Le «Gestioni autonome» della cultura: sì al rigore, ma senza distruggere la parte sana ed efficiente del sistema. Tagli lineari è la risposta del Governo tecnico
Panico e smarrimento tra gli amministratori locali. Governatori e assessori alla cultura regionali sono alle prese con un'apparentemente abbastanza disperata campagna per sottrarre alla mannaia le fondazioni, le agenzie e le società di servizi culturali.
Non si discute sia fondamentale un maggior sistema di controlli e accountability, che occorra ridurre sprechi e inefficienze, che necessitino nuove regole di governance, ma il DL 95 del 6 luglio, detto «Spending review», porta il titolo «Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini», non sarà tale e non discrimina tra realtà deboli e virtuose.
Gli effetti saranno pesanti e non solo in termini di minori introiti pubblici. Se la linea governativa dovesse passare, si imporrà una riflessione radicale sulle politiche locali, pena l'indebolimento ulteriore del settore culturale a «danno della qualità della vita dei cittadini, della diffusione di conoscenza, ma anche dell'economia reale e della competitività del Paese», dice Roberto Grossi, Presidente di Federculture che con Anci è al lavoro per predisporre emendamenti che ci fanno comprendere la rilevanza della posta in gioco.
Azzera di fatto le esperienze positive di gestione autonome, ovvero i soggetti giuridici, quelle aziende di «servizio pubblico», gestori di beni e attività culturali (musei, teatri, parchi e biblioteche) creati dagli enti locali che, seppur nell'eterogeneità della qualità e dei risultati, negli ultimi quindici anni hanno strutturato il sistema di offerta culturale e turistica del Paese.
Contenitori giuridici che, grazie alla presenza nella compagine sociale di soggetti, anche privati, diversi dell'ente locale, hanno significato l'avvio di un processo necessario di crescita delle competenze nel management culturale, integrando compiti svolti dal pubblico con risorse, e non solo economiche, del privato.
Cosa accadrà?
L'art. 4 impone lo scioglimento o l'alienazione di tutte le società partecipate da pubbliche amministrazioni e fa divieto agli enti quali associazioni e fondazioni di ricevere contributi pubblici.
L'art. 9 prevede la soppressione e l'accorpamento da parte di Comuni, Province e Regioni di enti di qualsiasi natura giuridica che svolgano funzioni e il divieto ad istituire enti di qualunque natura giuridica che svolgano funzioni fondamentali ed amministrative previste dagli articoli 117 e 188 della Costituzione.
Vengono soppressi e ricondotti nell'apparato burocratico (art. 12 comma 59) la Fondazione Valore Italia che, senza contributi pubblici, ha promosso le piccole e medie imprese italiane del design, settore per il quale siamo paese leader per l'export nel G8 (19 miliardi) e il Centro Sperimentale diCinematografia che rappresenta la più importante istituzione italiana di insegnamento, ricerca e sperimentazione nel campo della cinematografia.
E' atteso per la settimana il momento della verità.
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