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Le proposte di Federculture per incoraggiare cultura e turismo

  • Pubblicato il: 15/07/2015 - 14:46
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Articolo a cura di: 
Francesca Sereno

La presentazione dell'11° Rapporto Annuale di Federculture dell'8 luglio a Roma, presso la Sala Accademica del Conservatorio di Musica Santa Cecilia è stata un’occasione per aggiornare la fotografia del panorama culturale italiano: cresce la spesa delle famiglie in cultura, ma anche l'astensione (nell'ultimo anno un quinto degli Italiani non ha partecipato ad alcuna attività culturale)

 
 
Alla presenza del Ministro Franceschini e del direttore della Rai Luigi Gubitosi, il presidente di Federculture Roberto Grossi ha esposto i dati della ricerca annuale di Federculture con  alcune proposte per il rilancio del settore turistico-culturale del Paese.
Un primo segnale confortante è la crescita della spesa in cultura e ricreazione delle famiglie italiane (+2%) e della fruizione culturale: +5,8% le visite a siti archeologici e monumenti, +2,2% la partecipazione a concerti e teatro. Un aumento della spesa culturale praticamente quadruplo rispetto a quello della spesa familiare complessiva: +2% contro +0,5%.
Permangono però ancora dati allarmanti sulla vita culturale del Paese: dai dati elaborati da Federculture emerge che circa un quinto degli italiani (19,3%) non partecipa a nessuna attività culturale. Percentuale in crescita - nel 2010 era pari al 15,2%, - che raggiunge picchi del 30% nelle regioni del Sud Italia.  La situazione è ancora più critica se si osserva che in dieci anni (2005/2015) nelle università italiane c’è stata un’emorragia di oltre 66mila iscritti, il 25% in meno.
Per fare fronte alla contrazione dei consumi culturali, Federculture propone di introdurre una leva fiscale (ad esempio crediti fiscali per chi acquista un abbonamento teatrale) per agevolare il cittadino rispetto alla scelta di spesa in cultura e di istituire degli standard riconosciuti di qualità dei siti culturali (una sorta di «bollino blu») per incentivare la fruizione.
I dati presentati in questa sede ci dicono che il turismo culturale è in crescita. I flussi turistici nelle città d’arte incidono sul totale delle destinazioni turistiche per il 36% in termini di arrivi e per il 27% come presenze, con un trend di aumento costante negli anni e con una performance che è la migliore tra i diversi segmenti turistici.
Ma, secondo i dati forniti da Federculture, il nostro Paese non sembra cogliere le opportunità derivanti dalle risorse paesaggistiche culturali: l’incremento dei viaggiatori stranieri in Italia è stato solo del 2,2%, la metà della crescita turistica in Europa pari al 4,5%. Nelle regioni del Sud, dove è presente il 25% del patrimonio culturale nazionale, arriva appena l’8,3% degli stranieri che visitano il nostro Paese. In termini assoluti nel 2014 sono stati 8,4 milioni, meno di quanti ne siano arrivati nella sola Toscana, 8,6 milioni. Gli arrivi turistici sono, peraltro, fortemente concentrati: l’80%, vale a dire 6,7 milioni, interessano Campania, Puglia e Sicilia. In controtendenza con queste cifre è Matera, dove negli ultimi tre anni i visitatori sono aumentati del 55%. «La proclamazione a Capitale Europea della Cultura per il 2019 – afferma Roberto Grossi - rappresenta l’esempio di un Sud che funziona e che punta la sua scommessa sul merito, sulle competenze e sul valore della progettazione».
La fotografia di Federculture mette in luce la contrapposizione tra un'«Italia inefficiente» in cui le risorse sono male utilizzate (tra queste viene citato  il caso del resort costruito per il G8 alla Maddalena lasciato nel degrado per il quale sono stati spesi 470milioni di euro)  e un'«Italia virtuosa» dove una rete di imprese culturali (il Piccolo Teatro di Milano, il Museo Egizio di Torino, i Musei Civici di Venezia, Fondazione Romaeuropa per citarne alcuni), a fronte della crisi in atto e del crollo delle risorse pubbliche e private, sono riuscite a mantenere alti i livelli di qualità produttiva, a salvaguardare l’occupazione e a gestire con efficienza beni e servizi a loro affidati.
E c'è anche un'«Italia che ha voglia di cambiare» fatta di quei casi come il centro artistico-culturale Farm Cultural Park a Favara in provincia di Agrigento, dove il centro storico è stato recuperato grazie a un progetto di ristrutturazione degli edifici destinati ad attività’ artistiche e culturali realizzato da privati, o del comune di Gangi in provincia di Palermo dove per rivitalizzare il borgo antico sono state vendute le case al prezzo simbolico di 1 euro con l'obbligo di ristrutturazione entro tre anni raggiungendo 2.000 richieste e circa 100 contratti stipulati.
La ricetta di Federculture per incentivare i modelli virtuosi è di «recuperare la piena autonomia dei soggetti che producono cultura rispetto a una burocrazia soffocante e a una politica invasiva» e «porre mano a un riordino del sistema dell’offerta culturale del nostro Paese con poche ma rigorose norme e con una logica premiale, anche nell’erogazione delle risorse, per i soggetti che ben amministrano i loro enti».
Permane la contrazione delle risorse pubbliche e private destinate al finanziamento delle attività culturali. L'investimento dello Stato in cultura nel 2014 è stato di circa 1.500 milioni di euro (pari allo 0.13% del PIL) contro i 2.800 del 1998 (pari allo 0,25% del PIL), così come il Fus, che superava i 500 milioni di euro nei primi anni del millennio, dal 2009 si è stabilizzato intorno ai 400 milioni. Diminuiscono del 18% gli investimenti delle Province, che tuttavia hanno perso le competenze in cultura, mentre cresce del 2,8%, la spesa in cultura dei Comuni, pari a circa 2 miliardi l’anno.
Anche il contributo economico dei privati si riduce: le erogazioni liberali da privati e imprese alla cultura passano da 60,9 milioni di euro nel 2008 a 36,8 milioni nel 2013 (ultimi dati disponibili) e gli interventi in arte e cultura delle fondazioni bancarie sono diminuiti del 12% in un anno e del 49% dal 2008.
Nonostante le risorse pubbliche siano al minimo storico, viene riconosciuto al Mibact di avere intrapreso dei primi passi per rilanciare turismo e cultura: i manager nei musei, le domeniche gratuite nei musei statali, l'art bonus, il tax credit per il cinema, l'introduzione della Capitale Italiana della Cultura, l'accordo con il Miur per scaturire progetti di ricerca per la tutela e valorizzazione del patrimonio culturale italiano.
E se l’Art Bonus è una misura importante, è tuttavia necessario garantire al settore culturale da parte delle amministrazioni statali e locali livelli di finanziamento adeguati e saper stimolare nuove forme di partecipazione collettiva. Federculture propone per questo la realizzazione di una piattaforma di crowdfunding nazionale che dia la possibilità di finanziare in modo organico i progetti promossi sui territori attraverso una rete, anche internazionale.
«C’è una voglia di cultura che va incoraggiata - conclude Roberto Grossi – e che è la vera a propria carta vincente per rilanciare la crescita, ripartendo dalla produzione artistica, migliorando l’offerta culturale per favorire la partecipazione delle famiglie. La cultura è la medicina che può curare i tanti mali che il Paese attraversa ed è l’unica moneta di scambio che può arricchire tutti senza togliere nulla ad altri. Anche di fronte ai grandi avvenimenti dell’oggi - la crisi greca, le migrazioni, i nuovi muri - l’arte, la cultura e il federalismo delle idee ci possono portare verso una società aperta, più avanzata, migliore».
 
Per approfondimenti: http://www.federculture.it/xi-rapporto-annuale-federculture/
 

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