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Le Istituzioni della Cultura

  • Pubblicato il: 27/05/2013 - 09:16
Autore/i: 
Rubrica: 
OPINIONI E CONVERSAZIONI
Articolo a cura di: 
Francesco Moneta
Alberto Garlandini - Presidente di ICOM Italia

ICOM – International Council of Museums - è la principale organizzazione internazionale dei Musei e dei Professionisti museali, ovvero gli Enti e gli Operatori culturali impegnati a preservare, ad assicurare la continuità e a comunicare il valore del patrimonio culturale mondiale. Il Comitato Nazionale italiano di ICOM è la principale associazione professionale del settore museale in Italia.
Abbiamo incontrato Alberto Garlandini - Presidente di ICOM Italia, recentemente rieletto per un nuovo mandato – per conversare soprattutto sui temi inerenti il Bando ARS, ovvero la situazione occupazionale del settore, in Italia, che conta circa 5.000 Musei e oltre 40.000 professionisti museali, di cui un quarto impegnati nei Musei statali, e gli altri nelle strutture Museali pubbliche e private non statali.

Come possiamo sinteticamente descrive il mercato del lavoro nel comparto dei Musei italiani?
E’ un mercato che nell’ultimo decennio ha subito una profonda evoluzione. Allora l’operatore del Museo – impegnato sia negli aspetti gestionali che in quelli scientifici e di ricerca – apparteneva sostanzialmente alla cultura del dipendente pubblico: posto garantito, scarsa mobilità, accesso per concorso. Negli ultimi anni tutto è cambiato: solo il 10% dei Musei italiani è gestito dallo Stato, il 50% è di competenza degli Enti locali – i Comuni innanzitutto – e il 40% ora è gestito da Privati (organizzazioni ecclesiastiche, fondazioni, associazioni culturali, etc). Il processo di esternalizzazione dal pubblico al privato è tutt’ora in corso, ma lo scenario si è già sostanzialmente modificato. Fino ad oggi peraltro non possedevamo dati e informazioni strutturate: gli unici dati disponibili erano, appunto, quelli relativi ai Musei statali. Ora abbiamo organizzato una Indagine nazionale sul comparto museale, in collaborazione con ISTAT, che ci fornirà le informazioni di cui disponevamo solo induttivamente, o in modo disaggregato.

Quindi il settore dei Musei si è profondamente modificato nella struttura: questo che cosa ha comportato in termini professionali?
Oggi è un comparto popolato ancora da dipendenti, ma in misura crescente da liberi professionisti, spesso a Partita IVA, che rappresentano una componente significativa del Terzo settore, delle Imprese non profit e delle Imprese sociali. E’ un mondo necessariamente più meritocratico, dove si sopravvive grazie alla professionalità ma anche, e soprattutto, alla passione e alla determinazione nel volersi dedicare a questo, nonostante tutto.
E’ un modo caratterizzato da professionalità diversificate, conseguenza naturale del fatto che oggi i Musei non sono più dedicati principalmente alla conservazione, ma sono luoghi di valorizzazione, educazione, accoglienza, produzione culturale. Quindi alle classiche attività scientifiche e curatoriali si sono aggiunti i professionisti della comunicazione, del fundraising, della didattica, della produzione di eventi che sempre di più caratterizzano anche l’attività dei Musei.

Anche questo è un settore in crisi?
Il settore dei Musei ha conosciuto un’epoca di forte espansione, che solo ora da segni di  rallentamento. Si sono realizzati numerosi nuovi Musei, grazie al riconoscimento del loro ruolo sociale, culturale e identitario – e talvolta turistico - da parte delle comunità territoriali. Ora i nuovi Musei rispondono a esigenze mirate, quelli che aprono ora sono stati progettati ancora nell’era pre-crisi. Alcuni stanno chiudendo, altri rimangono aperti solo formalmente, ma non sono certo caratterizzati da politiche gestionali di sviluppo. Resistono i Musei d’Impresa, grazie alle risorse delle Aziende che essi rappresentano, se le Aziende non conoscono crisi profonde. Certamente la crisi impatta sull’occupazione, nel senso che sta fortemente diminuendo l’occupazione permanente, e si lavora solo con incarichi a tempo, o a progetto. Anche qui la precarietà è lo stato professionale ricorrente.

Questo immagino abbia conseguenze anche sulla qualità professionale espressa nel suo insieme da questo comparto…
La precarietà in questo caso è sinonimo di discontinuità, in un settore – quello della produzione di contenuti culturali – che invece dovrebbe poter contare su progetti di ampio respiro, continuità delle politiche di conservazione ma soprattutto di divulgazione. Si dovrebbero esternalizzare solo le attività produttive, non i nuclei di pensiero. Invece questa volatilità delle competenze disponibili porta inevitabilmente a un depauperamento del capitale professionale disponibile. C’è anche il problema della formazione: una volta chi entrava in un Museo poteva contare su un solido know-how interno, e si poteva imparare lavorando, dove le contaminazioni professionali erano fonte di arricchimento. Ora da chi imparano i nuovi entrati, se i loro referenti sono essi stessi in situazione di precarietà? Ripeto, oggi si lavora nei Musei solo grazie alla forte motivazione e alla passione degli Operatori che vogliono partecipare alla sfida di migliorare un settore di grandissimo potenziale, la cui espressione è solo temporalmente bloccata dalla crisi generale.

ICOM è un importante osservatorio internazionale: da questo punto di vista, come si rapportano i professionisti dei nostri Musei, rispetto all’estero?
Purtroppo, per i motivi detti prima, il livello di qualità della nostra formazione è scarso. Da noi la formazione museale segue ancora principalmente dinamiche teoriche, non sempre in grado di interpretare la realtà dei Musei di oggi.
Altrove ci si rapporta con i casi concreti, con l’innovazione, con la necessaria interdisciplinarietà, con tematiche di gestione economica e manageriale, con l’uso delle nuove tecnologie per la valorizzazione e divulgazione dei nostri beni culturali.

Come considerate in questo contesto il Bando ARS?
E’ una iniziativa nuova e importante, proprio perché focalizzata sulla valorizzazione dei Beni culturali, e sulle relative implicazioni occupazionali. Riguarda una delle tematiche centrali della nostra «Economia della Cultura».

Francesco Moneta è consulente di comunicazione dimpresa, fondatore di The Round Table e di Cultura + Impresa

Fonte: Forum ARS