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L’impronta dell’impresa sul territorio

  • Pubblicato il: 16/03/2015 - 09:37
Autore/i: 
Rubrica: 
FONDAZIONI D'IMPRESA
Articolo a cura di: 
Elisa Fulco
Qual è la politica portata avanti dalla Fondazione e il raggio d’azione?
La Fondazione lavora sul senso di appartenenza che le immagini possono generare, sulla creazione di un linguaggio visivo condiviso e sulla continua ricerca di nuovi approcci per rendere viva la storia aziendale. A differenza di altre fondazioni, noi non lavoriamo sul prodotto (tubi d’acciaio non saldati), né sul processo, né infine sulla marca, puntiamo tutto sulla cultura industriale, sul recupero di un secolo di storia. La Dalmine è stata fondata nel 1906 e tutto il progetto è incentrato sull’eredità materiale e immateriale dell’impresa sul territorio: che cosa lascia e in che modo intercetta la vita quotidiana?  Dai dipendenti, alle infrastrutture al paesaggio, qual è l’impronta aziendale? Soprattutto in un caso come il nostro di company town, di mondo costruito a misura dell’azienda.

Cultura d’impresa e arte contemporanea sono gli ambiti in cui investe il gruppo Tenaris Dalmine.
In entrambi gli investimenti ricorre un’analoga visione, incentrata sull’idea di continuità, di sostegno costante ai progetti in cui crediamo.  Lavoriamo sempre in una logica di sistema che non è mai legata al grande evento, o alla sponsorizzazione spot. Dal 2002 siamo soci fondatori, insieme al Comune di Bergamo, della GAMeC di Bergamo e sosteniamo l’intera programmazione, dialogando con il Museo e attivando reciprochi rapporti di collaborazione e di scambio anche in ambito internazionale.
Il gruppo Tenaris Dalmine ha a sua volta una Fondazione in ArgentinaFondazione Proa con cui spesso  il museo collabora, che si occupa proprio di arte. L’attenzione dell’azienda per l’arte contemporanea riflette la convinzione che un’industria che opera e si espande come leader  globale, debba rivolgersi agli ambiti più avanzati ed innovativi della creatività, anche se non direttamente relazionati con la propria attività, anche se il territorio resta sempre l’area in cui far ricadere gli investimenti.

Quali sono invece gli ambiti di intervento della Fondazione?
La Fondazione ha l’obiettivo prioritario di diffondere a 360° la cultura industriale partendo dall’archivio, e in particolare dalla cultura visiva dell’industria attraverso la fotografia e l’incidenza dell’architettura nella costruzione dell’immagine dell’impresa. La fotografia è l’ambito che permette maggiori riflessioni perché è contemporaneamente “prodotto” storico dell’incontro tra un fotografo e una committenza, oggetto di conservazione, ma è anche bene culturale che testimonia un aspetto importante della cultura industriale, da valorizzare con un approccio contemporaneo. L’archivio ospita una significativa selezione di immagini di importanti studi e fotografi che, nel corso di oltre un secolo di storia aziendale, hanno collaborato con l’impresa rappresentandone la produzione, i processi, i momenti salienti della vita aziendale, gli eventi pubblici, gli operai al lavoro. Un sodalizio che ha lasciato nell’archivio della Fondazione un insieme di documenti fotografici estremamente rappresentativi per varietà, quantità e qualità: dallo Studio Da Re, a Bruno Stefani, ai contemporanei Gabriele BasilicoCarlo Valsecchi.

Attualmente è in corso ad Arcore la mostra D17 che propone una selezione di immagini storiche realizzate tra gli anni ’30 e gli anni ’70 dai fotografiDa Re che hanno collaborato strettamente con l’impresa.
Con la mostra dello Studio Da Re, ospitata come prima tappa a Bergamo e adesso ad Arcore, dove abbiamo un impianto produttivo, abbiamo fatto un’interessante esperimento, ovvero abbiamo affidato la selezione del materiale storico a Giacinto di Pietrantonio, curatore di arte contemporanea, per creare un cortocircuito: usare l’archivio come fornitore di un materiale d’uso per l’arte contemporanea, per provare a rileggere le immagini in chiave estetica, piuttosto che in chiave semplicemente documentativa. In generale, ci proponiamo di valorizzare le personalità dei fotografi storici dell’azienda nella logica di ricostruirne il percorso artistico ricercando anche le committenze con altre imprese. Come accade nel caso di Bruno Stefani che negli anni trenta collaborava con le più importanti aziende italiane.

La Dalmine è uno dei primi casi aziendali in cui si manifesta il legame storico tra arte e impresa.
Il rapporto con l’arte fa parte della storia della Dalmine ma il suo valore non è nel sostegno alla creatività ma piuttosto nell’idea di promuovere la pratica dell’arte nel quotidiano,diffondendo la sensibilità artistica all’interno della popolazione. Va in questa direzione la nascita delPremio Dalmine di Pittura negli anni cinquanta (1953 -1958), che rientra in una politica cultura comune all’ENI, all’Olivetti, all’IRI, che mirava proprio a creare un valore sociale dell’arte conenfasi non sulla qualità ma sulla partecipazione, con un taglio nazionale -popolare. Il rapporto arte e impresa è un rapporto storico che in alcuni periodi si inabissa per poi riemergere. Basta ripercorrere la quantità di premi artistici promossi dalle imprese per comprendere come il fenomeno non sia affatto nuovo. In continuità con questa esperienza  per tanti anni abbiamo aderito al concorso Arte e impresa promosso dalle aziende locali proprio a sostegno della giovane arte contemporanea.
Qual è la risposta del territorio alle vostre iniziative?
Assolutamente positivo. Il forte radicamento di Dalmine ha generato un interesse,che spesso non è scientifico, accademico, ma familiare, personale, biografico, c’è un intreccio secolare tra vita aziendale e vita delle persone che quel territorio hanno abitato. Non a caso la sede attuale della Fondazione era in passato la sede abitativa dell’allora amministratore delegato Agostino Rocca. L’archivio non fa che testimoniare come è cambiata l’industria nel tempo, partendo dalvillaggio costruito dall’architetto Giovanni Creppi negli anni venti del Novecento. Una riflessione sul ruolo dell’architettura aziendale portata vanti ancora oggi, con la creazione di nuovi stabilimenti rigorosamente rispettosi del territorio.

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