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L’arte di fare la differenza

  • Pubblicato il: 08/12/2012 - 10:50
Autore/i: 
Rubrica: 
OPINIONI E CONVERSAZIONI
Articolo a cura di: 
Stefania Crobe
Tea Taramino

Torino. Venerdì 14 dicembre 2012, dalle ore 9,30 alle 18,30, Torino ospiterà (presso la Sala Conferenze del Museo Regionale di Scienze Naturali in Via Giolitti 36) la Giornata Internazionale di Studi «L’arte di fare la differenza».
Un’occasione per presentare al pubblico il progetto - «L’arte di fare la differenza» appunto - che nell’arco del 2012 ha affrontato le tematiche del limite e della marginalità per trovare in esse il fiorire di infinite possibilità. Un momento di confronto e dialogo sulle «tematiche della creatività giovanile, della produzione artistica irregolare e relazionale, dell’inclusione, della valorizzazione dei patrimoni, della cittadinanza attiva, dell’educazione, della mediazione interculturale» a cui prenderanno parte studiosi, ricercatori ed esperti provenienti da Francia, Svizzera, Norvegia, Stati Uniti. Ci saranno, tra gli altri, Ivan Bargna, Fiorella Bassan, Simona Bodo, Fabio Cafagna, Andrea Caretto e Raffaella Spagna, Erika Cristina, Eva di Stefano, Gustavo Giacosa, Piero Gilardi, Francesca Gobbo, Laurie Kalb, Vito Lattanzi, Gianluigi Mangiapane, Silvia Mascheroni, Nicola Mazzeo, Lucienne Peiry, Cesare Pietroiusti, Valentina Porcellana, Maria Teresa Roberto, Arnd Schneider, Vincenzo Simone, Elena Volpato, Beatrice Zanelli.

Il progetto, tra i vincitori del Bando Generazione Creativa della Compagnia di San Paolo e nato dall’incontro tra Anna Maria Pecci, ideatrice e coordinatrice del progetto, con il Museo di Antropologia ed Etnografia dell’Università degli Studi di Torino – Dipartimento di Scienze della Vita e Biologia dei Sistemi, il Dipartimento di Filosofia e Scienze dell’Educazione dell’Università degli Studi di Torino, la Direzione Centrale Politiche Sociali e Rapporti con le Aziende Sanitarie, Servizio Disabili della Città di Torino, riflette sulle dinamiche di inclusione ed esclusione, sociale e culturale: 15 artisti emergenti, artisti outsider, persone in situazioni di disagio o svantaggio sociale e educatrici, riuniti in 5 gruppi di lavoro, hanno dato vita ad un processo di arte relazionale realizzando 5 opere nate dall’incontro con le collezioni etnografiche e di Art Brut del Museo di Antropologia ed Etnografia dell’Università degli Studi di Torino.

Con Tea Taramino, curatrice di Arte Plurale, il progetto che dal 1993 vede artisti, insegnanti, studenti, educatori e persone in situazione di disabilità o disagio psichico incontrarsi privilegiando l'arte come mezzo espressivo e di comunicazione, scopriamo come l’arte «può abitare l’ordinario, nel quotidiano e nel disagio».

La Giornata Internazionale di Studi è il momento conclusivo del progetto «l’Arte di fare la differenza» che ha avuto luogo lungo il corso del 2012. Un’occasione per fare il punto su quanto è stato fatto e guardare al futuro. Come si articolerà la giornata?
Durante la mattinata si svolgerà una tavola rotondasuddivisa in due sessioni tematiche dal titolo «Arte irregolare: quale dialogo con la contemporaneità artistica e sociale?» e «Arte relazionale: voci a confronto tra teorie e pratiche» a cui prenderanno parte antropologi e storici dell’arte, artisti, galleristi, curatori; nel pomeriggio ci sarà la presentazione del progettoa cura di antropologi museali, fisici, culturali ela presentazione di 5 opere di arte relazionaleda parte dei 15 giovani autori in dialogo con storici dell’arte ed artisti e, a conclusione dei lavori, la discussione del progetto, affidata a studiosi ed esperti, esterni, che rifletteranno sul suo lascito, o patrimonio, in termini di risultati raggiunti e prospettive future. L’evento ospiterà, oltre ai protagonisti del progetto, chiamati a testimoniare e documentare la loro partecipazione, studiosi, ricercatori ed esperti – provenienti da Francia, Svizzera, Norvegia, Stati Uniti – invitati ad integrare, con le loro esperienze e competenze, la prospettiva interdisciplinare con cui si è scelto di restituire il processo partecipato e gli esiti raggiunti.

Ci racconta la nascita e l’evoluzione del progetto?
Il progetto è nato dal fortunato incontro tra persone con esperienze diverse nel campo della ricerca, della valorizzazione del territorio, della promozione della creatività giovanile attraverso l’arte e la cultura. L’input è venuto da Anna Maria Pecci, antropologa museale, l’ideatrice e colei che ha composto il gruppo, Gianluigi Mangiapane del Museo di Antropologia ed Etnografia e Valentina Porcellana del Dipartimento Filosofia e Scienze dell’Educazione, entrambi antropologi dell’Università degli Studi di Torino, insieme agli storici dell’arte e curatori dell’associazione Arteco. Con alcuni di essi lei aveva già avuto modo di condividere progettualità che ponevano al centro il dialogo fra realtà culturali differenti.
L’incontro con me è avvenuto sull’interesse del gruppo ad un allargamento del campo, operativo e di indagine, alle tematiche legate al disagio con particolare riferimento alla consolidata e internazionale esperienza di Arte Plurale, una pratica educativa dedicata all’arte relazionale come strumento di contatto e comunicazione fra ambiti e realtà umane diversi, a cura della Città di Torino.
Il progetto si è sviluppato nel corso del 2012 come un laboratorio interdisciplinare di mediazione interculturale e di educazione all’arte strutturato con momenti di formazione, di produzione e di verifica. Punto di partenza il confronto fra esperienze artistiche contemporanee con le collezioni etnografiche e di Art brut del Museo di Antropologia ed Etnografia. Attraverso le 5 mostre diffuse sul territorio cittadino, abbiamo costruito rapporti con chi cura i relativi spazi espositivi e potuto coinvolgere attivamente il pubblico sui temi dell’accesso alla cultura e del rispetto delle differenze anche conducendo laboratori adatti a tutti.

L’arte di fare la differenza ha creato opportunità di accesso e partecipazione attraverso il linguaggio dell’arte contemporanea. Soggetti diversi – artisti emergenti, persone in una situazione di marginalità, educatori  – hanno esperito pratiche relazionali e condivise.
L’arte diventa strumento critico di lettura della realtà e il limite diventa possibilità.
Verso quale direzione (e definizione) va la funzione educativa dell’arte nella società?
L’espressione di sé e la partecipazione attiva alla vita culturale sono fattori vitali per gli esseri umani e una società che vuole essere in salute dovrebbe sostenere, sollecitare e garantire queste opportunità. L’arte e l’educazione hanno tante cose in comune: sono da sempre tra i comportamenti culturali, saperi d’accesso, che hanno contribuito allo sviluppo dell’umanità perché sono finalizzate a dare forma a percezioni, emozioni, pensieri, sentimenti, e sono accumunate dalla tensione verso forme simboliche di comunicazione, anche se le pratiche e i linguaggi non sono proprio gli stessi.
L’arte può, dunque, assumere una funzione educativa importante - e non dico niente di nuovo lo diceva già Platone ai suoi tempi - come utile mediazione tra l’immaginario soggettivo e il mondo delle cose materiali e delle persone, mostrando punti di vista insoliti, lasciando intravvedere prospettive per il pensiero ed educando alla percezione attraverso i sensi. L’arte legata al piacere estetico e sensoriale può risvegliare alla comunicazione anche chi tende a rinserrarsi o incapsularsi tra le proprie mura domestiche per ottundersi davanti alla TV o alleviare il malessere in chi soffre disagi profondi.

Oggi sembra esserci maggiore consapevolezza del ruolo sociale dell’arte e della cultura. Almeno in teoria, la cultura sembra essere al centro delle politiche pubbliche. Quale il ruolo dell’arte oggi, in un momento di crisi, non solo economica ma delle identità?
Quando l’arte si offre alla società come strumento di ricerca, veicolo di forma e dimostra di saper abitare contemporaneamente diversi punti di vista, in modo critico e riflessivo, dà prova di essere in grado di occupare spazi significativi nei processi di integrazione multiculturale o della singola persona con il territorio, ciò contribuisce a diminuire le distanze fra le persone e tra le persone e i concetti. L’arte può aiutare a costruire ponti, a demolire barriere e ad aggirare alcuni ostacoli di ordine mentale, soprattutto attivando scambi tra differenti discipline operative e campi del sapere. L’arte è un utile strumento di esplorazione di sé e del mondo e può mettere in relazione o in discussione vecchie e nuove appartenenze, confermare o reinventare identità singole e collettive, ma l’arte, come la cultura più in generale, necessita di risorse, sul piano materiale, per esistere ed essere diffusa e condivisa e questo dipende dalla volontà e dalla scelte di chi ha i mezzi finanziari e politici per garantire e sostenere tutto ciò.

Il progetto rientra nell’ambito del Bando Generazione Creativa della Compagnia di San Paolo, un caposaldo per la produzione culturale del territorio. In generale, come viene garantita la sostenibilità dei vostri progetti? Quale la linea strategica adottata?
«L’arte di fare la differenza» mi sembra un esempio riuscito di integrazione tra pubblico e privato,  locale e nazionale, che dimostra la validità della costruzione una rete attiva fra enti diversi: da una parte  il finanziamento della compagnia di San Paolo e del Ministero delle Pari Opportunità all’Associazione Arteco e dall’altra l’Università degli Studi e la Città di Torino che hanno messo a disposizione personale, competenze, spazi e materiali. Altri ingredienti, necessari, da non sottovalutare sono passione, volontà e perseveranza, soprattutto da parte di quei giovani ideatori, organizzatori e partecipanti che su queste pratiche temporanee costruiscono il proprio incerto futuro. Il problema rimane sempre il come dare continuità a quei progetti che mostrano in germoglio di avere potenzialità di sviluppo e trasformazione.

Tea Taramino è curatrice di Arte Plurale per il servizio disabili della Direzione centrale Politiche Sociali e rapporti con le aziende sanitarie della Città di Torino

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