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Arte, cultura e creatività come generatori di valore economico e sviluppo per cittadini e imprese

  • Pubblicato il: 28/03/2014 - 09:53
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STUDI E RICERCHE
Articolo a cura di: 
Emanuela Gasca

Roma. «Cultura motore dello sviluppo» non è solo un auspicio per i prossimi anni, ma il titolo di un’importante studio del Centro Studi Confindustria – CSC - che è stato presentato lo scorso dicembre a Roma e che porta avanti la riflessione già sviluppata dal rapporto del 2011 «Esportare la Dolce Vita» (Centro Studi Confindustria, Prometeia, 2011) relativo al posizionamento competitivo del nostro Paese nei settori chiave del made in Italy.
Affrontando un tema molto attuale, all’interno del rapporto che si intitola appunto «La difficile ripresa. Cultura motore dello sviluppo», il CSC «indaga la forte relazione tra cultura ed economia in relazione al fatto che essa rappresenti un’enorme occasione per il rilancio del Paese» (Confindustria Centro Studi, 2013).
Grazie al patrimonio culturale e alle produzioni creative che  possono avere molteplici ricadute industriali, si possono infatti innescare collaborazione tra soggetti pubblici, che tutelano i beni collettivi, e i privati attrezzati a rendere quei beni a beneficio di tutti.
All’interno della presentazione dello studio, Luca Paolazzi, Direttore del CSC, introduce il tema con il termine «ricostruzione» che dovrebbe seguire al periodo di crisi che sta caratterizzando l’Italia nella convinzione che esista una «vitalità culturale» da valorizzare. La visione dei beni culturali come giacimento - che vede l’Italia al primo posto per siti iscritti alla World Heritage List dell’UNESCO - , infatti, non deve solo essere legata solamente alla loro fruizione turistica ma anche e soprattutto alla possibilità di generare, attraverso le industrie culturali e creative, conoscenza e talenti. Questi ultimi si trasformano, attraverso l’attività di impresa, in reddito, occupazione e valore economico, tema molto discusso nella letteratura culturale ed estimativa ma quanto mai attuale.
«Il CSC ha dedicato l’ultimo approfondimento al tema della cultura come motore di sviluppo perché è evidente – spiega Paolazzi – che occorre ripartire dalla fonte della conoscenza e della creatività per far sì che l’Italia possa continuare a competere sui mercati globali, generare reddito e occupazione. Beni culturali, turismo, manifattura trovano sintesi nella capacità di rielaborare il passato in chiave di unicità che genera valore; questo significa innovare. Il patrimonio artistico deve essere qualcosa di vivo, altrimenti produce una cultura della rendita che soffoca le nuove iniziative».
Con questa premessa lo studio, avvallato da riferimenti alla letteratura scientifica e dati statistici provenienti da enti ed istituzioni di annoverata esperienza e titolarità, indaga i valori intrinseci presenti nel binomio «cultura e sviluppo» proponendo in conclusione alcuni indirizzi per le future politiche culturali.
La cultura è innanzitutto comportamento, legata cioè ai valori di una comunità, alla qualità delle istituzioni formali (leggi, tribunali, servizi educativi, ecc…) e alle variabili economiche. Tutti questi elementi non sono immutabili e interagiscono con lo sviluppo stesso.
La cultura è anche fonte di benessere in quanto la possibilità di avere accesso alla musica, alla letteratura e alle arti in generale può migliorare le condizioni di vita. Il patrimonio culturale costituisce infatti, insieme al paesaggio, una delle 12 dimensioni del benessere identificate da ISTAT e CNEL nella recente iniziativa «BES – Benessere Equo Sostenibile» che pone l’Italia all’avanguardia nel panorama internazionale in tema dello stato di salute di un Paese attraverso un sistema di indicatori (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro e Istituto Nazionale di Statistica, 2013).
La cultura diventa anche elemento fondante di settori produttivi che questi ultimi ricavano dalla presenza di un forte nucleo artistico – creativo. Secondo lo studio CSC, negli ultimi tempi si sono profondamente trasformate le politiche culturali, volte non solo più a tutelare e preservare il patrimonio artistico, ma anche a rafforzare la competitività delle industrie creative e culturali e a valorizzare il loro ruolo propulsivo per l’innovazione dell’intero sistema economico. Avvallando il ragionamento di «Cultura: modello a cerchi concentrici» (Throsby, 2008), infatti, le industrie creative (come per esempio il design), a differenza dei beni culturali, producono beni che possono essere replicati, venduti ed esportati.
La cultura non è però solamente rappresentata dalle tre dimensioni precedentemente descritte ma, secondo il CSC, ha una importante componente legata alla partecipazione dei cittadini. Qualche anno fa l’Eurobarometro Europeo ha dedicato un approfondimento relativo a questo tema (Commissione Europea, 2007) registrando che l’88% degli italiani considera la cultura importante seppur partecipando poco alle attività artistiche e culturali. In particolare, se ci si concentra sulla percentuale di intervistati che, almeno una volta nell’ultimo anno, hanno visitato un museo (CSC, 2013), emerge che solo il 41% degli italiani si è recato presso un sito storico, a differenza per esempio del 71% degli olandesi o del 65% dei britannici. Le cause del fenomeno sono da ricercarsi anche nella mancanza di tempo (33%), nello scarso interesse (32%) e soprattutto nella crisi economica, elemento preponderante nel confronto tra performance economica e variazioni nella partecipazione culturale nel periodo 2007 – 2013. La scarsa partecipazione dei cittadini alla cultura emerge anche dalle statistiche che riguardano il grado di istruzione in materie artistiche. In Italia si dedicano circa 390 ore all’anno all’insegnamento dell’educazione artistica nei primi due gradi di istruzione, circa la metà rispetto a Francia (760 ore) e Germania (750 ore) (CSC; 2013).
Per quanto riguarda invece i consumi culturali l’Italia è al 18esimo posto nella diffusione dei quotidiani, al V posto per quanto riguarda l’offerta e la domanda nel settore cinematografico, al IV posto per le vendite nel mercato della musica. Dal punto di vista del settore enogastronomico è però leader nel 2013 per le denominazioni DOP e IGP (265 per prodotti agricoli e 605 per i vini), seguita da Francia, Spagna e Germania.
Ultima, ma non per importanza, è l’accezione che lega la cultura al patrimonio del nostro Paese. Numerosi studi avvallano questa tesi: in termini numerici, per esempio, secondo il MiBACT nel 2012 sono 3.609 i musei statali italiani (il doppio di quelli spagnoli e tre volte quelli francesi); a livello qualitativo, invece, il Country Brand Index (Future Brand, 2013) vede l’Italia al primo posto nella dimensione «cultura e patrimonio», ed in particolare nelle categorie «arte e cultura» e «storia».
Ma quanto pesa la cultura per l’economia italiana? Nel 2011 il complesso del sistema produttivo culturale rappresentava in Italia il 5,6% del valore aggiunto totale, pari a 78,8 miliardi di Euro. Il dato è inferiore solo a quello della Gran Bretagna anche se si evidenziano a livello internazionale alcune differenze per quanto riguarda i diversi settori (elaborazioni CSC 2013 su dati Eurostat): in Italia, rispetto agli altri Stati, pesano molto le industrie creative (2,2%) grazie per esempio ai settori dell’abbigliamento ma anche ad altri comparti a forte contenuto creativo come le lavorazioni artistiche del vetro, ceramica o marmo in cui il valore aggiunto aggregato rappresenta il 34,1% di quello prodotto dall’intera UE. In Italia sono però basse le percentuali relative alle industrie culturali (2,8%) e al nucleo artistico – culturale (0,6%) che, se considerato solo per le sue componenti delle arti visive e performative, fa scendere l’Italia agli ultimi posti.
Non dimentichiamo però che dal 2008 al 2011 a causa della crisi, il peso dei settori creativi e culturali è diminuito in tutti i paesi.
Una situazione simile si verifica per quanto riguarda l’occupazione: nel 2012 il settore cultura nel suo complesso ha impiegato in Italia il 5,9% degli occupati, mentre le industrie creative hanno dato luogo al maggiore assorbimento occupazionale, con il 47,3% del totale (643mila occupati), contro il 42,7% (581mila) delle industrie culturali e il 10,0% (137mila) del nucleo artistico - culturale.
Per analizzare la competitività internazionale delle industrie culturali e creative, altro aspetto importante è quello dell’analisi del valore delle esportazioni che ha rivelato che il sistema cultura è più orientato alle vendite all’estero rispetto alla media del resto dell’economia.
In conclusione, il Centro Studi Confindustria sostiene che è fondamentale «comprendere che le frecce a disposizione dell’arco delle politiche culturali sono molte di più rispetto a quando il loro orizzonte d’azione era limitato alla tutela del patrimonio storico e alla promozione delle arti creative» e riguardano oggi una molteplicità di obiettivi ed attori. Questi ultimi non sono solo più rappresentati dagli enti pubblici nazionali e locali che si sono occupati fino ad oggi della tutela e della valorizzazione, ma da un’ampia platea di soggetti che deve coinvolgere oggi anche gli stakeholders interessati alla creazione di nuovi contenuti culturali: tra questi le imprese commerciali, le industrie creative, le istituzioni pubbliche culturali e le organizzazioni non profit come le fondazioni che operano in ambito molto vicini alle arti e ai servizi legati al patrimonio storico.
In questo contesto strumenti tradizionali e nuovi dovrebbero essere valorizzati per il perseguimento di efficienti politiche culturali. I primi potrebbero essere ricercati attraverso: apertura alle imprese alla governance delle istituzioni culturali sul modello della délégation de service public francese attraverso il processo per cui il sistema pubblico affida in assoluta trasparenza la gestione dei beni culturali ai privati attraverso bandi di gara; valorizzazione dei magazzini dei musei; il rafforzamento dell’orario di storia dell’arte nelle scuole; l’intervento dei privati nel nucleo della cultura che potrebbe avere esternalità positive molto rilevanti.
Tra i nuovi strumenti delle politiche culturali rientrano invece, secondo il CSC, quelli che le avvicinano alle politiche industriali e che hanno come obiettivo il miglioramento della competitività delle industrie culturali e creative. Tra questi la tutela della proprietà intellettuale, presupposto fondamentale per valorizzare i prodotti delle industrie culturali;l’apertura e la promozione internazionale del patrimonio storico – artistico italiano e del nostro made in Italy; lo sviluppo dell’Agenda Digitale Italianache contiene ancora pochi riferimenti all’industria culturale e creativa; la riscoperta della centralità dell’industria manifatturieraper lo sviluppo economico che nel nostro Paese vede protagonista l’artigianato industriale che fonde il “saper fare” italiano con il patrimonio, l’arte e il talento in cui è inserito.
Cultura e creatività devono quindi diventare le leve propulsive per l’Italia al fine di rivedere questi due concetti in termini di valore economico e sviluppo del Paese.
Il rapporto è visionabile on line sul sito del Centro Studi Confindustria.

Bibliografia essenziale
Commissione Europea (2013), Cultural access and participation, Special Barometer 399.
Commissione Europea (2007), European Cultural Values, Special Barometer 278.
Centro Studi Confindustria (2013), Scenari Economici. La difficile Ripresa, Editore SIPI S.p.A., Roma n. 19, dicembre 2013.
Centro Studi Confindustria, Prometeia (2011), Esportare la Dolce Vita. Il bello e il ben fatto italiano alle prese con i nuovi mercati, Roma. Disponibile on line: http://www.unindustria.na.it/Unindustria/resources/cms/documents/Esportare_la_dolce_vita_edizione_2011.pdf
Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro, Istituto Nazionale di Statistica (2013), Il benessere equo e sostenibile in Italia, Roma.
Future Brand (2013), Country Brand Index 2012 – 2013,
E. Gasca (2013), Creatività e Cultura. Patrimonio intangibile e buone pratiche nei paesi in via di sviluppo, in "Il Giornale dell’Arte/Fondazioni", edito da Il Giornale dell'Arte, Società Editrice Umberto Allemandi & C. spa, Torino. Disponibile on line: http://www.ilgiornaledellarte.com/fondazioni/articoli/2013/12/118125.html
L. Paolazzi (2013), La difficile Ripresa. Cultura motore dello Sviluppo, Roma, 19 dicembre 2013.
D. Throsby (2008), The Economics of Cultural Policy, Cambridge University Press, Cambridge.

Sitografia essenziale
BES – Benessere Equo Sostenibile: www.misuredelbenessere.it
Centro Studi Confindustria: www.confindustria.it
Eurobarimeter – European Commission: www.ec.europa.eu
The Future Brand Country Brand Index: www.futurebrand.com
World Heritage List – UNESCO: whc.unesco.org

Fonte dell’immagine: Centro Studi Confindustria