Italia Non Profit - Ti guida nel Terzo Settore

PIANI STRATEGICI DEI MUSEI, L’INCLUSIONE AVANZA

  • Pubblicato il: 10/10/2016 - 20:18
Rubrica: 
MUSEO QUO VADIS?
Articolo a cura di: 
Francesco Mannino

Seppur non previsti esplicitamente dal DM 23/12/2014, i piani strategici dei musei possono attingere da quel decreto la spinta iniziale per essere poi redatti in presenza di direttori coraggiosi e visionari. Ludovico Solima ci racconta l’esperienza del Museo Archeologico Nazionale di Napoli e ci aiuta a capire quali responsabilità comporta una scelta del genere, e quali conseguenze sociali

 
 
 
 
Ludovico Solima, Professore associato in Economia e gestione delle imprese e titolare della cattedra di Management delle Imprese Culturali presso il Dipartimento di Economia della Seconda Università di Napoli, nonché autore del blog Opzione Cultura, discute con Il Giornale delle Fondazioni degli strumenti di management museale, a cominciare dalla recente pubblicazione sul sito del MANN del documento intitolato “Piano Strategico 2016 – 2019” (edito da Electa). E dalla discussione emerge una interessante prospettiva sul rapporto attivo tra cittadinanza e musei.

Ma partiamo dal Decreto Ministeriale del 23 dicembre 2014 “Organizzazione e funzionamento dei musei statali”: cosa contiene in merito ai cosiddetti piani strategici dei musei?
Il documento, individuando – tra le altre cose – i compiti del Direttore (art. 10), specifica che egli “elabora, sentito il direttore del Polo museale regionale, il progetto di gestione del museo comprendente le attività e i servizi di valorizzazione negli istituti e luoghi della cultura di competenza, ivi inclusi i servizi da affidare in concessione, al fine della successiva messa a gara degli stessi”. Si fa dunque riferimento, in modo abbastanza generico, ad un piano di gestione ma non in modo specifico ad un piano strategico, che ha caratteristiche diverse, avendo natura programmatica e fissando anche alcuni obiettivi (strategici) da raggiungere.
 
E al MANN cosa è accaduto? Cosa contengono queste 90 e più pagine del Piano Strategico 2016 – 2019?
Il Direttore del MANN, Paolo Giulierini, ha ritenuto opportuno sviluppare un ragionamento ampio ed articolato che, partendo dall’identità del museo, ha portato all’identificazione della sua mission, degli elementi cardine del processo gestionale della struttura (i valori del museo), fino ad arrivare alla definizione degli obiettivi strategici – coerenti con i valori – e dei principali target operativi da raggiungere nei quattro anni della sua direzione. Il mio contributo è stato quello di concorrere alla progettazione ed alla successiva stesura del Piano Strategico, insieme allo staff del museo che è stato di volta in volta coinvolto, in funzione delle specifiche competenze. È stato un lavoro complesso, intenso e lungo, ma – dal mio punto di vista, almeno – anche entusiasmante perché, a distanza di quasi 20 anni dall’uscita del mio primo libro sulla gestione imprenditoriale dei musei, ho avuto la possibilità di portare avanti un ragionamento sofisticato, che è sfociato in un documento di programmazione – presentato pubblicamente e reso disponibile per il download dal sito – che a mio modo di vedere pone il MANN in linea con le prassi manageriali più evolute dei più importanti musei del mondo.
 
Qual è lo stato attuale della comunicazione istituzionale dei musei italiani?
Questa è una domanda interessante, anche perché non sono in grado di dare una risposta precisa! Malgrado sia un osservatore attento di queste problematiche, manca un punto di raccordo (quindi, un Osservatorio) sulle diverse attività di comunicazione istituzionale che vengono svolte dai musei, pubblici e privati, che operano sul territorio nazionale. In mancanza di elementi di conoscenza puntuali, la mia sensazione, comunque, è che siamo ancora in una fase embrionale, nella quale per molto musei ancora non è del tutto chiara l’importanza di dedicare tempo ed energie verso attività quali la predisposizione di un Piano Strategico, di un Rapporto Annuale di Attività piuttosto che di un Piano di Audience Development. Queste attività vengono infatti ancora percepite  più come un obbligo che come un’opportunità di comunicazione del museo. Il MANN, ad esempio, ha maturato tale consapevolezza e, tra le altre cose, sta predisponendo anche una versione in lingua inglese del Piano Strategico, perché intende utilizzarlo come un “biglietto da visita” nella costruzione e nello sviluppo delle partnership strategiche ed operative che il museo intende attivare ovvero che ha già posto in essere. L’idea, in altri termini, è che per un museo, come per qualsiasi altra organizzazione culturale, non basti affermare ciò che si è in un dato momento, ma che occorra anche delineare un futuro possibile, al quale il museo ambisce.
 
Perché per i musei non dovrebbe bastare un report annuale, e invece essere necessario un piano strategico?
C’è una profonda differenza tra i due documenti. Il Rapporto Annuale generalmente espone, in una prospettiva di accountability, ciò che è stato fatto dal museo nel corso dell’ultimo anno ed in che misura gli obiettivi fissati sono stati raggiunti; è, quindi, un documento sviluppato ex-post. Il Piano Strategico è invece un documento nel quale, sulla base di un’analisi preliminare esterna ed interna, tali obiettivi vengono individuati, rendendo esplicito il loro collegamento con le scelte strategiche adottate, anche esse derivanti dalla fase di studio preliminare. È proprio per questo motivo che con il MANN si è deciso di realizzare, nel corso del prossimo anno, il Rapporto di Attività relativo al 2016 ed in quella occasione procedere ad una eventuale revisione del Piano Strategico; e così via per gli anni a seguire.
 
Ci sembra che nella tua visione la valutazione da parte di cittadini e utenti in generale sia molto importante. Ci fai capire meglio?
La socializzazione di un documento nel quale viene esplicitata la mission del museo, i valori fondamentali che ispirano il suo progetto scientifico e culturale, gli obiettivi strategici che ne discendono ed i target operativi nei quali essi si concretizzano rappresenta – in certa misura – un atto coraggioso, perché espone il Direttore ad una sorta di controllo “sociale”. Da cittadino, prima che da studioso, io sono infatti interessato a capire quanto costa un museo e come spende le risorse di cui dispone; anche perché larga parte di queste risorse proviene dal settore pubblico e quindi, in ultima analisi, dai noi cittadini, che compartecipiamo alle spese di investimento e di gestione dei musei non solo pagando un biglietto di ingresso ma anche – indirettamente – attraverso il prelievo fiscale. È infatti importante ricordarsi che ciascuno di noi, indipendentemente dal fatto che visitiamo o meno un museo che beneficia di trasferimenti pubblici, in parte lo finanzia.
 
Ma così gli utenti/cittadini potrebbero chiedere conto ed esprimere il proprio parere anche sulle prospettive strategiche, e non solo su “come è andata a finire”…
In linea teorica, direi di sì, anche se entrare nel merito delle scelte strategiche di un museo non è un’operazione così semplice. Occorrono competenze specifiche e la disponibilità di una pluralità di informazioni che non necessariamente sono accessibili. Il coinvolgimento delle comunità nella definizione del futuro del museo può – e deve, a mio avviso – transitare per un’altra strada, che è quella della “progettazione partecipata”, termine con il quale si rimanda, per l’appunto, ad un insieme di tecniche e metodologie attraverso le quali vengono sollecitate e messe a sistema le opinioni ed i suggerimenti dei residenti o di particolare tipologie di visitatori. Questa fondamentale fase di “ascolto” consente quindi al museo di far proprie tali indicazioni, interiorizzandole all’interno del proprio processo decisionale.
 
Entriamo nel merito: quale dovrebbe essere il processo logico di formulazione del Piano Strategico? Ci aiuti a capire anche quali professionalità interverrebbero, quale capitale umano?
Il processo di formulazione di un Piano Strategico può essere riassunto da questa sequenza: Identità e risorse del museo → Condizioni di contesto → Missione → Valori → Visione → Obiettivi strategici → Attività necessarie a conseguirli → Target operativi → Risorse necessarie → Risorse disponibili (nonché eventuale revisione degli obiettivi strategici, qualora le risorse disponibili siano insufficienti). Le professionalità da coinvolgere sono sicuramente quelle interne, per la fase di raccolta ed analisi critica delle informazioni disponibili. Per la successiva progettazione e stesura del documento, può essere necessario ricorrere a soggetti esterni, nel qual caso la strada maestra è l’attivazione di una partnership con le università e le strutture della ricerca presenti – in prima battuta – sul territorio.
 
Potrebbe avere senso collegare l’incremento del sostegno pubblico ad un museo non in base al numero di visitatori che varcano il suo ingresso, bensì alla qualità degli impatti che produce?
Questa mi sembra una proposta molto interessante, perché il numero di visitatori è un indicatore molto grezzo, che non dice nulla sull’efficacia dell’azione del museo in termini di produzione e diffusione delle conoscenze. Però è una proposta a mio avviso di non di semplice realizzazione, perché ragionare in termini di impatto impone non solo l’identificazione della tipologia di ricadute da prendere come riferimento (quelle sociale, quelle culturale, quelle economiche, un mix tra queste…) ma anche la messa a punto di una metodologia di raccolta dei dati e di analisi degli stessi che risulti condivisa, in modo da poter disporre di risultati perfettamente comparabili anche tra strutture diverse. Una soluzione alternativa potrebbe essere ragionare in termini di performance, identificando cioè degli obiettivi strategici e dei target operativi in modo trasversale per tutti i musei: ad esempio, aumentare la capacità di auto-finanziamento, ipotizzando un incremento annuo dell’x%, oppure, accrescere la capacità di attrazione nei confronti dei visitatori stranieri, stabilendo un coefficiente da raggiungere sul totale dei visitatori; ancora, migliorare la visibilità sulla rete, identificando delle soglie minime da raggiungere per ciascuna tipologia di social media, etc.
 
Ma insomma, davvero i musei possono avere un ruolo per i territori che li ospitano?
Il museo può e deve avere un ruolo importante nei processi di sviluppo culturale, sociale ed economico del territorio nel quale esso è ubicato. Ma attenzione, deve valere anche la proposizione inversa… La comunità alla quale il museo si rivolge, formata dai residenti, deve essere infatti coinvolta attivamente nella vita del museo, non solo partecipando alle iniziative che il museo realizza ma anche offrendo il proprio contributo di idee e di professionalità, per renderlo un protagonista importante ed un punto di riferimento costante della vita della propria comunità.
 
Bibliografia: Pubblicazioni di Ludovico Solima