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Arcipelago Italia. Progetti per il futuro dei territori interni del Paese

  • Pubblicato il: 16/03/2018 - 08:00
Autore/i: 
Rubrica: 
FONDAZIONI PER LA CULTURA
Articolo a cura di: 
Stefania Crobe

Il Padiglione Italia alla Biennale Architettura 2018 guarda al grande fermento culturale nelle aree interne del Paese. Se la cultura e le arti storicamente anticipano, la politica sembra essere finalmente al passo. Sembra.


 

I paesaggi [...] sono il frutto di sguardi particolari, esperienze e storie individuali” fatte di “suoni, gli odori, i sapori, la fisiologia dei vegetali, la struttura delle rocce, i colori della terra e del cielo distinguono radicalmente un paesaggio da un altro e ne fanno un centro d’irradiazione delle sensazioni e delle emozioni. Inversamente, i linguaggi sensibili possono rievocare o creare “visioni”, immagini, intime o collettive, moltiplicando all’infinito i paesaggi possibili. Immagini che l’arte non rappresenta ma incarna, crea (Augé, 2017).

Presentato lo scorso febbraio a Roma, il Padiglione Italia alla Biennale di Architettura 2018 - Arcipelago Italia. Progetti per il futuro dei territori interni del Paese - curato all'architetto Mario Cucinella, riporta l'attenzione su un tema verso il quale sembrano inaspettatamnte convergere in maniera sincronica l'interesse della ricerca scientifica, delle pratiche, delle politiche.
Con lo sguardo proteso verso i territori interstiziali, cuore pulsante del Paese, viene ripensato il rapporto tra metropoli, grandi centri di urbanizzazione – la cui esplosione e implosione inasprisce le polarizzazioni e le ingiustizie sociali inseguendo un modello di crescita illimitata – e territori liminali.

Un viaggio lungo la dorsale italiana - dall’Arco Alpino, lungo l’Appennino, sino nel Mediterraneo - che inizia con la call lanciata lo scorso giugno per esplorare e mappare buone pratiche nelle aree interne del Paese in cui l'architettura viene “usata” al servizio della società creando – come affermava Ernesto Nathan Rogers - una sintesi tra il mondo dell’utile e quello della bellezza.
4 le tematiche che la call aveva il compito di indagare mappando luoghi attraverso l'architettura: abitare, connettere, condividere, progredire per misurare l'empatia con i luoghi, il rapporto tra l’opera e il contesto, l'impatto sociale.
500 le esperienze che hanno risposto alla call, 65 i progetti tra queste selezionate che entreranno a far parte del Padiglione Italia. Ma non solo.
Sono stati selezionati sei studi di architettura (AM3 Architettura, BDR Bureau, Diverserighe Studio, Gravalos Di Monte Arquitectos, Modus Architects, Solinas Serra Architetti)  per“Cinque progetti per il Paese”, ovvero cinque aree strategiche su cui lavorare per il rilancio dei territori interni attraverso sperimentazioni – in dialogo con gli stakeholder locali - che possano essere strumenti di costruzione territoriale, ausilio a comunità e amministratori locali, suggerendo un possibile approccio metodologico.
Gli esiti di questo processo – che coinvolge la Barbagia con la piana di Ottana, nella regione centrale della Sardegna; la Valle del Belice con Gibellina; Matera con la Valle del Basento; il Cratere e Camerino con la zona dell’Italia Centrale colpita dal terremoto del 2016; l’Appennino Tosco-Emiliano con il Parco delle Foreste Casentinesi - saranno raccontati nel Padiglione Italia 2018.

Queste aree, spazialmente e temporalmente lontane dai centri di servizio essenziali – spiega Cucinella - sono detentrici di un patrimonio naturalistico e culturale inestimabile, fattore che, unito alla loro estensione territoriale, ci ha spinto a considerarne il rilancio come un tema altamente strategico per il nostro Paese. In quest’ottica - segue - vogliamo dar voce a quel ricco e prolifico mondo dell’architettura empatica che si esprime in piccole azioni di miglioramento e di dialogo, capaci di affrontare il rapporto, ovviamente mai completamente risolto, tra la storia, il contemporaneo e il paesaggio. Soltanto così il lavoro degli architetti può tornare ad un ruolo di responsabilità sociale”.
il ruolo dell’arte e del patrimonio culturale nelle città; la ricostruzione e il rapporto tra temporaneità e permanenza; nuovi spazi per la salute, mobilità e connessioni materiali e immateriali; il bosco e la filiera produttiva del legno sono i temi su cui lavorare”, tra teoria e prassi, con l'obiettivo di fornire proposte concrete e offrire nuove visioni per ripensare il futuro delle aree interne restituendo loro una nuova centralità nel dialogo sul futuro del Paese.

Un ripensamento necessario e al centro anche del dibattito politico, come racconta Filippo Tantillo in questo numero parlando dei quattro anni di Strategia Nazionale Aree Interne. Un tema che Il Giornale delle Fondazioni ha sviluppato – con uno speciale nel 2016(1) - e continua a trattare cercando di favorire un dibattito e un confronto tra politiche e pratiche di innovazione culturale.
Cosa non comune, nella costruzione di politiche territoriali, la SNAI si muove tra teoria e prassi, tra visione e concretezza, guardando ai territori “luogo per luogo”, ciascuno con una propria identità territoriale definita dall’intersezione di caratteri sociali, economici, geografici, demografici e ambientali, culturali. Una costruzione in itinere della governance attraverso processi partecipati, laboratori, l’utilizzo di metodologie di ricerca non convenzionali con l’obiettivo di mettere in luce risorse latenti che, seppur in maniera rapsodica, rappresentano percorsi di innovazione, nuovi binari.

Percorsi di innovazione che spesso vanno intercettati in pratiche informali che dell'arte e della cultura fanno il proprio campo di sperimentazione, muovendosi su confini ibridi.
I territori interni sono infatti oggetto di una ri-scoperta creativa, interessati da pratiche di riappropriazione e riattivazione in cui un ruolo fondamentale è svolto da pratiche artistiche e culturali(2).
Sono pratiche di riscoperta, di ‘risignificazione’ e reinterpretazione, di attivazione.
Pratiche che in molti casi non trovano diretti interlocutori nelle istituzioni e si manifestano attraverso una rilettura simbolica della storia e della cultura del territorio, esercizi di riscoperta delle risorse locali, riappropriazioni di luoghi abbandonati, riuso e riconversione di saperi e tradizioni antiche per una reinterpretazione creativa dei luoghi.
Aree “in movimento”, riprendendo l’intuizione di Gilles Clément, luoghi in divenire e in trasformazione, in evoluzione, che sperimentano nuove identità ed estetiche.
Territori che si rivelano alternative rispetto ai contesti iper-urbanizzati mostrando una capacità di resistenza – non resilienza – e reinvenzione, di risposta alla crisi, diventando il centro per la sperimentazione delle possibili interconnessioni tra uomo e territorio, dove i paesaggi sono prima di tutto mentali. Paesaggi mutevoli in cui la rigenerazione – umana – è continua.
Esperienze significative sia per la risposta che danno a nuovi bisogni, sia per la riscoperta della dimensione sociale e per il valore identitario e di integrazione di cui sono portatrici, facendo della cultura e dell’arte non dell’intrattenimento ma uno strumento di comprensione del contesto e un esercizio di cittadinanza attiva per creare valore sociale.

Un fermento culturale cui le sperimentazioni politiche dovrebbero guardare maggiormente – non solo in un ottica di valorizzazione ma di creazione - per sviluppare quel “potenziale latente” che la SNAI cerca di attivare, per ibridare i contenuti e innovare lo sguardo, intercettando bisogni inespressi e costruendo nuove rappresentazioni, nuovi immaginari.
Se un interesse comune è, dunque, registrato su fronti differenti , resta da capire come far sì che studi, ricerche, pratiche e politiche non restino sentieri isolati ma si possano realmente ibridare per pensare e soprattutto agire il futuro di questi territori liminali.

Arcipelago Italia sarà sicuramente il luogo in cui far crescere il dibattito sul fermento in fieri. Ci auguriamo che l'eco sia grande e – oltre Venezia – raggiunga i territori da cui è partita.

© Riproduzione riservata

Ph: fotografia di Davide Curatola Soprana ©UrbanReports 

1] Si veda Speciale aree interne, a cura di Stefania Crobe, in Il Giornale delle Fondazioni, novembre 2016, il cui scopo era creare una piattaforma di dialogo tra ricercatori, pratictioners, istituzioni culturali impegnati attivamente sul tema, invitandoli a ragionare sulle potenzialità delle sperimentazioni politiche in atto.

2] Una mappatura è stata realizzata dal lavoro di ricerca svolto presso il Dicea dell'Università La Sapienza di Roma (ARTE SUL CONFINE. LE PRATICHE ARTISTICHE CONTEMPORANEE COME PROGETTO DI TERRITORIO. Sperimentazioni artistiche e fermenti culturali tra margini territoriali e disciplinari, a cura di S. Crobe)
 


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