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La Fondazione De Verdieping di Amsterdam chiude i battenti, ma lo fa in grande stile

  • Pubblicato il: 10/07/2014 - 14:47
Autore/i: 
Rubrica: 
Dal Mondo
Articolo a cura di: 
Micole Imperiali

Amsterdam (Olanda). La Fondazione De Verdieping di Amsterdam, nata nel 2010 con l’intento di programmare il maggior numero possibile di eventi culturali con il minor apporto di mezzi a disposizione, ha sede all’interno di Trouw, un famoso nightclub, ma anche location per mostre, eventi interdisciplinari e ristorante. Situato sulla Wibautstraat, in quella che era la stamperia di un gran numero di testate nazionali, la struttura in questi anni è stata meta fissa di studenti, artisti, media specialist, architetti, designer, blogger, e imprenditori culturali di vario genere che hanno condiviso idee e spazi nel perfetto incontro di cibo, musica e arte.
Proprio alla Fondazione De Verdiepingil club Trouw ha affidato la programmazione culturale destinata agli ospiti del ristorante e del night, collaborazione che ha portato alla realizzazione di esposizioni, proiezioni cinematografiche, rassegne video in cui le opere selezionate sono state espressamente scelte per creare un contrasto, e allo stesso tempo una relazione, con lo stile essenzialmente industriale e disco del club.

Ma l’attività culturale legata a questo spazio non si risolve in quest’unica partnership, bensì fa riferimento ad importanti istituzioni internazionali con l’intenzione di creare sinergie che rinvigoriscano un momento così incerto come l’attuale che vedrà presto – e precisamente il primo gennaio 2015 – la chiusura di questo spazio polivalente.

Allora, proprio per attivare contaminazioni tra club culture e mondo delle arti visive, elettroniche e performative, De Verdieping ha pensato ad una collaborazione con lo Stedelijk Museum di Amsterdam attraverso la produzione di una mostra in più step dal titolo «Trouw Invites…» che da luglio fino a dicembre 2014 animerà i suggestivi sotterranei dell’edificio.

Le istituzioni coinvolte nel progetto sono il Palais de Tokyo di Parigi, il Beirut Art Center del Cairo e il New Museum di New York, a ognuna delle quali, a turno, viene chiesto di invitare un artista visivo – rispettivamente il francese Fouad Bouchoucha (3 luglio – 3 agosto), il libanese Rayyane Tabet (4 settembre – 5 ottobre) e i newyorchesi AUNTS (6 – 30 novembre) - chiamato a riflettere sui temi della transitorietà e della temporalità, che più che mai, vista la prossima chiusura degli ambienti, appaiono come temi di profondo interesse per tutto il circuito che gira intorno al club e alla fondazione.
Una mostra, insomma, che come afferma il curatore dello Stedelijk Hendrik Folkerts «ci permetta di accettare la semplice constatazione che tutto può arrivare ad una conclusione», ma che lo facciacon grande vigore, raccogliendo più voci in un prodotto di consistenza internazionale.

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