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Aarhus Capitale Europea della Cultura 2017: Let’s Rethink, Let’s Participate!

  • Pubblicato il: 17/06/2017 - 15:50
Autore/i: 
Rubrica: 
DOVE OSA L'INNOVAZIONE
Articolo a cura di: 
Elena Lombardo

Aarhus, con 18 altri comuni della regione centrale della Danimarca è Capitale Europea della Cultura 2017 insieme a Pafo antica città portuale della Cipro greca e patrimonio dell’umanità UNESCO dal 1980. Seconda città danese ad aver conquistato la candidatura dopo Copenaghen nel 1996, Aarhus ha investito in una profonda e radicata cooperazione a livello regionale e lavorato sui temi della sostenibilità, diversità e democrazia. Abbiamo visitato la città in occasione della conferenza: ReCcord, Rethinking Cultural Centres in a Europen Dimension, per parlare di partecipazione culturale, Europa e futuro.
 


 
Aarhus, nella penisola dello Jutland è la seconda città più popolosa della Danimarca, principale porto del Paese, nonché una delle più antiche città della Scandinavia. Famosa tra gli appassionati di arte contemporanea per  il maxi intervento Your Rainbow Panorama dell’artista Olafur Eliasson, Aarhus è nota anche per Dokk1, la più grande biblioteca pubblica dei paesi nordici, progettata dallo studio schmidt hammer lassen architects e parte del progetto di riqualificazione dell’area portuale della città Urban Mediaspace.
Nonostante ciò Aarhus, all’ombra di Copenaghen, sembra non essere mai diventata una meta turistica particolarmente conosciuta. Un trend che la candidatura a Capitale Europea della Cultura intende assolutamente invertire, utilizzando le risorse e opportunità a disposizione per rilanciare il nome della città attraverso un programma che mette al centro valori come sostenibilità, diversità e democrazia.
Abbiamo visitato Aarhus in occasione della conferenza ReCcord, Rethinking Cultural Centres in a European Dimension (17/19 Maggio), dove sono stati presentati i primi risultati della ricerca della Aarhus University dedicata alle forme di partecipazione nei centri culturali europei. Tra gli Italiani, presenti il giovane Spazio Zephiro di Castelfranco Veneto, l’Associazione Culturale Khorakhanè di Abano Terme e Farm Cultural Park, Favara, Sicilia.
La conferenza rientrava nel framework “Let’s Rethink”, che riprende i temi centrali della candidatura, introducendo il concetto di riflessione come leva di nuove azioni urbane e culturali. Il tema della sostenibilità è stato ripensato a livello ambientale e sociale all’interno di una relazione simbiotica e attraverso l’elaborazione di un modello condiviso e consultabile: l’Aarhus Sustainability Model.
Il tema della diversità viene affrontato sia nei confronti di altre culture, che attraverso la capacità di osservare chi, all’ interno della stessa società danese, ha bisogni e opportunità differenti, combinando tolleranza e idee innovative. Il tema della democrazia, sposa concetti come collettività e cooperazione, richiamando lo sforzo comune, il lavorare e decidere insieme ad un approccio orientato alla pianificazione futura. Altro aspetto centrale riguarda architettura e vivibilità, per ripensare la città e il design urbano contribuendo alla costruzione di una scultura sociale vitale e rispondendo alle mutevoli necessità di una società in continuo cambiamento. Anche in questa direzione il rapporto tra necessità urbane e risorse naturali, viene ripensato in una dimensione di equilibrio tra progresso e tutela per lo sviluppo di idee innovative ed ecologiche.
Il tema del futuro è preponderante, non solo riguardo la riflessione strategica sugli impatti socio-economici di Aarhus2017 (Rethink IMPACTS), ma anche e soprattutto in termini di scelte di programmazione: grande spazio è stato dato ai bambini, al centro di molte delle celebrazioni ed eventi in programma. Educazione, storytelling, scambio intergenerazionale, ambientazioni magiche ed immersive evidenziano quanto il coinvolgimento della popolazione e l’utilizzo di pratiche partecipative siano presenti nella candidatura di Aarhus, a riconferma di un trend trasversale a tutte le ultime città vincitrici, da Matera2019 a Eleusis2021. Degna di particolare menzione, la sezione del programma chiamata “Little Rebellions”: appuntamenti pensati per stupire e lasciare senza fiato gli abitanti e turisti della città che tra agosto e settembre riempiranno le strade, i parchi, le scale e i sotterranei di Aarhus con eventi e performance inaspettati. In alcuni casi, queste “piccole ribellioni” riporteranno al centro il tema Europa, mettendo in relazione le due capitali Europee della Cultura 2017 attraverso eventi come Humans in Balance e Absence-Life of dead  in Cyprus and Denmark.
In occasione dell’incontro RecCord, Rethinking Cultural Centres in a European Dimension, di Europa si è invece parlato meno, preferendo lasciare in secondo piano gli aspetti di attrito legati alle grandi differenze e problematiche di contesto, per concentrarsi su quelli che sono stati individuati come aspetti e sfide comuni legate alla produzione e partecipazione culturale dei centri culturali presenti. La conferenza è stata evento conclusivo di un percorso di ricerca dedicato al tema della partecipazione, portato avanti dalla Aarhus University in collaborazione con l’European Network of Cultural Centres (ENCC), una rete fondata nel 1994 che, supportata da Europa Creativa, rappresenta 14 network nazionali in oltre 12 Paesi per un totale di 3000 centri.
Ospitato nel centro culturale Godsbanen, l’evento ha presentato un modello di ricerca partecipata per un’indagine estremamente attuale sulle diverse forme di partecipazione culturale e di civic engagement. L’analisi ha previsto la visita da parte di 20 cultural recorders, prevalentemente professionisti della cultura e non ricercatori di professione, in altrettanti centri culturali europei, al fine di studiare e raccogliere dati e osservazioni nei luoghi ospitanti. Un modello tanto nuovo e coraggioso quanto scientificamente rischioso, che ha permesso, tra gli altri, a Mette Dalby, direttore del centro culturale Nicolai a Kolding in Danimarca, di visitare Farm Cultural Park, a Favara, Sicilia.
I risultati, provenienti da 38 centri culturali in 14 paesi, sono ancora in fase di elaborazione, ma la preview delle prime considerazioni, ha offerto sufficienti spunti ed elementi di confronto ai partecipanti. La mappatura delle forme e degli effetti della partecipazione ha evidenziato quanto ogni gradino della scala sia importante e necessario: le parole chiave emerse dall’analisi delle attività dei centri culturali sono attenzione, sperimentazione, educazione, co-abitare, co-decision, co-creation, ed empowerment. Tutte forme di coinvolgimento utili a facilitare il cambiamento, adottate in modi diversi e con impatti altrettanto diversi a seconda del contesto e delle risorse messe in campo. Se sono condivisi i grandi dilemmi legati all’autonomia, ai finanziamenti e all’utilizzo strumentale dell’arte e della cultura, altrettanto comune è sembrata la consapevolezza di evadere dalla tirannia della retorica partecipativa e dell’audience development per entrare nel dettaglio delle pratiche, dei contesti e degli obiettivi e concentrarsi sul valore dell’esperienza, dell’incontro con l’inconsueto, con le voci e le narrative perdute.
 
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