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Notizie in breve dal mondo delle fondazioni

  • Pubblicato il: 08/05/2015 - 06:51
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Redazione

Fondazione Cariparo, 8 milioni in più per il territorio nel 2015
La Fondazione Cassa di risparmio di Padova e Rovigo ha approvato il bilancio di esercizio 2014, con un avanzo di 74,2 milioni, in crescita del 33%. Il patrimonio netto è di 1,832 miliardi di euro (+ 68 milioni). Nel corso dell'esercizio, la partecipazione al capitale di Intesa Sanpaolo è stata ridotta dal 4,25% al 3,35%, con conseguente diminuzione del suo peso sul totale del portafoglio che attualmente risulta pari al 50,8% rispetto all'oltre il 64% di fine dicembre 2013.
Grazie a questo risultato la fondazione aumenta da 40 a 48 milioni i fondi stanziati per le erogazioni 2015. Sul fronte delle erogazioni nel 2014 sono stati approvati 333 interventi e sono stati complessivamente assegnati 42,4 milioni di euro così distribuiti: 8 alla Ricerca scientifica, 7,1 all'Istruzione, 12,5 all'Arte e alle attività culturali, 5 alla Salute e all'Ambiente, 9 all'Assistenza e tutela delle categorie deboli, e complessivamente altri 0,7 all'attività sportiva, alla protezione civile, alla sicurezza alimentare e all'agricoltura di qualità, a cui si aggiungono circa 111.000 euro destinati al Fondo nazionale iniziative comuni delle Fondazioni. Il 34,8% delle risorse è stato destinato ai progetti propri dell'ente, il 19% ai bandi, il restante 46,2% ai progetti di terzi. © Francesca Sereno
 
 
Fondazione Carige rischia il commissariamento
Il bilancio di Fondazione Carige nel 2014 si è chiuso con una perdita di 216 milioni di euro. Disavanzo meno preoccupante di quello del 2013 pari a 926 milioni, tanto che l’ente ligure conta di tornare in attivo già a fine 2015. Lo sforzo di riordino dei conti tuttavia non basta a strappare l'Ente dal rischio commissariamento. L'enorme svalutazione del patrimonio che il nuovo CdA e' stato costretto a operare nel 2013 e nel 2014, ha ridotto di 126 milioni di euro il valore del patrimonio netto. I vertici della Fondazione si sarebbero già mossi chiedendo all'organo di vigilanza delle Fondazioni bancarie, il Ministero dell'Economia, la possibilita' di utilizzare almeno parte dei 200 milioni accantonati in fondi per ricostituire il patrimonio. Ciò consentirebbe di saldare i debiti e «riaprire il rubinetto» delle erogazioni al territorio. © Francesca Sereno
 
 
Bilancio 2014 in positivo per Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca
La Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca chiude l’esercizio 2014 con un avanzo di gestione di 48,6 milioni di euro, sostanzialmente stabile rispetto al 2013. Il patrimonio sale da 1 miliardo 193 milioni a 1 miliardo e 202 milioni, mentre il fondo per le erogazioni aumenta da 22,7 milioni a 27,5 e il fondo di stabilizzazione si attesta a 34 milioni dai 31,5 del 2013. Le erogazioni deliberate raggiungono quota 32,5 milioni di euro, contro i  29,7 milioni del 2013.
Questi numeri collocano l'ente toscano ai primi posti nella speciale graduatoria delle principali fondazioni bancarie italiane, in particolare nel rapporto fra patrimonio ed erogazioni. Un primato importante, che conferma la Fondazione come nona assoluta come patrimonio e settima per erogazioni, a ridosso di «colossi» quali Fondazione Cariplo, Compagnia San Paolo, Fondazione Caripo e Fondazione Carive.
«Sulla scorta dei risultati conseguiti nel quadriennio 2011-2014 - ha commentato il Presidente Lattanzi - la Fondazione ha prodotto avanzi di gestioni complessivi pari a 175 milioni, di cui 107 sono stati riversati sul territorio in forma di erogazioni e il resto accantonato per il rafforzamento patrimoniale dell’ente e per consentire di conoscere l’entità dei contributi in anticipo rispetto al passato, col vantaggio di avere la certezza dei fondi disponibili».
Gli interventi della fondazione nel 2014 sono stati 660, per i quali sono stati erogati: 12,4 milioni per educazione e ricerca, 11 milioni per arte e cultura, 5,8 per il volontariato, 2,3 per i lavori pubblici e lo sviluppo locale, 1 milione per la salute pubblica.
Per restaurare le Mura Urbane si è concretizzato in un finanziamento iniziale di quasi 7 milioni di euro negli anni 2012-2014, a cui sono andati ad aggiungersi altri 4 milioni da spendere nel 2015-2016. Per il restauro e la valorizzazione del Mercato del Carmine sono stati stanziati 3 milioni di euro.
Nel marzo 2014 è stato stipulato il protocollo d’intesa con il Comune di Viareggio stipulato per la riqualificazione della Pineta di Ponente, che ha previsto un intervento di 1 milione e mezzo di euro.
Sono 58 gli interventi previsti nell’ambito dell’edilizia scolastica, uno dei punti qualificanti dell’azione svolta dalla Fondazione, rientrati nel bando triennale emanato nel 2013. I fondi, circa 20 milioni di euro, vanno ad unirsi ai 14,5 milioni messi in campo dalle amministrazioni locali. Dalla Garfagnana alla Versilia, gli interventi realizzati sono 26 per un valore di 7,6 milioni di euro, mentre sono ancora in corso lavori in 12 situazioni diverse per un ammontare complessivo di 10 milioni di euro.
Infine nell'ambito del settore sanitario, sono stati stanziati circa 750mila euro per la digitalizzazione del Nuovo Ospedale San Luca e 200mila euro per l’ammodernamento dell’Ospedale Versilia.
© Francesca Sereno
 
 
 
Una nuova sede dedicata ad arte e cultura per Fondazione Prada
La Fondazione Prada apre al pubblico il 9 maggio, in Largo Isarco 2 a Milano, negli spazi di un’ex distilleria risalente ai primi del Novecento. Situato nella zona sud di Milano, il complesso si sviluppa su una superficie totale di 19.000 metri quadri. La Torre, in via di completamento, sarà aperta al pubblico in una fase successiva. Parallelamente alla sede del capoluogo lombardo resterà attiva anche quella di Venezia nel palazzo settecentesco di Ca’ Corner della Regina, aperta nel 2011.
Il progetto architettonico, sviluppato dallo studio OMA di Rem Koolhaas, prevede oltre agli spazi espositivi, un cinema, un teatro, l’archivio di Prada, gli uffici amministrativi. Inoltre ci sarà l’Accademia dei Bambini, uno spazio ideato da Giannetta Ottilia Latis in collaborazione con 18 studenti dell’École nationale supérieure d’architecture de Versailles, sotto la direzione di Cédric Libert ed Elias Guenoun in cui i più piccoli potranno svolgere attività interdisciplinari e laboratoriali per sviluppare l’apprendimento e la creatività.
Negli spazi espositivi sono presentati tre diversi progetti che utilizzano la Collezione Prada come strumento d’indagine e ricerca: «An Introduction» (9 maggio 2015 – 10 gennaio 2016), mostra nata da un dialogo tra Miuccia Prada e Germano Celant, «In Part» (9 maggio-31 ottobre 2015), a cura di Nicholas Cullinan, «Trittico» una strategia espositiva dinamica concepita dal Thought Council (Shumon Basar, Nicholas Cullinan, Cédric Libert).
Il Cinema, invece, ospita un progetto dal titolo «Roman Polanski: My Inspirations». Nel documentario concepito da Roman Polanski per la Fondazione Prada e diretto da Laurent Bouzereau, si ripercorrono le fonti d’ispirazione della sua opera cinematografica. Uno spazio sotterraneo del Cinema accoglie l’installazione permanente di Thomas Demand Processo grottesco (2006-2007), presentata per la prima volta nel 2007 a Venezia. Gli spazi raccolti della Haunted House, un edificio di quattro piani al centro del complesso, accolgono un’installazione permanente concepita da Robert Gober e due lavori di Louise Bourgeois.
Infine il Bar Luce, ideato dal regista americano Wes Anderson e situato nell’edificio d’entrata della nuova sede, ricrea l’atmosfera di uno storico caffè milanese. La decorazione del soffitto e delle pareti riproduce in miniatura uno dei simboli della città, la Galleria Vittorio Emanuele, mentre gli arredi interni in formica, le sedute e il pavimento in terrazzo rendono omaggio al cinema italiano degli anni Cinquanta e Sessanta. © Francesca Sereno

Consigli di lettura. Nella mostra di Enwezor l'estetica non soccombe alla teoria

Venezia. Il colpo di scena, Okwui Enwezor, lo piazza subito, aprendo il percorso della sua mostra «All the World's Futures» al Padiglione Centrale ai Giardini con la parola «Fine», quella che campeggia in una serie di opere di Fabio Mauri. Forse si deve cominciare dal fondo, dall'azzeramento, per ricostruire, o quanto meno ipotizzare un futuro? Mauri, d'altra parte, è un artista che incarna alla perfezione uno dei fili conduttori della mostra, ovvero la riflessione sulla storia e sul ruolo dell'artista come portatore di una responsabilità che non può essere limitata alla forma dell'opera, ma estesa al rapporto tra l'opera e il mondo, nelle sue implicazioni sociali e politiche.
Chi però temesse, memore della documenta curata nel 2002 dallo stesso Enwezor, di dover assistere a una mostra in cui il peso della teoria mortificasse l'estetica, alla Biennale di Venezia dovrò ricredersi.

È vero, il cuore del Padiglione Centrale è stato tramutato in uno spazio polifunzionale privo di opere, una cavea (l'«Arena», come la chiama il curatore), in cui si svolgeranno proiezioni e dibattiti e si leggeranno per tutta la durata della mostra Il Capitale di Karl Marx o testi legati a opere esposte, come, ad esempio, le struggenti pagine di Diary of a Photograher di Joana Hadjithomas & Khalil Joreige, brevi testi che raccontano a parole le immagini contenute nei rullini di un fotografo libanese, Abdallah Farah, mai sviluppati per carenza di mezzi economici e materiali. Però la mostra risulta nel complesso visivamente godibile e varia, con un dosato mix di installazioni, video, fotografia, pittura e scultura. Non mancano sale di forte impatto visivo, come quella dedicata alle totemiche sculture di Huma Bhabha, attorniate dai nuovi, ipnotici dipinti di Ellen Gallagher, o lo spazio occupato da «Dead Tree» di Robert Smithson, un Land­artista dalla forte carica idealistica. A rendere piacevole il ritmo generale al Padiglione Centrale è la compresenza di storia e visionarietà, dramma e utopia. Le pareti della sala di Hans Haacke, ad esempio, sono tappezzate da schemi, statistiche e diagrammi legati a sondaggi (a tema politico, ça va sans dire) effettuati tra i visitatori dei musei, ma al centro un ventilatore gonfia con esiti imprevedibili un velo azzurro trattenuto da lenze da pesca, quasi un'invocazione poetica alla levità e alla trasparenza. C'è il “memento mori” nella sequenza di teschi dipinta da Marlene Dumas, ma anche la libertà e la vitalità della pittrice australiana Emily Kame Kngwarreye, che produce dipinti informali lontani dagli schemi iconografici tradizionali dell'arte aborigena. C'è spazio per visioni apocalittiche nella sala di Thomas Hirshhorn, la cui installazione squarcia il soffitto, o nel video animato «The End of Carryng All» di Wangechi Mutu, ma anche per l'ironia, come nella bella sala di Marcel Broodthaers, dove prende forma una parodia della storia, o come nel jukebox, collocato su uno sfondo infuocato come un'officina infernale, di Jeremy Deller.
Ma è, come sempre alla Biennale di Venezia, lo spazio dell'Arsenale che offre le migliori opportunità ad opere di grande presa visiva. Le Corderie si aprono ad esempio con i neon di Bruce Nauman alle pareti e, a terra, le minacciose «Ninfee» create da Adel Abdessemed con lunghi coltelli conficcati a terra e, più avanti, lo spazio appare squarciato dalle immense “rovine”, quasi l'effetto della caduta di un meteorite, nell'ambiente dedicato a Katharina Grosse. Persino la protesta contro Putin può assumere valenze spettacolari, ed ecco i giganteschi “manichini” dell'artista russa GLUKLYA.
È tuttavia il sonoro a guidare il visitatore alle Corderie: la mostra è scandita dai testi cantati nell'opera di Lili Reynaud Dewar su temi legati alla sessualità, all'attivisimo e alla libertà, dai brani jazz suonati al pianoforte da Jason Moran, dalla “Exquisite Cacophony” di una performace vocale di Sonia Boyce, dai rintocchi della campana di Hiwa K, fusa con i residui bellici trovati in Iraq, dai cori di Voxnova Italia, che per Allora & Calzadilla cantano su musiche da “La creazione” di Haydn, ispirata al Libro della genesi e al Paradiso Perduto di Milton, sino alla campanelle giapponesi dell'opera “Animitas” di Christian Boltanski, che ci ripaga così dei singulti e degli spasmi del suo “L'Homme qui tousse” nel video esposto al Padiglione Centrale.
L'Arsenale è anche, per Enwezor, il luogo adatto per l'arte relazionale e interattiva: Maria Eichhorn invita i visitatori a eseguire dipinti monocromi, Dora García offre loro l'opportunità di interagire con gli attori di una performance, mentre Rirkrit Tiravanija mette in vendita a scopo di beneficenza mattoni con impressa la scritta in caratteri cinesi “Non lavorate mai”, uno slogan situazionista. I mattoni saranno numerati da 1 a 14.086, quelli che servono per costruire una casa per una famiglia non numerosa in Cina.
Un punto di forza della sezione all'Arsenale è infine la presenza di alcune vere e proprie mostre personali. Oltre a quelle di Carlos Basualdo, di Thea Djordjadze, di Qiu Zhijie o dei due urbanisti neoutopisti Rupali Gupte & Prasad Shetty, dobbiamo a Enwezor una bella monografica di Terry Adkins, artista precocemente scomparso attivo ai confini tra scultura e musica. Tutti casi, anche questi ultimi, in cui si dimostra che la forma, se sostenuta da un pensiero forte, non soccombe sotto il peso della teoria, neanche quella, tanto temuta, di un complesso programma curatoriale.

di Franco Fanelli, da Il Giornale dell'Arte, edizione online, 7 maggio 2015