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Il traghettatore (obiettivo: diventare Fondazione)

  • Pubblicato il: 07/10/2011 - 08:47
Rubrica: 
NOTIZIE
Articolo a cura di: 
Francesca Romana Morelli
Bartolomeo Pietromarchi. Foto di Fabio Callini

Roma. «Traghettatore» è il ruolo prioritario del nuovo direttore del Macro, Bartolomeo Pietromarchi (cfr. n. 311, lug-ago. ’11, pp. 41, 43), impegnato con l’amministrazione capitolina nella realizzazione dell’auspicata fondazione, strumento considerato indispensabile per lo step successivo nello sviluppo del museo romano, fino ad oggi semplice «ufficio» dell’Assessorato alla Cultura: quantificare i finanziamenti da reperire.
Parallelamente Pietromarchi sta edificando il nuovo Macro, il cui cuore pulsante sarà l’«artista», chiamato in prima persona a collaborare a più livelli all’attività istituzionale. Si apre così una nuova era per il Macro, dopo quella di Luca Massimo Barbero, che dal 2008 al 30 giugno 2011 ha condotto a termine l’apertura dell’ala progettata da Odile Decq e l’ha posizionato sulla scena internazionale, per poi non rinnovare il proprio incarico, in seguito al rifiuto dell’amministrazione capitolina di attuare la fondazione. Pietromarchi, classe 1968, proveniente da una famiglia dell’alta diplomazia italiana, laureato in storia dell’arte contemporanea, riconosce un debito formativo a Carolyn Christov Bakargiev, a fianco della quale ha lavorato nella seconda metà degli anni Novanta, mutuando la concezione dell’artista «modulor» di qualsiasi progetto curatoriale. Le ossa se le è fatte alla Fondazione Olivetti di Roma (1997-2007), la cui attività è improntata a un’illuminata tradizione di responsabilità verso il «sociale». Ha introdotto nei suoi compiti istituzionali l’arte  contemporanea, realizzando progetti come «Trans:it. Moving culture through Europe» in collaborazione con alcune fondazioni straniere; nel 2003 ne ha assunto la carica di direttore, affrontando problemi d’indirizzo culturale, gestione economica e delle risorse umane, bandi di concorso e coproduzioni a carattere internazionale. Dal 2007 al 2008 ha lavorato con l’Hangar Bicocca di Milano, con artisti come Jaar, Mauri, Sierra, Ataman, Kentridge. Dal 2008 ha collaborato con il MaXXI di Roma come curatore nel settore delle collezioni  e avviato il Premio Arte Contemporanea. Di recente ha pubblicato Italia in opera (Bollati Boringhieri), in cui delinea l’identità degli ultimi cinquant’anni dell’arte italiana, attraverso artisti-vettori e tematiche identitarie (cfr. p. 62). Abbiamo rivolto a Pietromarchi alcune domande.
L’assessore comunale alla Cultura Dino Gasperini ha promesso entro luglio 2011 la delibera di trasformazione in Istituzione del museo, a settembre la nascita della Fondazione: a che punto siete? E i fondi necessari all’attività del Macro?
Sto lavorando insieme all’Amministrazione, all’avvocatura comunale e a studi legali specializzati alla costituzione della fondazione, valutando se sia opportuno il cambiamento della forma giuridica del museo. Per i fondi, è necessario scindere la gestione della struttura dalla sua programmazione. Per ora possiamo contare su 2 milioni di euro già predisposti dall’Assessorato, sul sostegno dei Macroamici e sulla prosecuzione della sponsorizzazione dell’Enel, con il progetto ad hoc richiesto a un artista per il museo. Il 30 novembre s’inaugurerà l’installazione di Carsten Höller, vincitore dell’Enel Contemporanea Award 2011.
Quali saranno le linee guida della sua direzione?
Sono per un museo che non persegue la politica dello «sbigliettamento», ma è un «laboratorio» incardinato sull’artista, che a sua volta funge da «cerniera»: da una parte con i veri fruitori del contemporaneo costituiti da addetti ai lavori, dall’altra con il pubblico. Una parte del museo sarà adeguata con qualche modifica strutturale a centro di «produzione» di altissima qualità, dove, attraverso bandi concorsuali saranno attivate residenze per artisti diversi per generazioni e appartenenza geografica. L’artista lavorerà a progetti destinati alle collezioni e sarà interfaccia con l’estero. Si formeranno i giovani destinati a integrarsi nel vivo di un tessuto economico, a muoversi in campo internazionale. Saranno coinvolti curatori, collezionisti, galleristi ecc, ciascuno chiamato a collaborare sulla base delle proprie competenze specifiche.
Il Macro come si differenzierà dal MaXXI?
Il MaXXI è un museo nazionale, destinato alla consacrazione degli artisti, a nutrire le sue collezioni. Il Macro, essendo comunale, si può permettere una natura più agile, flessibile, legata a una produzione immediata. Avrà un ruolo importante anche la sede del Macro Testaccio, dove è possibile che si aggiungano altri due padiglioni, anche se ancora da restaurare. Qui soltanto i progetti di alta qualità potranno avere il marchio del Macro.

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da Il Giornale dell'Arte numero 313, ottobre 2011