Italia Non Profit - Ti guida nel Terzo Settore

Non lo senti che cambia il vento?

  • Pubblicato il: 15/01/2015 - 12:31
Rubrica: 
EDITORIALI
Articolo a cura di: 
Catterina Seia, con la Redazione

Il Giornale delle Fondazioni scrive una nuova pagina della sua storia. Nato nel 2000 da una intuizione dell’editore Umberto Allemandi per fare il punto sulle potenziali quanto necessarie evoluzioni della governance nella gestione dei beni culturali, sulle strategie dei grandi erogatori e sulla discesa in campo di nuovi attori, grazie ai Rapporti Annuali curati con elevata competenza scientifica dalla Fondazione Giovanni Agnelli, è diventato un osservatorio autorevole quanto divulgativo, una voce attesa, un ponte tra settori, un contributo per nuovi paradigmi di collaborazione. Dal maggio 2011, la nuova focalizzazione della FGA su un tema altrettanto urgente, quale l’istruzione, ha portato l’editore a costruire un nuovo team di giovani, eccellenti ricercatori che, con me, accanto a firme del giornalismo e della ricerca universitaria, hanno coltivato l’osservatorio, si sono messi in ascolto, non solo delle istituzioni main stream, ma dei processi di innovazione provenienti dal basso, mettendo in circolo le informazioni attraverso una pagina web.

Un’avventura di studio e di confronto che ha generato, in primis in noi un profondo cambiamento: la qualità delle voci, le reti che abbiamo tessuto, hanno accelerato la nostra comprensione di un mondo in rapida evoluzione - complice la crisi - mutando il modo con il quale, con le altre nostre vite, agiamo nella ricerca applicata, nella pancia delle comunità, su progetti di rigenerazione socio-economica attraverso la cultura.

E’ con questo spirito di responsabilità, con l’ambizione di diffondere informazioni rigorose, laiche, indipendenti ampliando la sfera di indagine alle fondazione culturali nell’accezione più ampia, che cogliamo l’invito del nuovo editore - la Fondazione di Venezia - a proseguire la gestione della testata. Tra gli altri, saranno al nostro fianco la Fondazione Fitzcarraldo e il centro Ask di Bocconi.

Si apre un corso storico colmo di sfide entusiasmanti, nonostante gli scetticismi frutto dei miasmi di capitoli recenti e passati: dall’Expo, alla Riforma del Terzo settore, dell’impresa sociale e del servizio civile e, naturalmente «al significativo cambiamento dell’organizzazione del sistema museale e al forte investimento sulla valorizzazione che ne consegue, per il quale il patrimonio culturale torna ad essere al centro delle scelte di governo», come affermano con fiducia i giovani professionisti museali dell’Icom Italia.

Per rendere i cambiamenti possibili occorrono normative, ma non solo; occorre soprattutto volontà. Di ognuno di noi. Leggeteci. Scriveteci. Ogni mese, uscirà un nostro numero con la newsletter. Ogni settimana aggiorneremo il portale con le notizie. Costruiamo insieme questo giornale di cooperazione.

In questo numero

«Dopo anni di stasi, o meglio ancora di moto apparente», si è aperta l’attesa stagione di interventi sui beni culturali. Con la pubblicazione sull’Economist, un settimanale economico, del bando per attrarre le migliori menti internazionali per la posizione di direttore in venti principali musei italiani, il Ministro Franceschini manda un segnale di centralità delle competenze nel segno dell’efficienza e dell’efficacia nella progettazione delle politiche culturali. La sfida non è tra statalisti e liberisti. Senza derive economicistiche, il DM del 23 dicembre scorso «definisce diverse specializzazioni e responsabilità» per anni lungamente trascurate. Per la prima volta l’Italia «ha regolato l’organizzazione e il funzionamento dei musei statali (..), dando dignità giuridica al museo», come afferma Stefano Baia Curioni che siede nella supercommissione del Ministro e non nega i numerosi nodi da sciogliere (Sole 24 Ore dell’11.1.2015). «La sfida è strutturare in tempi brevi, piani di gestione dettagliati, dando vita a politiche che incentivino cultura e innovazione».

Il rischio che anche questo sforzo rimanga tra gli slogan è ancora forte, ma è un tentativo che nelle intenzioni, nei tempi e nei metodi merita rispetto, partendo dalla lirica, settore analizzato dalla prof.ssa Paola Dubini. I proff. Marco Cammelli (anticipando l’editoriale in prossima uscita sulla testata giuridica Aedon del Mulino, che dirige), Pier Paolo Forte, Fabio Donato, alla luce delle proprie esperienze sulle politiche culturali ci portano riflessioni sulla relazione centro-periferia e sulla partita che si sta giocando. «Cominciano ad emergere alcune dorsali e linee portanti (come la trasparenza, il rilievo riconosciuto alla gestione operativa, il criterio della separazione tra line e funzioni strumentali o di staff quale premessa della ridefinizione funzionale e organizzativa di entrambe anche in termini di concentrazione, la responsabilizzazione dei dirigenti e la verifica del loro operato) determinanti per l'intero sistema amministrativo ma cruciali e con ricadute ben precise per il segmento delle attività e dei beni culturali a cominciare dal Mibact», ci dice Cammelli.

«Due le principali direttrici di intervento, promozionale, mirante cioè ad attrarre risorse in senso lato al settore, e di innovazione nel settore culturale e turistico, dal rinnovamento tecnologico e informatico al miglioramento della qualità recettiva, fino a comprendere percorsi e itinerari turistici, concessioni (..) e in breve varie forme di sostegno alla ricaduta della valorizzazione del patrimonio culturale, e dunque anche del paesaggio, in termini organizzativi, funzionali e di apertura a imprese di giovani e meno giovani operanti in materia».

Una partita che condizionerà il comportamento di attori pubblici e privati sulla scena. Luci e ombre, come indica Irene Sanesi, commentando l’art bonus che dovrebbe attrarli. A livello internazionale, dovremmo riportare la lancetta indietro di un secolo, ai «baroni» Frick, Morgan e Huntington, scrive The Art Newspaper, per leggere una tale vitalità di privati sulla scena dell’arte internazionale.

Un movimento che potrebbe ispirare anche il nostro Paese, che quest’anno con l’Expo darà grande spazio alla società civile. Il non profit sarà nell’unica struttura che continuerà a vivere anche dopo il primo novembre di quest’anno: il complesso di 7900 mq di Cascina Triulza, costituita in Fondazione, con lo statement «Exploding», destinato a diventare punto di incontro sui temi Expo. Il non profit sarà visibile come una nazione. 361 eventi già in calendario. Una compagine di 62 realtà in rappresentanza di 4 milioni di associati, esperti in sviluppo sociale e start up per un Expo diffuso, un moltiplicatore di idee e di imprese. Ai tavoli tematici sono arrivati ben 1500 progetti. La cultura come energia di nuova economia. Un Expo che, grazie a Fondazione Cariplo, chiamerà a raccolta i grandi enti filantropici internazionali. Tutto questo nonostante le cadute etiche che purtroppo ci connotano. Legittimo scetticismo, ma reti che creano e si allungano, come ci raccontano Carola Carazzone, con competenze nella cooperazione, neo segretario generale di Assifero, che riunisce 100 grandi enti filantropici. Nel contempo gli attori privati valutano sempre più l’impatto sociale delle proprie strategie (Alessandro Bollo, Fondazione Accenture), forme alternative di partecipazione (Luca Martelli), si aggregano (Patrizia Sandretto) per acquisire peso sui tavoli delle decisioni. Leggiamo questo indirizzo anche in settori ancora da scoprire, come la Fondazione dei beni culturali ebraici. Le strategie di intervento in pochi anni sono radicalmente mutate. Il redde rationem della crisi ha fatto pulizia anche e soprattutto tra le fondazioni di origine bancaria, 88, molto diverse tra loro. Esempi virtuosi non mancano in un comparto discusso, i cui apporti ai destini delle politiche territoriali sono innegabili. Uno per tutti, la Compagnia di San Paolo con Luca Remmert. Il semestre italiano di Presidenza Europeo si sta concludendo, con molte dichiarazioni, come nello «stile della casa», ma senza forti goal. Facciamo il punto sul percorso comunitario con Erminia Sciacchitano, esperto Mibact distaccato a Bruxelles. Un percorso al quale non possiamo non credere, con una Commissione Cultura capitanata da Silvia Costa che ha dimostrato nel campo in questi anni una forza da mastino. 

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