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INTORNO ALLE RIGENERAZIONE: una promessa di Ex Ansaldo

  • Pubblicato il: 14/04/2015 - 13:00
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Rubrica: 
DOVE OSA L'INNOVAZIONE
Articolo a cura di: 
Neve Mazzoleni

Nasce a Milano Ex Ansaldo, una nuova formula di governance di uno spazio pubblico fra Comune di Milano e 5 gestori come Avanzi, esterni, Arci Milano, acca+, Make a Cube³, che promette di diventare un inedito format internazionale dove la Cultura entra come contenuto ed esce come impresa sociale capace di scalarsi. Una promessa di innovazione culturale

Milano. Di innovazione parlano tutti, in tutte le forme: nella vita pubblica, nel lavoro, in politica, nel mercato. Improvvisamente l'Italia scopre di volersi innovare e ingombra gli spazi mediatici. Ma qualche corto-circuito si manifesta, se l'innovazione rimane solo uno storytelling, ma non un evidente e tangibile moto di cambiamento.
Lo rileva bene Barbara Imbergamo: «L’austerità, la crisi economica, la distribuzione sempre più diseguale dei redditi e delle ricchezze, le politiche monetarie e finanziarie sono argomenti che nel campo degli innovatori, nel migliore dei casi, vengono considerati dati indiscutibili.  A questi temi ci si riferisce – al meglio – solo nelle premesse proponendo strumenti ‘collaborativi’ per mettere le toppe ai danni provocati dalle politiche economiche e sociali vigenti. A questi temi l’innovazione si lega come strumento non conflittuale volto a sperimentare alternative di impresa o economiche e soluzioni nuove a politiche pubbliche e di welfare fortemente sotto finanziate. […] Io credo che un reale spazio per l’innovazione non possa essere tracciato se non aprendo una discussione che consenta agli innovatori di agire l’innovazione nella consapevolezza delle premesse, dei fini e degli esiti».
Ogni periodo ha conosciuto luoghi iconici dell’innovazione. Alle origine della nostra civiltà c'era un fuoco, poi una piazza o un tempio; poi le botteghe dei Maestri del Rinascimento dove le sperimentazioni artistica e scientifica hanno dialogato; i caffè dove politici e letterati si sono formati, amati, confrontati scrivendo manifesti; cantine dove massoni hanno scritto le strategie rivoluzionarie, e che dopo secoli hanno ospitato inventori di hardware monopolistici; fabbriche scandite dalle simmetrie delle linee produttive dove il lavoro si è espresso nella sua alienazione, fatica, ma anche solidarietà e consapevolezza; case del popolo, oratori e oggi sempre più luoghi di culto… contenitori di confronto, pensiero, cambiamento.
Oggi i fenomeni coinvolgono luoghi che si ridisegnano, si ripensano. La necessità della condivisione passa attraverso pratiche di riappropriazione di spazio, in uno scenario ambientale eroso dalla speculazione immobiliare, da politiche urbanistiche fragili, deformato da stratificazioni di interventi umani. La nuova innovazione si esprime in luoghi che hanno perso la loro originaria identità e funzione, che spesso le comunità rifiutano. Abbandonati, chiusi, spesso dimenticati.
Oggi sono frequenti azioni di pubblica di riappropriazione degli spazi che passano anche attraverso pratiche di occupazione dal basso: la società civile entra e cerca di innescare un moto di bonifica e rinascita, come atto manifesto e dichiarato. Altrimenti 'ruba', con il favore dell'oblio.
A Milano qualche settimana fa la storica caserma dei bersaglieri, la  Mameli di via Suzzani,  è stata occupata. I giornali di zona parlano dell'azione del pacifico gruppo di anarchici, detti i "Pirati riot club", che armati di scope e bombolette hanno cominciato a ripulire da almeno otto anni di abbandono l'enorme area di presidio militare e a realizzare graffiti per dare un’impronta creativa. Nel giro di poche settimane sono stati sgomberati. Davanti a quella caserma, i lavori di riqualificazione delle ex Manifatture Tabacchi di Milano, adibite perlopiù ad edilizia civile. Per ora nessuno ci è ancora andato a vivere. Sulla parete d'ingresso rimane il ritratto della partigiana Lia, simbolo della storia anti-fascista di Niguarda, il quartiere di cui si parla.
Ci sono enormi cantieri aperti in città, effetto Expo, ma anche promesse di passaggi precedenti, testimonianze di patti fra la cittadinanza e le istituzioni civili, dove la necessità dell’innovazione si manifesta non solo in pratiche di confronto e dibattito, ma in reale lavoro creativo, che produce nuove istanze, genera progetti ai quali seguono produzioni.
Una filiera di idee creative. Così le fabbriche delle catene di montaggio che tanto hanno descritto la società post bellica e costruito i connotati delle città che viviamo oggi, lasciano spazio al lavoro di filiera cognitiva: «Quella che fu la classe operaia oggi viene fisicamente sostituita dal precariato diffuso fatto di creativi, lavoratori cognitivi, artigiani, makers», così scrive Giacomo Giossi su CheFare.
Ci ricordiamo l'occupazione della Torre Galfa a Milano, da cui ne è seguito un periodo di manifestazioni importanti a Brera e poi la nascita di Macao? Parallelamente il Comune di Milano costituì le OCA-Officine Creative Ansaldo, chiamando molto dell'associazionismo milanese per ragionare un luogo della creatività e cultura che potesse ospitare le iniziative dal basso. Quel luogo è l'ex Ansaldo: una ex acciaieria del 1904 nella zona del distretto del design e della moda di via Tortona, dove trovano vita i magazzini della Scala e  da pochi giorni il Mudec-Museo delle Culture di Chiepperfield. Ma non solo ex Ansaldo si è presentata alla città come un sogno. Un luogo dell’immaginazione e della condivisione, dove la frontiera dell’ibridazione è perseguita come obiettivo principale. Un tavolo ideale di incontro fra il Pubblico e Privato sociale: da una parte il Comune di Milano, che ha aperto il bando per la riqualificazione di 6000mq dell'intero complesso, con l'opzione per altri 6000 mq, dall’altra i gestori, ovvero 5 realtà fra le organizzazioni più attive sui temi culturali in città, come Avanzi, esterni, Arci Milano, h+, Make a Cube³.
Una gestione confermata per 12 anni, nella quale il Comune si impegna con un investimento di 1.800.000 euro per le ristrutturazioni che consegneranno lo stabile a settembre dell’anno corrente.
Giacomo Giossi su Ex Ansaldo identifica puntualmente la sua aspirazione: “Non è semplicemente la messa in funzione di uno spazio lavorativo, ma una vera e propria idea di una urbanità nuova capace di rispondere all’esigenze di cittadinanza diffusa tipiche della fluidità sociale di cui da sempre Milano si nutre (spesso consumandone gli attori). Un’idea di ecosistema che restituisca forza-lavoro cognitiva, una possibilità di rigenerazione che è oggi nodo principale attorno  a cui si giocheranno le sorti lavorative di una società che si pretende inclusiva e non solo meritocraticamente competitiva».
Una promessa suggellata dalla presenza del Sindaco Giuliano Pisapia e dall’Assessore Tajani? Un’operazione di maquillage del Comune di Milano per valorizzare degli immobili di proprietà? La speranza della riappropriazione di spazi pubblici per i cittadini? Un nuovo tempio del cambiamento?
Una promessa è data. Quando le Istituzioni si impegnano con un bando pubblico a fare spazio all'iniziativa privata a scopo di beneficio sociale, sta firmando un patto di fiducia. Mantenere aspettative basse, diminuisce le possibilità di disincanto.
I gestori non saranno soli, perché nella loro complementare competenza, stanno attivando tutte le risorse relazionali, strategiche e manageriali per attirare altri finanziatori e partner progettuali. In conferenza stampa il sogno è stato descritto come dei più grandi, con un'aspirazione a diventare un modello internazionale, scalabile nel mondo, un punto di riferimento per la sperimentazione della Governance Pubblico-Privato, un'infrastruttura capace di adattarsi e riformularsi in corso d'opera e per le ibridazioni delle forme giuridiche che finalmente sposerebbero profit e non profit sul concetto di vocazione sociale.
E' davvero una bella promessa: essere i primi al mondo, attrarre la cittadinanza con azioni inclusive e partecipate, ma lavorare in network internazionale, dare spazio al lavoro, ma diventare polo di produzione culturale di ricerca. Essere luogo di ospitalità e di intrattenimento, quanto di formazione, orientamento e studio. Essere la migliore delle esperienze delle buone pratiche Made in Italy, che rappresenti davvero il Paese. Una tale promessa che non si può non volerla realizzare, poterla esperire, vivere, fruire.
 

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