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24 consiglieri per un neoministro

  • Pubblicato il: 28/06/2013 - 10:03
Rubrica: 
BANDI E CONCORSI
Articolo a cura di: 
Antonio Carnevale e Stefano Pirovano

Le interviste da noi raccolte in Scene da un patrimonio (cfr. n. 330, apr. ’13, p. 23) scattano un’istantanea del sistema dei beni artistici in Italia, e lo fanno attraverso le voci di 24 attori del sistema scelti in ragione dei loro meriti tra le diverse componenti del settore (presente e passato, mercato e istituzioni, collezionismo e politica, storia dell’arte e critica). Proprio quella visione d’insieme di cui un ministro della cultura potrebbe aver bisogno. Il caso vuole che un neoministro ora ci sia. Ecco le costanti emerse nel corso delle interviste.

Soldi. Dopo i tagli degli anni passati, di certo dovranno essere rivendicati denari. Ma questo non servirà a nulla se le risorse continueranno a esser spese male, ovvero se i soldi verranno messi in ciò che non ha possibilità di durare.
Professioni. I musei sono fatti di competenze, prima che di opere, e lo stesso vale per le gallerie private o le istituzioni didattiche. Valorizzare il capitale umano è punto da cui partire per ritessere la fiducia tra i cittadini e il loro patrimonio. Non è possibile che i nostri cervelli emergano solo quando vengono trapiantati all’estero. Vuol dire che da noi qualcosa non va.
Politica. Scene da un patrimonio è nato da un’indagine pubblicata su «Panorama» riguardo agli assessori curatori che svuotano i musei delle loro competenze per poi strumentalizzarli a proprio vantaggio. Invece, la politica dovrebbe avere un ruolo di arbitro esterno, che crea le condizioni ottimali perché la miglior produzione culturale possa fiorire. Altrimenti è propaganda. Inoltre,
pur senza riforme strutturali del ministero, occorre puntare a un’integrazione virtuosa del Mibac con altri dicasteri: ambiente, infrastrutture, agricoltura, sviluppo economico, turismo, istruzione.
Internet. La rete è un’occasione che i musei stanno perdendo, e con essi l’intero patrimonio storico artistico. Invece è qui che si sta formando il nuovo pubblico. I siti dei musei stranieri, dal Getty al MoMA, alla Tate, non offrono solo servizi, ma un complesso sistema di informazioni, puntuale ed efficiente. Si promuovono attraverso i social network, si raccontano alle nuove generazioni. A confronto i siti dei nostri musei sono «roba» da dilettanti, e spesso nemmeno quello.
Fiscalità. A causa dell’eccessiva pressione fiscale, collezionisti e galleristi migrano verso scenari economici e culturali più favorevoli, per quella che è una vera e propria emorragia di risorse economiche e umane. Agevolare tali soggetti creando un ambiente migliore significherebbe ridare linfa vitale al mercato, sollecitando lo scambio di arte antica e la produzione di arte nuova.
Notifica. Andrebbe rivista, ammorbidendone alcune rigidità anacronistiche; il mondo dell’arte è globale, ed è meglio che un’opera possa essere vista, magari in un museo straniero, anziché ammuffire nella soffitta di un privato. Il mercato è una risorsa, non un nemico. Dopotutto, se l’antiquariato esce dal gusto e perde di valore a rimetterci non sono solo i mercanti, ma tutti coloro che posseggono beni antiquari, ovvero una grande quantità di cittadini.
Mostre. Qualcuno ha detto che il sonno della ragione genera mostre. Negli ultimi anni ne abbiamo viste troppe, utili soltanto ad alimentare il feticismo di chi poi vede solo Caravaggio, Leonardo e Van Gogh. L’Italia delle collezioni, dei musei, dei monumenti e dei siti archeologici è ricca di tesori da scoprire. Valorizziamo l’esistente. La nostra storia è la nostra identità.
Privati. Nell’attuale penuria di fondi, la loro funzione è imprescindibile. Il che non significa svendere o affittare pezzi del nostro patrimonio alienandoli allo Stato, bensì individuare nuove formule sostenibili e miste. Ma perché questo delicato rapporto funzioni bisogna che da una parte vi siano regole chiare e uguali per tutti, e dall’altra che lo Stato garantisca qualità e continuità nella gestione.
da Il Giornale dell'Arte numero 332, giugno 2013