Italia Non Profit - Ti guida nel Terzo Settore

Arte e Partecipazione contro la violenza sulle donne: il dibattito al Collegio Castiglioni Brugnatelli di Pavia

  • Pubblicato il: 15/12/2017 - 00:00
Rubrica: 
CULTURA E WELFARE
Articolo a cura di: 
Michela Magliacani, Cristina Muccioli, Eugenia Bernardotti

Un workshop del Collegio Castiglioni Brugnatelli, luogo istituito nel 1429 per accogliere gli  studenti in occasione della giornata internazionale contro la violenza sulle donne. In   “E Riuscimmo a rivedere le stelle. Non perdere l’amore dopo la violenza”, le 160 alunne del Collegio, vera e propria comunità sociale,  di diversa provenienza italiana e straniera, hanno condiviso l’idea di contribuire al dialogo su questo delicatissimo tema sociale affinché non rimanga sommerso.  Un  ragionamento corale che si è sviluppato partendo dall’arte, dal  pensiero  di Zygmut Bauman  “La nostra vita è un'opera d'arte” per generare welfare attraverso la  cultura con approcci rinnovati, trasformiamo gli istituti culturali in agorà. “Il Collegio Castiglioni Brugnatelli, gestito insieme ad altri 11 collegi, dall’Ente al Diritto allo Studio Universitario EDiSU Pavia, si pone questo obiettivo, interagendo con la città per contribuire alla diffusione del senso civico e del valore della partecipazione”, come affermano gli organizzatori.
 
Rubrica di ricerca in collaborazione con Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo.

 

Il Collegio Castiglioni Brugnatelli,  istituito dal Cardinale Branda Castiglioni con bolla papale nel 1429 per dare ospitalità a  studenti poveri, ma dotati di belle doti intellettuali e buoni costumi, religiosi o laici, italiani o stranieri con l’obiettivo di continuare il percorso formativo presso il Studium generale pavese e poi divenuto nel 1954 il primo Collegio Universitario Laico femminile d’Italia ha organizzato il  workshop “E Riuscimmo a rivedere le stelle. Non perdere l’amore dopo la violenza” in occasione della giornata internazionale contro la violenza sulle donne.
Le 160 alunne del Collegio, di diversa provenienza italiana e straniera, hanno condiviso l’idea di contribuire al dialogo su questo delicatissimo tema sociale affinché  non rimanga sommerso, ma  sia oggetto di discussione collettiva e di riflessione intima anche da parte degli studenti universitari e non  solo. Come le alunne ogni volta con la loro partecipazione attiva testimoniano, i Collegi universitari sono in primis comunità sociali dove si scambiano esperienze, condividono valori, si acquisiscono conoscenze, veri e propri laboratori di vita nei quali numerose sono le occasioni di scambio anche con le altre presenti in città e con la città stessa.
Della violenza sulle donne abbiamo parlato in maniera aulica, condividendo profondamente il pensiero di Zygmut Bauman secondo il quale: “La nostra vita è un'opera d'arte – che lo sappiamo o no, che ci piaccia o no. Per viverla come esige l'arte della vita dobbiamo – come ogni artista, quale che sia la sua arte – porci delle sfide difficili (almeno nel momento in cui ce le poniamo) da contrastare a distanza ravvicinata; dobbiamo scegliere obiettivi che siano (almeno nel momento in cui li scegliamo) ben oltre la nostra portata, e standard di eccellenza irritanti per il loro modo ostinato di stare (almeno per quanto si è visto fino allora) ben al di là di ciò che abbiamo saputo fare o che avremmo la capacità di fare. Dobbiamo tentare l'impossibile”.  L’arte è stata quindi richiamata per introdurre il tema  in maniera aulica, ma certamente originale.
Il collegamento alla vicenda umana ed artistica della pittrice caravaggesca Artemisia Gentileschi e l’accusato Agostino Tassi, un caro amico di famiglia che un anno prima l’aveva stuprata, poteva essere propriamente atteso. In questa sede desideriamo infatti ricordare l’opera “Giuditta che decapita Oloferne” (1612 - 1613). Nell’atto di decapitare il suo nemico è dipinta una Giuditta orgogliosa ed eroica che però anche incarna un’Artemisia in collera per il torto subito, che cerca attraverso la sua arte di annientare fisicamente il suo stupratore; nella realtà Artemisia è una donna bloccata dalla vergogna, additata una società misogina che l’accusava di aver aspettato troppo a denunciare il suo stupratore e quindi di essere consenziente. Una società che al posto di tutelare una donna danneggiata da una violenza subita l’ha sottoposta a tortura per testare la veridicità delle sue dichiarazioni. Dal processo, Artemisia uscì vincitrice ma in lei e nella sua arte rimasero palpabili le tracce delle sofferenze subite. L’attualità di questa vicenda è disarmante.
 
L’evento ha tuttavia assunto un’altra angolatura: l’arte è stata considerata come forma di rappresentazione della donna nella sua fragilità fisica ed emotiva in una storia di patriarcato violento che affonda le radici all’origine della nostra civiltà europea: per i Greci per esempio i mostri erano femminili (si pensi alle sirene assassine, alle arpie, alla sfinge che sfida Edipo); ai tempi di Cicerone poi, le donne fertili in famiglia venivano chiamate ‘ventri’. La femminilità offesa e sofferente non è stata evocata da chi ne ha previsto, artisticamente, un epilogo di vendetta e di morte, ma di chi, come Rembrandt, con grande delicatezza e immedesimazione psicologica nella sua Betsabea al bagno (1654) ha dato immagine, per la prima volta nella storia dell’arte, allo sconforto, allo smarrimento e al timore delle donne aggredite dal tumore al seno. La grazia, la compassione, il rispetto possono essere sovversivi e decisivi nel cambiamento di un paradigma culturale oppressivo e sessista.
 
Nella Cappella del Collegio Castiglioni Brugnatelli, è affrescata una Madonna Annunciata del 1475 che ne è fulgido esempio. La sua testa non è sigillata e celata da un velo, ma è incorniciato da una chioma ‘liberata’, fluente e radiosa, perché la bellezza non è induzione al peccato e alla perversione, né la sua censura sono segni di moralità, bensì di moralismo. La giovane Maria è intenta nella lettura, e anche questo è un messaggio di raffinata potenza comunicativa, poiché per millenni alle donne è stato impedito, e poi reso difficoltoso, istruirsi.
 
Il dibattito è stato poi sviluppato dalla tavola rotonda alla quale hanno partecipato la Cooperativa LiberaMente che gestisce il Centro antiviolenza in Pavia e provincia, il Nucleo investigativo del Comando provinciale dei Carabinieri di Pavia, l’IRCC Policlinico San Matteo, l’Università di Pavia, attori che costituiscono la rete interistituzionale che opera sul territorio. Il Comune di Pavia è intervenuto con i contributi dell’Assessore alle Politiche sociali, dell’Assessore alle Pari opportunità e del Presidente del Consiglio Comunale.
 
A nostro parere il successo di questo evento “locale” merita attenzione e divulgazione per due principali ordini di motivazioni:

  • Le giovani generazioni hanno bisogno di riflettere su temi sociali così delicati attraverso eventi che permettano di approfondire le ragioni del problema da vari punti di vista, compreso quello storico-culturale. I post ed immagini sui social madia sono, a nostro avviso, necessari ma non sufficienti a stimolare l’introspezione nei singoli;
  • La cultura crea welfare”. Certamente ne siamo convinti noi che operiamo nei vari ambiti del settore, ma come lo crea? Offriamo occasioni pubbliche di dibattito, stimoliamo il pensiero con approcci rinnovati, trasformiamo gli istituti culturali in agorà. Il Collegio Castiglioni Brugnatelli, gestito insieme ad altri 11 collegi, dall’Ente al Diritto allo Studio Universitario EDiSU Pavia, certamente si pone questo obiettivo, interagendo con la città per contribuire alla diffusione del senso civico e del valore della partecipazione.

 
A chiusura dell’evento è stata ricordato che il public engagement si può stimolare solo attraverso la cultura. Ci piace farlo anche qui con le parole di un uomo:  
“Vorrei essere libero, libero come un uomo.
Come l’uomo più evoluto che si innalza con la propria intelligenza
e che sfida la natura con la forza incontrastata della scienza,
con addosso l’entusiasmo di spaziare senza limiti nel cosmo
e convinto che la forza del pensiero sia la sola libertà.

La libertà non è star sopra un albero,
non è neanche un gesto o un’invenzione,
la libertà non è uno spazio libero,
libertà è partecipazione”

      Giorgio Gaber, La libertà, 1972
 
Michela Magliacani, Prof. ssa di Economia Aziendale UNIPV e Rettrice del Collegio Castiglioni Brugnatelli
Cristina Muccioli, Prof.ssa Cristina Muccioli, docente di etica della Comunicazione dell’Accademia delle Belle Arti di Brera e Critico d’arte
Eugenia Bernardotti, Dott.ssa in Scienze dei Beni Culturali, Università Cattolica del Sacro Cuore Milano