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La spontaneità del segno

  • Pubblicato il: 31/08/2012 - 09:26
Autore/i: 
Rubrica: 
DAL MONDO
Articolo a cura di: 
Chiara Tinonin

Parigi. Parigi è la capitale mondiale con il maggior numero di gallerie d’arte (1.046), biblioteche pubbliche (830), locali di musica dal vivo (423) e cinema (302). Il quadro emerge dallo studio «World Cities Culture Report 2012» commissionato dal Sindaco di Londra alla BOP Consulting per comparare lo scenario culturale e creativo di 12 capitali mondiali - Londra, Berlino, Istanbul, Johannesburg, Mumbai, New York, Parigi, San Paolo, Shanghai, Singapore, Sydney e Tokyo.
Al centro dello studio, la volontà di misurare la dimensione culturale e creativa delle 12 capitali (attraverso 60 indicatori suddivisi in «infrastruttura culturale e output culturali», «consumo e partecipazione culturale» e «dati di contesto») ponendola al centro dello sviluppo economico e sociale dei territori. «La cultura, in tutte le sue differenti forme, ha un ruolo centrale nel rendere una città attraente, nell’educare le persone e quindi consentire alle imprese di impiegare personale sempre più qualificato» si legge sul dossier.
Lo spunto più interessante della ricerca, però, riguarda la necessità di combattere uno degli aspetti sociologici più critici del mondo globalizzato: il processo di omogeneizzazione delle grandi capitali internazionali, secondo il quale le grandi città diventano sempre di più luoghi molto simili tra loro. «Ciò che collega le città sono il commercio e la finanza. Ciò che le rende diverse tra loro è la cultura» avverte il dossier, indicando come gli investimenti culturali diventino importanti competenze distintive di un territorio, tanto più differenzianti quanto più le proposte culturali sono diversificate, variegate.

Parigi sembra averne preso consapevolezza. Fino a metà ottobre, passeggiando dalla rive gauche verso Montparnasse, alla Fondation Cartier – uno dei luoghi più istituzionali dell’arte contemporanea in città – si può visitare la mostra «Histoires de voir: Show and Tell» una collettiva di oltre 40 artisti provenienti dai circuiti alternativi all’establishment dell’arte contemporanea internazionale.
Nello splendido spazio espositivo di 1200 metri quadrati progettato da Jean Nouvel (tra le sue creazioni parigine anche gli edifici dell'Institut du Monde Arabe e del Musée du Quai Branly), la mostra espone opere di artisti brasiliani, indiani, africani e asiatici, lontani dai riflettori del mercato globale. Con oltre 400 opere, tra dipinti, sculture e video, la mostra «mira a liberare lo sguardo per vedere da un altro punto di vista, per dare voce ad artisti e comunità di artisti che guardano il mondo con meraviglia» spiega Alessandro Mendini, tra i nostri architetti e designer più illustri nel mondo, curatore del progetto espositivo. «L’idea di analizzare le arti che non sono quelle del mondo ufficiale occidentale mi ha interessato per tutta la vita» continua Mendini che, anche per questo progetto, ha «seguito la mia specializzazione nell’arte antropologica, cioè nell’interpretare l’arte come un fatto spontaneo della società. Nel fare la loro arte, ciascuno di questi artisti racconta la propria autobiografia, esprime la sua letteratura, il suo romanzo… Ho cercato di caratterizzare per ciascuno un racconto, per cui la mostra è un insieme di racconti di vite estetiche…».
Fondata nel 1984 per promuovere l’arte contemporanea e sensibilizzare l'opinione pubblica su i suoi diversi linguaggi, la Fondation Cartier pour l'art contemporain è una delle più importanti e prestigiose fondazioni d’impresa francesi. Ogni anno realizza un programma di mostre monografiche o tematiche, e commissiona nuovi lavori arricchendo la propria collezione. Quest’anno, inoltre, è ricchissimo il programma delle «Notti nomadi»: incontri e dibattiti sulle nuove contaminazioni tra le arti visive e quelle performative. Per comprendere, pensare, progettare l’inedito.

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