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Canova e la danza

  • Pubblicato il: 17/02/2012 - 10:24
Autore/i: 
Rubrica: 
FONDAZIONI CIVILI
Articolo a cura di: 
Stefania Crobe
Antonio Canova

Possagno (TV). Con la mostra «Canova e la danza. La danza nella scultura e nella pittura di Antonio Canova» la Gipsoteca Museo Canova di Possagno dedica una mostra alle «danzatrici» in occasione della presentazione al pubblico del restauro di uno dei capolavori in gesso di Antonio Canova, la «Danzatrice con i Cembali» del 1812.
La mostra della Gipsoteca Museo Canova, la cui gestione è affidata alla Fondazione Museo Canova onlus – evoluzione legislativa di quel «Lascito Fondazione Canova (IPAB)» che nel 1853 Giovanni Battista Sartori, fratellastro di Antonio Canova e suo erede universale, volle costituire per custodire e conservare gli stabili e le opere dell’artista - apre al pubblico il 3 marzo 2012 (fino al 30 settembre 2012).
 
La statua in marmo (1809-1814) che rappresenta la «Danzatrice con i cembali», facente parte di un gruppo di tre danzatrici eseguite in tempi e per committenti diversi - la «Danzatrice con le mani sui fianchi», voluta da Giuseppina Buonaparte, che venne acquistata da Alessandro I di Russia e giunse a San Pietroburgo, trovando poi collocazione definitiva e inamovibile all’Ermitage, e la «Danzatrice col dito al mento», andata dispersa - fu eseguita per l’ambasciatore russo a Vienna Andrei Razumovskij e si trova oggi presso il Bode Museum di Berlino. La statua di Berlino trova una precisa sollecitazione creativa nei numerosi disegni e nelle tempere conservate presso la Gipsoteca di Possagno – esposte in mostra - con cui vi è una stretta relazione iconografica.
Ed è a Possagno che si conserva il gesso originale, quello su cui Canova lavorò, affidandone poi la trasposizione in marmo ad abili collaboratori, della Danzatrice con i cembali.
Ai tempi della prima guerra mondiale, nel 1918, una granata austroungarica colpì Possagno sfregiando la statua che subì la frantumazione delle braccia e che da allora protende al cielo le braccia monche.
La guerra ne frantumò l’armonia e quietò la musica.
A partire dal 3 marzo, la Danzatrice di Possagno tornerà però a suonare armoniosamente i suoi cembali. Grazie ad un grande progetto congiunto della Fondazione Canova di Possagno e del Museo Bode di Berlino, la danzatrice di Canova tornerà ad abitare con la sua mucica gli spazi del museo; un’opera che, nelle parole del teorico del neoclassicismo Johann Joachim Winckelmann, «trascende il tempo per irradiare la serenità del Bello Ideale».
Grazie ad un raffinato procedimento detto «reverse engineering» il gesso originale è stato completato attraverso una scansione in 3D dell’opera in marmo che il Bode Museum ha concesso di realizzare.
Un’operazione complessa, data la preziosità e la delicatezza dell’opera canoviana, realizzata grazie al sostegno di un’importante impresa italiana, Fassa Bortolo, che ne ha sponsorizzato il restauro.
L’impresa, il cui intervento a favore della valorizzazione e promozione culturale non è nuovo – è già promotrice del «Premio Domus Restauro» e del «Premio Architettura Sostenibile» -, ha siglato con la Fondazione un accordo di sponsorizzazione per tre anni e la supporterà, oltre che per questo, anche per altri restauri.
 
Nel «gesso» si incontrano così gli interessi delle due realtà, dove l’impresa mette al servizio dell’arte la sua ricerca nell’edilizia e le più moderne soluzioni tecniche: lo stesso gesso che compone il Sistema Cartongesso Gypsotech brevettato dall’azienda per i professionisti dell’edilizia è stato utilizzato per il restauro dell’opera canoviana. La qualità dell’impresa diventa risorsa per l’arte.
Un’azione che, se dall’esperienza trevisana si estendesse a tutto il territorio nazionale, attraverso un impegno non circoscritto al singolo progetto e o evento ma attraverso un coinvolgimento responsabile costante delle aziende sul territorio e attraverso un dialogo (e un ascolto) tra pubblico e privato, produrrebbe crescita e innovazione, per il patrimonio, per le comunità, per il territorio.
«Una grande azienda – recita il motto di Fassa Bortolo - non ha solo sfide, ma anche responsabilità».
E chi conosce il valore dell’eccellenza ha il dovere di diffonderlo.
 
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