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L’alta ricerca scientifica e la divulgazione non sono ossimori

  • Pubblicato il: 10/10/2016 - 14:08
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SPECIALI
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Redazione

SPECIALE LUBEC 2016. Ricerca scientifica e connessioni internazionali, cuore nella comunità locale dando centralità alle progettualità educative, con nuovi linguaggi, partendo dal coinvolgimento dei bambini e delle loro famiglie. “Adottare un linguaggio semplice ed evitare eccessivi tecnicismi non vuol dire abbassare il livello”. Così la Fondazione Centro Studi sull’Arte Licia e Carlo Ludovico Ragghianti interpreta il mandato dei fondatori. Ne parliamo con il direttore, Paolo Bolpagni, che interverrà a LuBeC il 13 ottobre, nell’incontro “Arte Contemporanea grande attrattore. Politiche e Strumenti a confronto"

 
 
 
La Fondazione Centro Studi sull’Arte Licia e Carlo Ludovico Ragghianti è un ente senza fini di lucro costituito dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca, dal Comune e dalla Provincia; forte di una storia più che trentennale, è contemporaneamente biblioteca, centro studi e sede espositiva per mostre. Molti volti di un impegno multiforme come fu quello di Carlo Ludovico Ragghianti (Lucca, 1910 - Firenze, 1987), studioso pionieristico, critico, storico e teorico dell’arte tra i maggiori del XX secolo in Italia, con una grande apertura d’interessi, che spaziavano verso tutte le manifestazioni del linguaggio visivo, compresi il cinema e lo spettacolo, intesi quali espressioni dell’arte figurativa.
Siamo un’istituzione complessa, multidisciplinare, che, con il supporto della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca, opera su vari fronti: la gestione della biblioteca, degli archivi, della fototeca, della videoteca, della collezione di dipinti, grafica e sculture; l’organizzazione di mostre d’arte, con particolare attenzione al contemporaneo, nonché di conferenze, convegni, tavole rotonde e presentazioni di libri; la promozione di studi e ricerche e la pubblicazione di libri, cataloghi e della rivista “LUK”. Inoltre l’attività didattica, che è importantissima.
La lezione di Ragghianti deve portarci a guardare al nostro contesto di riferimento sviluppando una capacità di leggere il presente e di stabilire connessioni tra la dimensione della comunità locale e quella internazionale. Fondamentale, per qualsiasi progetto proposto dalla Fondazione Ragghianti, è riuscire a renderlo parte integrante dell’infrastruttura sociale della città e del territorio. Pensiamo che sia possibile coniugare la ricerca di alto livello con un ruolo di catalizzatore di energie, di idee e iniziative, affinché l’arte sia un veicolo di conoscenza, disponibile a manifestarsi attraverso tutti i canali possibili. Il 15 ottobre, per esempio, parteciperemo alla XII Giornata del Contemporaneo, con un programma di proiezioni dei “critofilm” e delle videolezioni di Carlo Ludovico Ragghianti sui grandi maestri del Novecento.
 
 
 
La Fondazione Raggianti da alcuni anni sviluppa un programma educativo sull’arte contemporanea rivolto agli allievi delle scuole. Ne è esempio il summer camp “In riva all’arte”, che a fine giugno ha coinvolto decine di bambini di età compresa tra i 6 e gli 11 anni. Di che cosa si tratta nello specifico? Quali sono i risultati di queste esperienze, con un pubblico così particolare?
Il nostro obiettivo è avvicinare le giovani generazioni ai linguaggi espressivi del XX e XXI secolo grazie a una metodologia basata sull’interattività, senza disdegnare componenti anche ludiche. I laboratori destinati alle scuole, partiti una decina d’anni fa, sono un settore centrale nella nostra attività istituzionale: il loro gradimento è molto alto, tanto che ci è difficile far fronte a tutte le richieste d’iscrizione che ci pervengono dagli insegnanti e dai genitori. Ogni anno circa 1.500 bambini e ragazzi, dalla scuola dell’infanzia alla media inferiore, partecipano a queste iniziative didattiche, basate su un metodo che vuole decentrare il punto di vista, mettendo in gioco anche la conoscenza esperienziale per suscitare curiosità e desiderio davanti all’opera d’arte. È il modello della “classe rovesciata”: una forma di conoscenza costruita dal basso, che parte dall’idea che il sapere richieda un processo di ricerca attiva e creativa.
L’esperienza pregressa ci ha mostrato come i bambini e i ragazzi non soltanto trovino divertente partecipare a questi percorsi, ma che ne conservano un ricordo positivo anche a distanza di tempo. Significa che l’obiettivo è stato raggiunto. Tutto ciò è fondamentale per creare sin dall’infanzia una familiarità con i linguaggi visivi contemporanei e quindi per formare futuri cittadini più consapevoli e attenti all’arte e alla cultura.
 
 
 
Lei è uno storico dell’arte, appassionato di new media. È stato, per esempio, uno dei primi critici a entrare nel mondo di YouTube grazie al canale “Regola d’arte”, che con i suoi 25 video ha raccolto oltre 200 mila visualizzazioni. Quanto è importante l’utilizzo della tecnologia applicato alla divulgazione e alla valorizzazione del patrimonio artistico e culturale?
Il successo di “Regola d’arte”, che fu un’iniziativa nata quasi per gioco, dapprincipio mi stupì, lo confesso, ma sta a significare che c’era – e c’è tuttora – una forte potenzialità. Ritengo che la trasmissione della conoscenza debba essere l’obiettivo primario di chiunque operi nell’ambito culturale. I nuovi media sono uno strumento destinato ad acquisire sempre maggior peso per la divulgazione dell’arte, e quindi per la sua comprensione, tutela e valorizzazione. Adottare un linguaggio semplice ed evitare eccessivi tecnicismi non vuol dire abbassare il livello: credo che, con il supporto delle tecnologie, sia possibile veicolare concetti anche complessi senza banalizzarli (purché si rifugga da inutili accademismi). Il modello dell’intellettuale elitario, avulso dalla realtà e chiuso nella sua “torre d’avorio” non fa per noi.
 
 
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