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Il bando Ars-Arte che realizza occupazione sociale ha premiato fino a un milione di euro, il benchmark di impresa culturale innovativa italiana

  • Pubblicato il: 08/11/2013 - 10:39
Autore/i: 
Rubrica: 
OPINIONI E CONVERSAZIONI
Articolo a cura di: 
Neve Mazzoleni

Qual'è il rapporto della Fondazione con l’impresa madre, la società globale di consulenza direzionale Accenture?
Nasciamo su iniziativa di Accenture undici anni fa con la missione di promuovere l'innovazione intesa sia nelle sue articolazioni tecnologiche, scientifiche e manageriali, sia nel suo ruolo a favore dello sviluppo sociale e culturale, operando principalmente in tre aree di intervento: nuovi modelli di sviluppo, educazione dei giovani e patrimonio artistico e culturale nazionale. Abbiamo una buona sinergia e il confronto con i fondatori è molto utile sui temi della sostenibilità di un progetto, il conto economico, la durata, le eventuali difficoltà che possiamo avere nel coinvolgere altri sponsor o nel rapporto della Pubbliche Amministrazioni, nel supporto nelle relazioni. I fondatori sono nostre giurie per l’assegnazione dei premi, con la loro visione pragmatica. Nel caso del bando Ars-Arte che realizza occupazione sociale, Accenture ha messo a disposizione fino a 300mila euro in ore pro bono dei propri consulenti per accompagnare lo sviluppo del business plan dell’idea vincitrice, garantendone la massima qualità in termini di innovazione, approccio manageriale e sostenibilità

Quanto incide in proporzione quest’attività del bando sul patrimonio generale che gestisce la fondazione?
Per quanto riguarda Ars abbiamo investito il 100% perché volevamo intervenire in maniera consistente: il concorso è stato lanciato con l’obiettivo di movimentare l’opinione pubblica, gli operatori del settore, ma anche aziende e organizzazioni, attorno ad un tema delicato e al tempo stesso potenzialmente cruciale per la ripresa del Paese. Ars è anche la declinazione di un progetto più ampio e complesso iniziato 3 anni fa con il lancio di IdeaTRE60: la creazione della piattaforma ha rivoluzionato il modello operativo della Fondazione, e al tempo stesso ha creato nuove possibilità di liberare le potenzialità del Terzo Settore.
Credo che il Bando ARS abbia anche modificato il nostro essere percepiti come istituzionali nel settore culturale.

Come avete concepito IDEA tre60 e ARS?
La piattaforma è frutto di tre anni di lavoro per renderci riconoscibili come una piattaforma partecipativa per la promozione di concorsi che puntano a fare innovazione sociale.
ideaTRE60 non è solo una piattaforma per concorsi, è anche un luogo dove prendere parte al dibattito attuale sull’innovazione sociale, attraverso forum e blog dedicati, una sezione video in cui condividere i propri contributi.
A breve usciremo con una sezione di IdeaTRE60 dedicata ai partners: per cui chiunque voglia fare un concorso, promuovendo l’innovazione sociale, può usare la piattaforma in maniera custom, personalizzando layout e comunicazione.
Per quanto riguarda Ars, è un progetto ambizioso e complesso nato a seguito a grandi brain storming e letture per cercare di capire quali fossero i bisogni, le emergenze e le urgenze nel settore artistico. Abbiamo cercato di dare un contributo significativo con un impegno di capitale e risorse umane (sei persone totalmente dedicate al bando).
La community di partecipanti al bando ha richiesto di essere seguita e ciò ha significato un grande sforzo da parte nostra a cui non abbiamo voluto sottrarci; un lavoro utilissimo, che ci ha permesso di ragionare, cambiare, sperimentare, migliorare soprattutto nell’ottica di progetti futuri.

Come si è svolto Ars?
Abbiamo superato la selezione on line del primo livello di giuria che, su 604 idee, ne ha viste ammesse 511. A seguire siamo passati all’analisi delle prime trenta da parte del comitato tecnico; questo lavoro ha prodotto una nuova scrematura con dieci progetti che, accompagnati dalle osservazioni e dalle motivazioni del comitato, sono stati portati all’attenzione della giuria finale mista, composta, come le altre due giurie che l’avevano preceduta, al 50% da professionalità del mondo culturale e accademico (più competenti nel cogliere gli aspetti di valorizzazione di beni artistici presenti dentro i progetti) e al altro 50% da componenti legati al mondo del business, in particolare, da manager appartenenti alla governance di Accenture. Il compito di questi ultimi è stato valutare gli aspetti di visione imprenditoriale e sostenibilità.
La strutturazione del bando in diverse fasi di voto l’avevamo già sperimentata con altri concorsi; la novità è stata proporre un forum molto più complesso, con 7 parametri obbligatori e 5 parametri facoltativi, più almeno 3 allegati obbligatori. Una modalità nuova – anche dal punto di vista tecnologico - che ha dato un riscontro positivo perché ha reso concreta la volontà di Fondazione di investire in un progetto innovativo che, mettendo al centro uno o più beni artistici, sia sostenibile nel tempo e non si esaurisca al termine del budget messo a disposizione, un progetto che duri e sia possibile scalare e replicare nel tempo: un modello che possa essere riprodotto anche altrove in Italia. Vogliamo che il vincitore diventi un modello di riferimento.

Quali potenzialità di idea TRE60 e Ars?
Su ideaTRE60 prestiamo molta attenzione al monitoraggio dei dati, parte della strategia della seconda release della piattaforma. Le fasi concorsuali sono quelle che hanno dei picchi di fruizione importanti, perché alta è la curiosità verso i bandi che tanti riconoscono come una nuova soluzione per trovare finanziamenti per realizzare progetti. Questo fattore lo si nota anche dalla trasversalità dei progetti e dei partecipanti. La piattaforma è aperta anche ai minori. Ci è stato proposto un concorso per le scuole sulla legalità, indirizzato agli studenti per dare la possibilità – con tutte le tutele del caso rispetto alla privacy o al trattamento dei dati – anche agli under 18 di proporre e farsi sentire. Ci sono delle tematiche rispetto alle quali i ragazzi vanno già educati a scuola. Quello che emerso con Ars è, innanzitutto una grande passione e un grande entusiasmo da parte dei partecipanti, nonché un notevole sforzo nel formulare in maniera competente e compiuta l’idea da proporre. Molti di loro si sono attivati per fare rete e creare team multidisciplinari che coprissero tutte le diverse aree di competenza e far fronte alle nostre richieste. Dall’altro lato è però comunque emersa la mancanza di competenze specifiche in termini di business plan dei progetti. Questo è certamente un gap che emerge e che ci rendiamo conto sarebbe necessario colmare, già in fase di formazione, per far sì che il Terzo Settore possa liberare le proprie potenzialità.
Esistono diverse realtà del Terzo Settore che fanno educazione nelle scuole proprio per diffondere una sorta di auto-imprenditorialità o il modo di vivere in un’azienda. Inoltre, non è più così scontata l’iscrizione all’università tant’è che le immatricolazioni sono in calo e si segnala un ritorno a facoltà «pratiche», come agraria, che per anni sono state trascurate. Con bandi come Ars è emerso chiaramente dalla community di ideaTRE60 il bisogno di avere una formazione: per partecipare non basta avere competenze «artistiche», essere due architetti e un creativo. Servivano competenze molteplici, visione imprenditoriale, competenze economiche, capacità di fare rete con soggetti complementari. tutto ciò a significato una domanda di ritorno dal basso, quindi anche la risposta è stata necessariamente forte. Noi la stiamo tuttora ascoltando.

Proclamato il vincitore ci sarà un monitoraggio?
Certo, sia del vincitore sia degli altri progetti. Il vincitore (Trame di Lunigiana) si è aggiudicato fino a un milione di euro (incluso l’investimento pro bono delle persone di Accenture che aiuteranno a perfezionare il business plan – che verrà fatto per i primi 5 classificati). Ci sarà un accompagnamento di queste realtà nei mesi successivi e – dal secondo al quinto classificato l’obiettivo è di aiutarli a perfezionare il proprio progetto perché possano trovare fondi altrove e realizzare l’idea. Ci piacerebbe creare un circolo virtuoso di possibilità di buone pratiche per far capire anche ai progetti «non vincenti» cosa non funziona e aiutarli a migliorare. Ci siamo modificati in progress, con lessons-learned che ci hanno fatto capire l'importanza dell'accompagnamento. è un bisogno tangibile ed è una lezione importante per il futuro.

Storytelling: come verranno messe a frutto queste esperienze?
Dopo l’evento di proclamazione del vincitore, il 28 ottobre a Palazzo Barberini a Roma, tireremo le fila e rifletteremo sui temi in questi mesi di promozione del bando Ars. Le evoluzioni e gli aggiornamenti saranno disponibili sul blog di ideaTRE60.

Dalla tua osservazione: i modelli che avete incontrato vengono mutuati dal business o c’è una declinazione specifica?
Il dibattito su profit e no profit va avanti da un po’ e ha prodotto diversi dibattiti sul tema dell’impresa sociale e, nel nostro caso, culturale come possibile strumento del no profit per creare benefici, occupazione, crescita. Sono d’accordo ma bisogna tenere ben presente che l’impresa è impresa, e in quanto tale deve essere sostenibile, sia che si tratti di impresa sociale che di una s.r.l. Ciò vuol dire che se il non profit prende dal profit lo strumento impresa, deve impegnarsi a costruire soluzioni che producano servizi di utilità alla collettività e al tempo steso ricavi sufficienti a essere sostenibile. Quindi, se vogliamo esperienze di innovazione sociale che durino nel tempo, dobbiamo strutturarle lasciando da parte le etichette.
Il Terzo settore non può essere più visto come una nicchia chiusa, come una passione da volontari; è un settore che produce PIL e potrebbe fare ancora di più se fosse messo nelle condizioni di svilupparsi, senza essere visto come alternativo o sussidiario. È fatto di persone, forze ed energie importanti: non bisogna sprecarle. Serve un cambio nella forma mentis; credo che Fondazione Accenture abbia fatto un primo passo andando oltre la filantropia e investendo un valore di trecentomila euro in consulenze Accenture per rendere i progetti sostenibili e duraturi. un esempio di connubio tra le due sfere in cui io credo molto.

Della giornata di confronto in ArtLab13 con altre realtà che promuovono bandi, cosa ti ha colpito e cosa no?
Realtà diverse unite da medesimi scopi hanno riposto alla chiamata del confronto. È un segnale positivo, che dimostra che non siamo frammentati o autoreferenziali. Inoltre ho condiviso l'idea sull’apertura dei bandi ad altre fasce d’età che non i giovani: tutti sono in difficoltà oggi. La sinergia fra età diverse con competenze diverse può risollevarci. Un manager esodato che lavora con un giovane innovativo è un binomio auspicabile. Trovo però negativo l’invito ad unirci per ottimizzare le risorse. Ognuno ha la propria anima, obbiettivi e modi di fare le cose. A mio avviso è più fruttifero un lavoro di sinergia, confronto, benchmark per migliorarsi a vicenda. Non siamo competitors: meglio che tutti i progetti siano realizzati, grazie alle nostre organizzazioni che lavorano in modo complementare. Ha senso collaborare nell’ottica di lungo periodo di progetti che – un domani – possano fare rete tra loro. Più persone lavorano nel nostro settore e meglio è, spero che sia un fuoco che si è acceso!

Quali strade per dialogare con le Pubbliche Amministrazioni?
Nella mia esperienza fuori dal mondo dell’arte, il partire dal locale funziona. Se si trova un territorio fertile e un amministratore valido, sensibile e interessato, il progetto ha una reale possibilità di realizzarsi e incidere sulla comunità in maniera positiva, coinvolgendo le scuole, i cittadini, …. Partendo da lì si gioca la replicabilità: se si dimostra che un progetto si può fare in un contesto, sarà possibile realizzarlo anche in contesti simili. È un lavoro faticoso, ma ugualmente gratificante. Avere il supporto della PA a livello locale è fondamentale a fronte dei costanti cambiamenti politici sul piano nazionale. Trovo efficace l'esempio di CARIPLO che punta sulle comunità con i distretti, coinvolgendo tutti gli attori che ha nel territorio: il successo di un progetto comincia da qui, agendo in modo capillare. Mi piacerebbe che non si vivessero i bandi online come semplice strumento di erogazione pura, ma come incentivi alla progettualità, catalizzatori virali di nuove buone pratiche.

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