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Culturalmente Impresa: l'esperienza del bando di Fondazione CaRiPaRo

  • Pubblicato il: 15/03/2016 - 19:13
Rubrica: 
BANDI E CONCORSI
Articolo a cura di: 
Damiano Aliprandi

Un'overview sul bando «Culturalmente Impresa» promosso da Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo
 

Dal bando “Culturability” promosso da Fondazione Unipolis alle iniziative sostenute da Fondazione CaRiPlo (come “I.C. – Innovazione Culturale” e, dal 2015, anche il bando “cheFare”) passando per il noto programma di A.C.R.I. “Funder35”, sono state circa 5.000 le proposte progettuali fin qui raccolte e che si sono candidate ad ottenere finanziamenti ad hoc per lo sviluppo in chiave imprenditoriale di organizzazioni attive nel settore culturale.
Un’adesione di massa che può essere in parte spiegabile dalla combinazione di due bisogni, neppure tanto latenti, espressi dai soggetti coinvolti. Da una parte, quello avvertito dalle Fondazioni bancarie di incentivare un’ampia partecipazione malgrado il carattere sperimentale e l’incertezza sugli esiti di tali iniziative: di qui il lancio di robuste reti a strascico, salvo poi dedicarsi alla selezione di quanto “pescato” solo una volta tirato a bordo. Dall’altra, l’ormai strutturale bisogno delle organizzazioni culturali di intercettare nuove risorse economiche, meglio ancora se accompagnate da servizi di mentoring e di accompagnamento tecnico, stante il perdurare della situazione di crisi dei finanziamenti istituzionali tradizionali.
L’esperienza ormai accumulata attraverso i suddetti bandi – senza dimenticare le tante iniziative analoghe promosse negli ultimi anni in Italia da soggetti differenti, sia pubblici sia privati – suggerisce di procedere non solo con una valutazione sistematica di quanto è stato fin qui realizzato, ma anche di avviare un ragionamento sulle possibili traiettorie di sviluppo futuro di tali iniziative. Non si può dare per scontato, infatti, che i prossimi anni registrino un livello di partecipazione analogo a quello visto in passato. Allo stesso tempo, pur consapevoli di quanto la dimensione quantitativa rappresenti sempre un indicatore di successo agli occhi delle istituzioni promotrici di un bando, occorre porsi anche la questione relativa alla “qualità” delle proposte stimolate da tali iniziative in termini di fattibilità, di ricadute sul territorio, di sostenibilità economica e finanziaria, di ritorni occupazionali, etc. Sembra opportuno, quindi, interrogarsi già ora sulla capacità degli strumenti messi fino ad oggi in campo di mantenere anche in futuro la loro efficacia. In tale prospettiva, l’avviamento di nuove iniziative capaci di sperimentare “strade” diverse pur collocandosi nel medesimo solco aperto dai bandi di respiro nazionale, assume un interesse particolare anche dal punto di vista strategico.
E’ il caso del bando “CulturalMente Impresa” promosso da Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo in collaborazione con Fondazione Fitzcarraldo. L’iniziativa rappresenta una sorta di spin off del bando annuale “CulturalMente”, presente dal 2012 e dedicato al sostegno dalle associazioni culturali del territorio secondo il dispositivo classico del contributo istituzionale. La nuova iniziativa, invece, attinge dalle esperienze di bandi come “Funder35” (di cui la Fondazione CaRiPaRo è, non a caso, partner) e “Culturability” per sviluppare un format più attento alle caratteristiche della propria area di riferimento. Se i programmi ideati da Fondazione Unipolis e A.C.R.I., infatti, si rivolgono da sempre ad una platea nazionale e, di conseguenza, ad una pluralità indefinita di soggetti, nel caso veneto si è invece partiti dalla diretta conoscenza dei potenziali beneficiari e dei principali fattori di criticità che ne ostacolano lo sviluppo e il rafforzamento. Tale differenza nel rapporto con il contesto di riferimento è all’origine dei principali elementi di specificità del bando promosso dalla Fondazione CaRiPaRo che di seguito vengono sinteticamente descritti.
Rispetto ai soggetti candidabili, la Fondazione ha scelto di optare per una forte selezione preventiva aprendo il bando solo a quelle organizzazioni che avevano in passato beneficiato di un finanziamento del bando “Culturalmente”: tale scelta ha risposto alla volontà della Fondazione di puntare al rafforzamento complessivo di soggetti già consolidati e non allo sviluppo di nuove proposte anche se il restringimento della rosa di potenziali beneficiari comportava inevitabilmente una riduzione drastica del numero di richieste potenzialmente esprimibili dal territorio. Restando sempre su aspetti di metodo, anche “Culturalmente Impresa” ha previsto l’attivazione di un servizio di mentoring collegato all’erogazione del finanziamento ma con un duplice obiettivo: non solo il rafforzamento delle singole organizzazioni, come nel caso di “Funder” e “Culturabiliy”, ma anche quello di stimolare lo sviluppo di una comunità di pratiche capace di trainare anche il resto del territorio. E’ evidente, infatti, che la possibilità di operare su un territorio circoscritto rappresenta, da questo punto di vista, un valore aggiunto rispetto alle iniziative estese su contesti territoriali geograficamente lontani.
Uno dei principali problemi che la Fondazione si è dovuta porre, inoltre, ha riguardato la “percezione” di tale iniziativa da parte di operatori culturali abituati alle modalità tradizionale del contributo istituzionale. Come dichiarato da Marina Bastianello, vicepresidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, una delle sfide riguardava la necessità di far passare l’idea che, con il bando, la Fondazione intendeva «cambiare passo dall’erogazione di contributi a pioggia alle associazioni ad una strategia più articolata tesa a far crescere queste realtà, restituendo così piena dignità alle professioni in ambito culturale e valorizzando maggiormente il ruolo dell’associazionismo culturale giovanile come risorsa del tessuto sociale ed economico del territorio anche attraverso la gestione innovativa di spazi culturali pubblici». Di qui la necessità, da una parte, di informare nel modo più corretto ed efficace possibile i potenziali fruitori del nuovo bando, dall’altra evitare che, una volta passata la selezione, le associazioni vincitrici finissero per gestire il finanziamento come un contributo ordinario invece di interpretarlo come un “investimento” per la propria crescita. Rispetto al primo punto, la possibilità di interfacciarsi ad un territorio circoscritto e conosciuto ha consentito l’organizzazione di diversi momenti pubblici, prima e dopo la pubblicazione del bando, durante i quali è stato possibile confrontarsi a più riprese con gli operatori e analizzare criticità, dubbi e problematiche. Il secondo punto, invece, è stato gestito introducendo un criterio di premialità, assente nelle altre iniziative promosse da Fondazioni bancarie: dopo i primi due anni di finanziamento (fino a 30 mila euro/anno), previa positiva valutazione del lavoro svolto e dei risultati raggiunti nel periodo precedente, è stata prevista una ulteriore estensione del contributo della Fondazione per un terzo anno.
Passando dalla dimensione relativa al metodo a quello dei contenuti, il bando Culturalmente Impresa ha fatto tesoro delle esperienze già consolidate, soprattutto del programma “Funder”. Anche in questo caso, tuttavia, la conoscenza del territorio ha suggerito di ammorbidire la richiesta relativa al “fare impresa” che è stata considerata come una possibile strategia di rafforzamento delle organizzazioni, non l’unica strada percorribile. Di conseguenza, le organizzazioni culturali si sono sentite libere di esprimere una proprio progetto di sviluppo senza doverlo necessariamente vincolare dentro i parametri dell’impresa.
Le undici proposte selezionate (sulle 37 complessive che hanno risposto al bando) ben rappresentano la varietà di settori in cui si articola il tessuto associativo culturale di Padova e Rovigo: dal teatro al cinema, dall’animazione territoriale all’arte figurativa, comprendendo anche esperienze “ibride” che puntano a creare sinergie innovative con i settori dell’ambiente, dello sport, del design, del turismo e del sociale. Le sfide da affrontare ora non sono di certo poche. Tuttavia grazie a “Culturalmente Impresa” sarà possibile sperimentare sul campo la validità di un approccio che può essere considerato una sorta di declinazione in chiave territoriale delle iniziative finora promosse su scala nazionale e che potrebbe rappresentare un opzione percorribile anche per le tante Fondazioni bancarie di dimensione locale interessate a facilitare la nascita e il consolidamento di nuove forme di imprenditorialità sociale e culturale sul proprio territorio.

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