Chi visita oggi l'isola di Santo Stefano passeggia su uno stupendo scoglio a rischio di abbandono, dove le guide per la visita del carcere raccontano delle difficoltà di mantenere in cura sia la parte architettonica che la vegetazione circostante.
Se tutelare un luogo «simbolo» della nostra democrazia vuol dire consentire che sia conservato in buono stato, la strada della pubblicizzazione integrale del sito non è forse quella più adatta, mentre altre, private, possono essere immaginate senza compromettere lo stato, la destinazione e la tutela dei luoghi.
Se vuol dire invece proseguire nel vecchio luogo comune del fatto che esistono beni «senza valore» che debbono essere «senza mercato», allora hanno ragione i Verdi e quanti ritengono che, a costo di essere abbandonati, Santo Stefano e il suo carcere debbano essere sottratti al mercato.

Fonte: Istituto Bruno Leoni www.brunoleoni.it