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Non solo Artbonus

  • Pubblicato il: 16/11/2015 - 20:04
Autore/i: 
Rubrica: 
NORMA(T)TIVA
Articolo a cura di: 
Irene Sanesi

 

Stato dell’arte e prospettive della normativa fiscale per i beni culturali

A poco più di un mese dalla conclusione del convegno nazionale dell’UNGDCEC (Unione nazionale giovani dottori commercialisti ed esperti contabili) tenutosi a Mantova (per l’appunto neo-nominata capitale italiana per la cultura 2016) dal titolo “Valore alla cultura. La professione tra arte, business, creatività, start-up”, è tempo di fare un primo bilancio soprattutto in merito agli spunti e alle proposte emerse dal lavoro delle tavole rotonde e degli workshop collaterali. L’occasione è propizia anche per indicare sinteticamente le novità intervenute nello spazio temporale del mese che ci ha preceduto.

Novità
La prima è data dalla pubblicazione in data 15.10 u.s. della Risoluzione 87/E dell’Agenzia delle Entrate, a seguito di un interpello da parte delle Fondazioni bancarie. Sentito il parere ministeriale, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che l’agevolazione Artbonus spetta anche alle Fondazioni bancarie (rilievo soggettivo) ed anche per le fattispecie, peraltro piuttosto comuni, che riguardano l’accollo del debito da parte della Fondazione che si traduce nell’obbligazione relativa al pagamento di fatture per la progettazione e l’esecuzione dei lavori (rilievo oggettivo). L’accollo dunque è assimilato all’erogazione in denaro e di fatto viene inquadrato nel quadro normativo del Codice dei beni culturali, D.Lgs. 42/2004, all’articolo 121, quando si fa riferimento alla possibilità per gli enti pubblici territoriali di stipulare protocolli d’intesa con le fondazioni bancarie le cui finalità statutarie afferiscono a scopi di utilità sociale.
L’altra novità è che il DDL di stabilità di recente approvazione ha reso “stabile” l’agevolazione che originariamente era prevista temporanea a valere sugli anni 2014-15-16 con una percentuale di credito che variava andando dal 65% del primo anno al 50% dei due anni successivi. A questo punto, scomparso il limite temporale, si precisa che la misura del bonus è prevista per il 65% a regime in deroga alle detrazioni e deduzioni precedentemente in vigore (19% detrazione ai fini IRPEF per le persone fisiche e per gli enti non commerciali ai fini IRES, totale deducibilità ai fini IRES per i redditi d’impresa; ai sensi del TUIR). La disciplina appena citata resta comunque in vigore per le casistiche (si pensi all’acquisto di opere d’arte) non contemplate dall’Artbonus.

Le questioni aperte
Anche alla luce di quanto esposto sopra, emergono alcune considerazioni.
Poiché nulla si dice nella risoluzione 87/E in merito alle modalità di comunicazione del credito Artbonus (burocrazia et altro), restano valide le prescrizioni previste nell’istituzione della norma (D.L. 83/14).
Sul punto si è più volte fatto presente come si potesse prendere in prestito -anche per l’Artbonus- la modalità già in essere da tempo riferita alle erogazioni liberali da imprese di cui all’art. 100, co 2, lett. m) del TUIR: quelle introdotte dalla Finanziaria del 2000 relative alla totale deducibilità per fini istituzionali e per programmi culturali. In questo caso è prevista a cura del donatore e del beneficiario una comunicazione molto semplice da inviare telematicamente entro il 31.1 dell’anno successivo alla donazione. Donazione che anche in questo caso è da effettuarsi tramite soggetti in grado di assicurarne la tracciabilità (posta, banca, ecc.) a valere con il criterio di “cassa”.
In merito al volume delle liberalità effettuate con l’utilizzo dell’Artbonus, al convegno di Mantova il sottosegretario Zanetti ha riferito un dato pari a circa 24 milioni di euro, già più alto dei 16 milioni pubblicati pochi giorni prima su Arteconomy. Si comprende come il volume risulti non particolarmente significativo verificando l’analisi dei donatori dove appaiono anche molte società in house della P.A. [che probabilmente avrebbe effettuato l’erogazione liberale anche in assenza di Artbonus beneficiando per esempio del citato art. 100, co 2 lett. m)], oltre a donatori privati (i veri soggetti destinatari dell’agevolazione con un beneficio di gran lunga più incentivante rispetto al passato).
La storia italiana ci racconta, a partire dal 1986, di una crescente attenzione da parte del legislatore fiscale verso i mecenati con l’introduzione di varie norme finalizzate a incentivare imprese e privati, sostenitori della tutela e della valorizzazione. L’aspetto burocratico-amministrativo è ad oggi ancora distinto a seconda della scelta dell’agevolazione: questa per esempio potrebbe essere una prospettiva migliorativa da introdurre. Fare in modo, cioè, che, indipendentemente dall’opzione fiscale adottata (Artbonus, erogazioni liberali varie, ecc.), la modalità di comunicazione da parte di soggetto beneficiario e donatore, sia la stessa, e sia semplice. Sarebbe una piccola rivoluzione davvero nella giungla delle possibilità e porterebbe ad un passaparola diffuso con effetti positivi nel breve e nel medio-lungo termine.
Un aspetto estremamente delicato di cui si invoca la revisione è quanto previsto nel decreto competitività (erogazioni liberali ai sensi del DL 35/2005) dove si contempla la decadenza del soggetto donante dal beneficio fiscale qualora il soggetto beneficiario non adempia agli obblighi previsti (e sono molti): come si può pensare che un soggetto decada da un benefico per il comportamento di un soggetto terzo (oltretutto non controllabile)?
Un aspetto a margine (si fa per dire) è l’inserimento degli investimenti culturali (liberalità, erogazioni, ecc.) tra gli indicatori di redditività del redditometro, lo strumento accertativo dell’Agenzia delle Entrate ai fini della lotta all’evasione. In altre parole, donare è un indice di redditività. Prima ancora di pensare all’inibizione al dono, ci chiediamo quante siano le persone (privati e imprenditori) che sono a conoscenza della cosa, dopodiché andrebbero valutate le conseguenze dell’informativa sul comportamento del donatore. Ma pensiamo sia un mondo sconosciuto e inesplorato ai più.
Andrebbero pertanto previsti meccanismi non automatici: dono=reddito alto e, piuttosto, previsti controlli a campione a consuntivo oppure meccanismi di alert in caso di notevoli sproporzioni fra reddito e liberalità.

Il nodo sponsorizzazioni
Un’altra questione aperta che rischia di limitare il fund raising culturale (ma non solo) afferisce il riconoscimento fra le spese di pubblicità delle spese di sponsorizzazione, in quanto le ultime sentenze della Cassazione stanno invece assimilandole a quelle di rappresentanza con conseguenti perdite di efficacia soprattutto in merito all'inerenza (i costi risultano deducibili nella misura in cui si riferiscono alle attività o ai beni da cui derivano i ricavi e/o gli altri proventi che concorrono alla formazione del reddito imponibile. Quando mai sostenere la cultura potrà essere considerato "inerente" per un azienda?
Circa la loro categorizzazione quali spese di pubblicità o di rappresentanza (da cui consegue il trattamento fiscale) è necessario avere una precisa indicazione da parte del legislatore (il Ministero dei Beni Culturali le individua esplicitamente come di pubblicità ma poi la Cassazione individua ulteriori criteri per qualificarle). È chiaro che l’interpretazione potrà incrementare o diminuire il ricorso a questa forma di "finanziamento" del settore culturale; certo è che stando così le cose, lo strumento giuridico-fiscale della sponsorizzazione rischia di essere obsoleto e soprattutto di rimanere inutilizzato. Mentre invece sappiamo bene quale sia la sua importanza in termini di sinallagmaticità del rapporto, colmando quel vuoto che le erogazioni liberali mai potranno riempire e cioè la possibilità, fatto salvo un pubblico ringraziamento, di stabilire prestazioni e controprestazioni nell’ambito del progetto culturale sponsorizzato.

Andando a concludere
In buona sostanza, l’Artbonus potrà funzionare in un quadro chiaro, semplice e organico delle norme a favore del sostegno alla cultura nel loro complesso.

IRENE SANESI, presidente commissione “economia della cultura” UNGDCEC (unione nazionale giovani dottori commercialisti ed esperti contabili)