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Le industrie creative driven, fuori dalla trappola della retorica

  • Pubblicato il: 15/10/2018 - 00:05
Rubrica: 
DOVE OSA L'INNOVAZIONE
Articolo a cura di: 
Alessandro Crociata. Economista Culturale e Assistant Professor in Economia Applicata presso il GSSI - Gran Sasso Science Institute, L'Aquila.
A LuBeC 2018, il forum promosso da Fondazione Promo-PA un confronto sui framework per sviluppare l’incontro tra cultura, creatività e impresa, nell’economia della conoscenza. Un cambiamento radicale che richiede nuovi paradigmi di sviluppo nell’era post-industriale per arena competitiva, possibilità tecniche di produzione e fattori istituzionali.
L’economista della cultura Alessandro Crociata, che condurrà la riflessione, anticipa i temi.

Il LuBeC – Lucca Beni Culturali, il forum internazionale dedicato allo sviluppo della filiera beni culturali – tecnologie – turismo, che si svolge ogni anno a Lucca, ospita in questa edizione un workshop dedicato alle industrie creative-driven. Al di là del fascino legato a quella che sembra essere una nuova etichetta, la giornata di lavoro serve a chiarire come la cultura e la creatività possano dialogare con le logiche d’impresa senza cadere nella trappola della retorica, che troppo spesso monopolizza lo spazio della riflessione.

La riflessione parte da fatti stilizzati, vale a dire da una serie di comportamenti che presentano una generale regolarità, e tali fatti collocano il ragionamento nello spazio disegnato dai nuovi paradigmi di sviluppo d’impresa, post-industriale per arena competitiva, possibilità tecniche di produzione e fattori istituzionali. L’emergere di questi paradigmi segna, in maniera sufficientemente significativa, un esteso processo di ri-orientamento dei sistemi socio-produttivi verso modelli basati sul rapporto tra cultura, creatività e innovazione quale fonte vantaggio competitivo.

Nel corso degli ultimi anni un acceso dibattito sulla componente culturale e creativa di un sistema economico ha registrato molti contributi: a carattere concettuale, teorico, tassonomico, meno a carattere empirico. Siamo passati dall’impresa culturale a quella creativa fino a quella creative-driven. Queste ultime possono essere un’unità di analisi interessante per rispondere alla domanda di ricerca che il workshop del LubeC vorrebbe affrontare. Queste imprese pongono la cultura come un proprio input nel processo produttivo che non solo arricchisce l’output di significati, ma contribuisce in maniera unica e specifica a determinare il processo produttivo stesso. Ciò detto, lo sforzo di indagine deve oggi far emergere i nessi causali tra cultura e processo produttivo, deve tentare di codificare, e implementare gli effetti che scaturiscono dal contatto fra due elementi che possono distinguere un sistema economico tradizionale da uno invece a base culturale e creativa.

Cosa distingue i due sistemi? Il modello di relazione tra impresa e cultura. Nel sistema economico tradizionale tale relazione è caratterizzata dall’approccio mecenatistico. Il contatto con la cultura è laterale rispetto alle logiche di funzionamento della produzione e si manifesta attraverso la sponsorizzazione che rappresenta per l’impresa un veicolo di impegno sociale, una manifestazione di una sensibilità culturale da parte dell’imprenditore ma un’azione funzionale alle sole reputazione e immagine aziendale. Questo approccio se, nei casi più felici, ha (avuto) effetti positivi nel rispondere alla progressiva attenzione da parte dei consumatori che chiedono conto di cosa e di come le imprese producono, non è in grado di affrontare le nuove sfide competitive che si basano sempre più sulla risposta al bisogno simbolico e identitario che guida il complesso modello di acquisto e consumo e alla continua spinta innovativa richiesta dal mercato. Due fattori imprescindibili per le attuali logiche competitive che hanno sempre meno contatto con i progetti di sponsorizzazione orientati per loro natura alla generazione di un indiretto prestigio sociale di impresa. In un sistema socio-produttivo a base culturale e creativa, invece, la cultura assume rilievo in virtù della sua capacità di produrre valori mediante significati, scambiati in un mercato globale dove conta sempre meno il valore d’uso dei prodotti (il prodotto per quello che è) e conta sempre di più la valenza simbolica ed evocativa che esprimono e raccontano i beni e le esperienze di servizio. Ciò richiede un capovolgimento del modello relazionale tra cultura e impresa. Nel sistema economico tradizionale la cultura si colloca alla fine della filiera produttiva, perché la produzione di valore economico precede il suo impiego in ambito culturale. La cultura in questo modello non produce ricchezza, ma la assorbe essendo uno dei tanti mezzi di destinazione della ricchezza. In un sistema socio-produttivo a base culturale e creativa, nel quale trovano spazio le imprese creative driven, la cultura si colloca come componente essenziale della prassi produttiva, ne ri-orienta il funzionamento in maniera continua attraverso la produzione di significato e di senso. In questo caso la cultura non assorbe, ma genera ricchezza che si traduce in una visione etica del lavoro e che fa riferimento all’attività fisica e intellettuale necessaria per arrivare al disegno del prodotto da un lato e all’organizzazione aziendale che ne consente l’espressione dall’altro.

A livello teorico e concettuale il dibattito è arrivato a questo punto ma bisogna scendere al livello operativo. Definire un framework o modello operativo, aprire la black box che è l’impresa creative driven per capire qual è l’operatore attraverso il quale analizzare i nessi causali e provare a codificarne gli effetti per ottenere davvero un risultato in termini di concretezza. Un framework non ha la pretesa di assumere un ruolo generalizzante, vale a dire stabilire una maniera univoca di comportamento ma ha il pregio di essere un ancoraggio operativo, utile ad indirizzare il difficile lavoro di comprensione e di possibile funzionamento del rapporto tra cultura, creatività e impresa. Esso ha una potenza esplicativa insita nel focalizzare i meccanismi attraverso i quali emergono connessioni inedite ma soprattutto poco codificate, tra i campi di due mondi solo apparentemente distanti: quello culturale e quello imprenditoriale. Un approccio che mira a stabilire e formalizzare i nessi causali che si basa sulla dialettica dell’incontro. È infatti nell’incontro, nel confronto, nello stare a contatto che si genera una prossimità relazionale che può diventare scambio di identità, di valori, di modi di concepire la realizzazione di un prodotto tanto artistico culturale tanto industriale.  Un framework permette di veicolare l’incontro su un sentiero di comune intendimento di fornire una grammatica comune per avviare un fecondo scambio di conoscenza che nei casi più felici si trasforma in apprendimento localizzato all’interno di un momento relazionale che le imprese possono favorire. Dalle considerazioni introdotte, l’operatore che permette di articolare un framework per sviluppare l’incontro tra cultura, creatività e impresa è il capitale culturale delle risorse umane impiegate nell’impresa nel suo complesso e nel processo produttivo nello specifico.

Un possibile percorso da seguire è quello del KEA report della Commissione Europea: “The Impact of Culture on Creativity” che fornisce un utile framework per delineare i nessi di cui sopra. L’approccio sostenuto è quello di microfondare lo sviluppo a base culturale e creativa a partire dall’impatto che la cultura e la creatività esercitano sui singoli agenti (forza lavoro, imprenditori, stakeholders). In altri termini, un sistema socio-produttivo orientato in tal senso, si basa su individui che siano intrinsecamente motivati ad acquisire nuove conoscenze, e dunque nuove capacità (o skills), a sperimentare il nuovo mettendo in atto progetti cooperativi complessi con il settore culturale e a sviluppare, così, forme di integrazione creativa, tra cultura/creatività e impresa. Questi processi sono resi possibili perché la cultura è legata alla capacità delle persone, in particolare gli artisti, di pensare in modo immaginativo o metaforico, di sfidare il convenzionale e di invocare il simbolico e l'affettivo per comunicare dando luogo a processi creativi. Questa forma di creatività ha, dunque, la capacità di rompere le convenzioni, il solito modo di pensare, per consentire lo sviluppo di una nuova visione, un'idea o un prodotto.

Per emergere la creatività basata sulla cultura richiede:

° LATERAL THINKING SKILLS: capacità personali (capacità di pensare lateralmente o in modo non lineare, per essere fantasiosi).
 

° ARTISTIC SKILLS: abilità tecniche (abilità artistiche o artigianali).

° CONDUCIVE ENVIRONMENT: un ambiente sociale (un contesto sociale attraverso in particolare l'istruzione e l'apprendimento che incoraggia e apprezza la creatività e un'economia che investe in cultura e creatività basata sulla cultura).

 

Questi tre elementi/nessi causali saranno dunque il primo riferimento per la riflessione che si svolgerà a LubeC il 5 ottobre. La natura aperta e in divenire di un workshop può sollevare attraverso un confronto tra ricerca, componente culturale e mondo produttivo notevoli spunti. Tanto la dimensione individuale del lavoratore quanto quella di gruppo e atmosfera nei luoghi deputati alla produzione caratterizza la definizione dei prodotti, dei processi e degli spazi organizzativi. Tali implicazioni vanno dall’identità personale del capitale umano, una nuova percezione di sé al lavoro, al proprio gruppo di riferimento e alla propria organizzazione. Da un lato il legame affettivo e motivazionale è alla base per un comportamento lavorativo positivo ed efficace, dall’altro l’esplorazione del mondo culturale, riesce a sollevare interrogativi, formulare ipotesi, scenari, dare accesso a forme di conoscenza meno rigidamente strutturate. Tutto ciò è attualmente alla base di percorsi di ricerca sulle determinanti dei comportamenti pro-attivi nelle imprese in cui in cui la razionalità dei processi produttivi, che erodeva margini crescenti di libertà e di possibili contributi creativi, lascia spazio a inedite sperimentazioni in grado di generare un percorso di apprendimento collettivo localizzato all’interno dell’impresa creative driven.