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Per fare l'albero ci vuole il seme

  • Pubblicato il: 30/03/2012 - 11:11
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Rubrica: 
FONDAZIONI D'ORIGINE BANCARIA
Articolo a cura di: 
Stefania Crobe

Firenze.  I sociologi definiscono antropologica  la natura dell’attuale crisi economica,  causa di una  metamorfosi delle forme elementari della relazionalità, del comportamento e della produzione di senso,  che ha portato a una progressiva perdita dell’idea di bene comune, di controllo sulla vita, sul biòs, sull’ambiente, e la conseguente incertezza, che genera una «precarietà ecologica».  La crisi ecologica ha origine dall’incapacità di pensare agli effetti a lungo termine delle azioni umane amplificando quella che il filosofo tedesco Günther Anders chiamò «discrepanza», ovvero la sproporzione tra gli atti umani e le conseguenze che queste producono.
Come poter «reinventare» questa precarietà e acquisire la capacità di comprendere il contesto ambientale in cui viviamo, di identificarne i limiti, e cogliere la giusta scala delle cose attraverso una  visione del mondo capace di riconoscere l’ethos del viventee i nostri obblighi verso di esso? 
In una delle sue poesie Gianni Rodari recitava «per fare l'albero ci vuole il seme».  Un seme per coltivare, come piante, buone idee per una cultura della responsabilità, per un pensiero e uno sguardo ecologico.
E' la direzione verso cui si muove il «Monito del Giardino», il premio a cadenza biennale voluto e finanziato dalla Fondazione Parchi Monumentali Bardini e Peyron che nella sua terza edizione è dedicato al «Potere degli alberi» e che si svolgerà a Villa Bardini il 5 giugno, in occasione della Giornata mondiale dell’ambiente. «Abbiamo voluto indirizzare la riflessione di quest’anno sul tema degli alberi che riteniamo prioritario di fronte alla crisi di un mondo che consuma e non valorizza come dovrebbe i propri capitali umani, sociali e naturali» spiegano gli organizzatori. 
Il premiotrae il suo nome dalla constatazione di come «un giardino in movimento»,  «il fiorire continuo delle rose, quello precoce di crochi e mimose, il canto fuori stagione di un pettirosso o quello notturno di uccelli disturbati dall’inquinamento sonoro e luminoso», possano essere segnali dei gravi cambiamenti degli ecosistemi causati dall’uomo.  Il giardino, ecosistema planetario ma anche hortus conclusus – luogo dello spazio intimo e privato –  diventa indicatore delle trasformazioni naturali, degli allarmi che la natura lancia in difesa del pianeta.  
Il premio nasce nel 2007 dalla volontà di dare un riconoscimento a chi negli anni ha contribuito alla conservazione e alla salvaguardia del paesaggio e del patrimonio ambientale: singoli o imprese che con i loro studi e lavori o la loro creatività hanno contribuito alla crescita di una coscienza ecologica universale e ideato prodotti di immediata o potenziale utilità e bellezza finalizzati a migliorare la qualità della vita, a favorire la ricerca, il risparmio energetico e la lotta contro le gravi mutazioni climatiche. Superata l’antica dicotomia cartesiana, uomo e natura rappresentano un  unico organismo per cui se si ferisce una parte si ferisce il tutto e viceversa, riflesso del «giardino degli uomini» che è la Terra.  L’equilibrio del sistema ecologico diventa così inevitabilmente base per l’equilibrio sociale.
 
La risposta è quindi in progetti innovativi in campo ambientale ed ecologico, opere d’arte e d’artigianato capaci di attivare nuove dinamiche per una trasformazione del reale, di stabilire un rinnovato legame con l’ambiente e la natura, «bene sociale» e rifugio per le diversità che, a scanso  dei numerosi attacchi inflitti, si dimostra resilente e ancora, nonostante tutto, «madre».
 
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