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Come cambia la cooperazione pubblico-privato per la cultura? Quando «partecipazione» smette di essere commercializzazione

  • Pubblicato il: 30/09/2011 - 12:52
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Articolo a cura di: 
Chiara Tinonin
Auditorium Parco della Musica di Roma

Roma. Uno schieramento di eccellenze italiane del mondo della cultura si sono incontrate il 22 e il 23 settembre all’Auditorium Parco della Musica di Roma per la Conferenza Nazionale degli Assessori alla Cultura e al Turismo organizzata da Federculture. Tavole rotonde, dibattiti e presentazioni di ricerche per fare il punto, in un momento storico di grandi ripensamenti, sull’evoluzione dei modelli di cooperazione tra l’amministrazione pubblica e i privati - in particolare le imprese - per la crescita dell’offerta cultura delle città italiane, sempre più segnate dai tagli della spesa pubblica.

In quale situazione ci troviamo? Anche se la cultura è riconosciuta come un bene pubblico e dà lavoro a 1,4 milioni di cittadini, facciamo i conti con una diminuzione costante dell’impegno dello Stato a favore del settore: negli ultimi dieci anni il MIBAC ha visto diminuire la sua dotazione di risorse del 32,5 % (lo stanziamento 2011 è sceso alla soglia minima di 1,5 miliardi di euro, cioè lo 0,2% del bilancio totale di tutti i Ministeri) e gli enti locali, già tra il 2008 e il 2009 secondo le ultime rilevazioni Istat, hanno potuto investire sempre meno sull’offerta culturale (i Comuni hanno diminuito il loro impegno del 3,8 % e le Province del 15,9%). Un dato positivo: la spesa delle famiglie italiane per la cultura ha raggiunto i 65,5 miliardi di euro nel 2010, aumentando del 4,9% rispetto al 2009. Le prime dieci mostre più viste nel 2010 hanno raccolto un pubblico di oltre 2 milioni di persone, quasi 23 milioni gli ingressi a teatro (con una spesa di 458 milioni di euro) e nei primi sei mesi del 2011 i visitatori dei musei statali sono stati il 9,5 % in più rispetto allo stesso periodo del 2010.

Durante l’incontro «Partnership Pubblico/Privato: non solo risorse ma progetti comuni per l’offerta culturale e turistica» moderato dal Presidente della Fondazione La Triennale di Milano, Davide Rampello, sono state messe a confronto per la prima volta nella storia della Conferenza Nazionale degli Assessori le strategie dell’impresa - presenti, infatti, due colossi come Enel (rappresentata da Gianluca Comin, Direttore Relazioni Esterne) e Telecom (con Massimiliano Tarantino, Responsabile Corporate Communication) - con quelle delle grandi istituzioni culturali del Paese – Fondazione Musica per Roma, Fondazione MAXXI, Fondazione per la Cultura di Genova – con il punto di vista dell’amministratore pubblico – presente un rappresentante del Ministero della Gioventù e il coordinatore degli Assessori alla Cultura e Turismo dell’UPI –.

L’incipit pragmatico del coordinatore, indirizza un dibattito che ha tutta l’aria di mettere da parte improduttive lamentele per far spazio a una riflessione che possa guidare il cambiamento: «per le istituzioni culturali sarà sempre più necessario avere e acquisire un atteggiamento di ascolto verso il privato, che deve essere non solo un partner finanziario, ma anche uno stimolo creativo. Questa è la vera sfida: progettare insieme». Negli ultimi anni l’andamento della sponsorizzazione d’impresa in campo culturale è diminuita di quasi il 30%: le imprese privilegiano la sponsorizzazione sportiva (884 milioni di euro nel 2010), poi investono nel campo dell’utilità sociale e della solidarietà (389 milioni di euro nel 2010) e infine nella cultura e spettacolo con 181 milioni di euro investiti, in diminuzione del 29,8% rispetto al 2008. Naturalmente la crisi economica ha imposto all’impresa una riallocazione delle risorse e una razionalizzazione degli investimenti, ma quello che emerge dal dibattito romano è soprattutto una questione metodologica: alle imprese non si chiede abbastanza. Sono ancora troppo rari i progetti pensati e condotti insieme, progetti che possano mettere in campo le competenze aziendali accanto a quelle artistiche e che siano apripista per aree di sinergia ancora sottovalutate, come l’art-based learning e i risvolti organizzativi che l’investimento culturale può generare se condiviso fino in fondo con i propri dipendenti. L’ospite Carlo Fuortes, Amministratore delegato della Fondazione Musica per Roma che gestisce l’Auditorium Parco della Musica, ci parla di un esempio virtuoso che in due anni è arrivato a ridurre l’onere pubblico dal 60% al 33%: «l’Auditorium ha una percentuale di autofinanziamento del 67%: una situazione assai rara in Europa, e dimostra che se c’è un ruolo forte della Pubblica Amministrazione (la Fondazione è partecipata dal Comune di Roma, Provincia di Roma, Regione Lazio) nel garantire i servizi e l’accessibilità degli spazi, allora è possibile avere diversificazione delle fonti di finanziamento. Lo Stato deve far sentire ai privati che la cultura sia un settore fondamentale su cui investire perché nel settore culturale se il pubblico è debole anche il privato è debole; se il pubblico è forte allora il privato ha tutto l’interesse a partecipare». La Filarmonica di Santa Cecilia ospitata all’Auditorium collabora con le maggiori imprese italiane – tra cui Enel; all’Auditorium sono offerti servizi culturali altamente targetizzati e nella maggior parte dei casi costruiti insieme ai soggetti privati che li supportano. La sua formula, vincente, è stata quella di trasformare il pregiudizio di commercializzazione della cultura verso una reale inclusione sociale dei cittadini.
Perché oggi, quello che l’impresa può fare per la cultura è soprattutto renderla invitante a tutti.

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Per un approfondimento sulle sponsorizzazioni culturali in Italia è in uscita con il numero di Novembre de «Il Giornale dell’Arte» il Rapporto Annuale Sponsorizzazioni.