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Europa Creativa 2014-2020: le sfide delle industrie culturali e creative per gli operatori culturali

  • Pubblicato il: 30/11/2012 - 01:34
Autore/i: 
Rubrica: 
OPINIONI E CONVERSAZIONI
Articolo a cura di: 
Neve Mazzoleni

Torino. Il Prof. Luca Dal Pozzolo, Direttore dell'Osservatorio Culturale del Piemonte ha le idee molto chiare: «La Commissione Europea ha alzato l'asticella: non possiamo perdere questa occasione, dunque ci dobbiamo preparare». Si apre così la conversazione con l'anima proponente della giornata di riflessione dal titolo «Europa Creativa 2014-2020: le sfide delle industrie culturali e creative per gli operatori culturali», un appuntamento importante che avvia i tavoli di lavoro in vista del varo del programma europeo dedicato ai settori culturali e creativi promosso dalla Commissione Europea sotto il cappello di Creative Europe, ora in discussione al Consiglio europeo dei Ministri e dal Parlamento Europeo.
Anticipiamo in questa intervista il suo punto di vista lucido e concreto sul come l'Italia debba rispondere a questa «chiamata alle Arti».

Perché l'Osservatorio promuove questa giornata?
Nostra intenzione è quella di proporre la promozione della riflessione da parte degli operatori culturali. Fronteggiamo un momento di enorme discontinuità per le politiche e i modelli di funzionamento del mondo culturale, riflesso della situazione critica che si vive sia nell'economia che nella società.
S'impone una ristrutturazione del Welfare statale che fino ad oggi ha provveduto al finanziamento del settore culturale. Dobbiamo cambiare passo e prospettiva di ragionamento, pensando al futuro e riformulando processi e strumenti nell'ottica del reperimento di fondi necessari al mantenimento.
L'Unione Europea ha individuato due prospettive per la sostenibilità del sistema culturale: l'impegno generale dei Paesi nell'allargamento dell'accesso alla Cultura, mettendo nella condizione i cittadini europei di aumentare le proprie competenze culturali, così come per le fasce rimaste escluse; il potenziamento degli strumenti di sviluppo dell'economia della conoscenza, attraverso la fortificazione delle imprese creative con modelli di management specifici e politiche di sviluppo adeguate.
Per il 2014-2020 infatti, i programmi di finanziamento alla cultura saranno tagliati per progetti di alto livello di complessità, efficienza, impatto sul territorio, che selezionano candidati solo se altamente qualificati e con prospettive imprenditoriali.
In Italia non siamo pronti, perché storicamente il comparto creativo è parcellizzato, con imprese di bassa capitalizzazione e basilare struttura manageriale.

Come possiamo approcciare il programma europeo a queste condizioni?
La prima azione, fondamentale, è l'informazione: il mondo culturale deve essere ancora convinto che ha i requisiti per partecipare a bandi europei di questa portata.
Dobbiamo mettere in condizione gli operatori di competere.
Questo può svilupparsi, in seconda battuta, attraverso la costruzione di servizi e infrastrutture, del tutto assimilabili a quelle che facilitano i settori manifatturieri: incubatori, start-up, programmi di de-tassazione e de-fiscalizzazione...gli strumenti non mancano.
Le amministrazioni pubbliche centrali e locali giocano la loro parte nel facilitare le imprese creative con la promulgazione di politiche di aiuto, formule di endorsement e lo snellimento delle burocrazie.
Insieme però dobbiamo lavorare per disegnare progetti di ampio respiro e visione, con partnership estese e prospettive di sviluppo economico e sociale su lungo periodo.
La complessità tecnica dei bandi europei non deve spaventare più, nel momento in cui si dispone degli strumenti opportuni di applicazione. Si tratta di avvicinare settore pubblico e privato per il comune scopo di stimolare lo sviluppo imprenditoriale del settore culturale, che per l'Unione Europea è chiaramente asse portante dell'economia del sistema, alternativa sulla quale investire per competere nell'arena geopolitica, fra Usa e la «tigre cinese».
In questo senso, l'Osservatorio Culturale del Piemonte ha un'esperienza annuale  di produzione di metodologie e soluzioni a servizio delle Istituzioni culturali. E in virtù di questa esperienza, apre ai suoi partner locali e al pubblico degli operatori un primo momento di confronto.

Nuovo peso strategico per industrie creative e culturali?
Posso affermarlo per certo. L'Unione Europea fa trasparire un ragionamento di fondo molto chiaro: la Cultura è già asse trasversale delle politiche economiche. Pensiamo solo che attraverso altri programmi europei, ad esempio per lo sviluppo delle aree urbane, per le smart cities, la cultura drena già molto di più di quanto direttamente riceva dal finanziamento dedicato. Nelle economie del nordeuropee sono prospettive già lungamente acquisite, in Germania, in Francia: il grosso del mantenimento del comparto culturale proviene da attività intersettoriali.
In Italia invece, la cultura è di interesse del solo Ministero e amministrazioni locali dedicate, pertanto riceve fondi da fonte univoca. Nessun altro Ministero ha interesse a intrecciare i propri investimenti strategici in questo ambito. Venendo meno dunque la disponibilità economica, il settore è in forte affanno. Se ci approcciamo al programma 2014-2020 con il punto di vista di una cooperativa teatrale, cercando di vincere un finanziamento di 2 o 3 milioni di Euro...stiamo già partendo con il piede sbagliato!
Sempre più liason e sistemi imprenditoriali vanno attivati e sviluppati: l'industria culturale deve dialogare con l'istituzione culturale.

La via passa per modelli tipo «Grande Brera»?
Per diversi anni ho sostenuto che il sistema museale dovesse godere di una propria autonomia gestionale dal controllo centrale: l'ingegneria tecnica dei modelli applicativi può risultare ancora contro-producente. Ciò che davvero conta oggi è se siamo in grado di competere in termini di progettualità, di visione, di concreta proposta imprenditoriale a livello europeo: produciamo prodotti culturali competitivi in un mercato così ampio e con tanti competitors motivati?
Ovviamente auspicabili tutte le formule di collaborazione, purché non si perda di vista lo scopo comune.

Un suo commento sulla recente assemblea degli Stati generali della Cultura a Roma, promossa dal Sole24Ore, house organ di Confindustria?
Trovo sia stato un momento positivo di dibattito in merito al peso strategico della cultura per il nostro sistema-Paese. Sono contento che il tema sia tornato nelle agende della Politica e del Governo.  Quello che non condivido è la prospettiva per la quale oggi si debba mettere in stand-by la cultura, perché attività di secondo ordine strategico, per riprenderla solo a priorità soddisfatte: la cultura è tema di sviluppo e non esornativo.

Come affronta la crisi l'Osservatorio Culturale del Piemonte: si è dovuto rinnovare?
La nostra struttura è snella: nati come Protocollo d'Intesa fra partner quali Regione, Comune di Torino, Fondazione CRT, Compagnia di San Paolo, IRES, AGIS, Fondazione Fitzcarraldo e da quest'anno la Camera di Commercio, da anni produciamo ricerche per la nostra Committenza e un report annuale che descrive l'intero comparto delle industrie creative e culturali del Piemonte.
La gestione operativa è affidata a IRES e Fondazione Fitzcarraldo che prestano i propri ricercatori, 4 in totale, per gli studi ordinari; diverse task forces intervengono per progetti di ricerca ad hoc. Diciamo che siamo metodologicamente flessibili  e reattivi alle situazioni contingenti: anche per l'Osservatorio si impone una politica di efficientamento e di controllo della gestione delle risorse. Non siamo Ente, né Istituto di ricerca universitario: siamo uno strumento operativo che a richiesta eroga servizi di consulenza, strumenti di risoluzione dei problemi. Forniamo prospettive di orientamento e di efficientamento nella gestione della raccolta dati e strumenti profilati per attività di accountability. Ultimamente abbiamo avviato una ricerca sull'impatto del Salone del Gusto e del week end dedicato all'arte contemporanea che promuove Torino a novembre, con analisi multi-dimensionali che tengono conto anche di elementi intangibili, come l'impatto sociologico, l'analisi dei flussi di pubblico.
Il nostro lavoro di supporto e accompagnamento delle istituzioni culturali non si esaurisce: siamo dinamici e in costante trasformazione e ascolto del contesto.

Quali I vostri partner?
Lavoriamo in una fitta rete di relazioni nazionali, con gli Osservatori delle Marche, di Trento, dello spettacolo dell'Emilia Romagna, con alcune Regioni con gli Osservatori sullo spettacolo dal vivo. Inoltre abbiamo una prospettiva internazionale, che ci tiene aggiornati sul contesto: Bruxelles in primis, in commissioni di studio in preparazione del programma Creative Europe, e gli Osservatori di Grenoble, Bilbao, Barcellona, il Culture Link di Zagabria, diverse Università Inglese. In un rapporto dell'Unione Europea siamo stati citati come ente competente in materia di erogazione di servizi e strumenti di analisi del settore culturale. Questo ci dimostra che siamo riconosciuti oltre il perimetro che studiamo quotidianamente.

In chiusura..
Siamo pronti a prestare supporto e costruire futuro per il nostro Paese.

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