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​Dall'Europa, uno sguardo nuovo al patrimonio culturale

  • Pubblicato il: 15/01/2015 - 11:27
Rubrica: 
VOCI DALL'EUROPA
Articolo a cura di: 
Erminia Sciacchitano

Bruxelles. Fra i documenti di policy europea adottati quest'anno, ben quattro contengono riferimenti al patrimonio culturale:

  • Il 21 Maggio il Consiglio dei Ministri della Cultura dei 28 Stati membri UE, sotto la Presidenza Greca, ha adottato le Conclusioni del consiglio sul Patrimonio culturale come risorsa strategica per un Europa sostenibile[1];
  • La Commissione Europea ha adottato a luglio la comunicazione: “Verso un approccio integrato per il patrimonio culturale per l’Europa” (COM (2014) 477) [2]

Infine il 25 Novembre, nell’ambito della Presidenza italiana UE, sono state adottate:

  • Le Conclusioni del Consiglio Cultura sulla Governance partecipata del patrimonio culturale[3]
  • Il nuovo Piano di lavoro per l’attuazione degli obiettivi dell’agenda europea per la cultura per il periodo 2015-2019[4].

Perché quest'accelerazione, e perché quest’anno.

Come noto l’Unione Europea sostiene da lungo tempo azioni dedicate al patrimonio culturale, come le Giornate Europee del Patrimonio, il Premio per il Patrimonio Culturale, il Label Europeo del Patrimonio. Ma nonostante questo tema sia nel cuore delle competenze dei Ministeri della Cultura degli Stati Membri UE per trovare una conclusione del Consiglio dedicata al patrimonio culturale dobbiamo risalire al 1994[5].

Questo perché i Trattati Europei prevedono per le politiche culturali una forte sussidiarietà. Sono primariamente responsabilità dei governi nazionali e delle autorità regionali e locali. Il ruolo dell’Unione è di contribuire al pieno sviluppo delle culture degli Stati Membri, innanzitutto attraverso la promozione della cooperazione e degli scambi, nel rispetto delle diversità nazionali e regionali, di conseguenza la protezione, e la conservazione del patrimonio culturale sono sempre state considerate primariamente responsabilità nazionali.

Ma nel 2009 il trattato di Lisbona ha introdotto nuovi riferimenti: nel preambolo del Trattato sull’Unione europea i firmatari si ispirano alle «eredità culturali, religiose e umanistiche dell’Europa»[6]; all’articolo 3.3 leggiamo che l’Unione Europea «vigila sulla salvaguardia e sullo sviluppo del patrimonio culturale europeo», mentre l’art. 167 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione europea recita: «l'Unione contribuisce al pieno sviluppo delle culture degli Stati membri nel rispetto delle loro diversità nazionali e regionali, evidenziando nel contempo il retaggio culturale comune» e precisa che l’Unione europea, se necessario, può appoggiare e integrare l'azione degli Stati membri nella «conservazione e salvaguardia del patrimonio culturale di importanza europea».

Quindi oggi ci sono nuove basi per rafforzare la cooperazione fra gli Stati in questo campo, nel pieno rispetto del principio di sussidiarietà. Inoltre la cooperazione europea è diventata una necessità.

Gli Stati Membri condividono molte sfide: proteggere, preservare e valorizzare musei, siti, monumenti con budget e personale insufficienti; identificare nuovi modelli di gestione per la crescita sostenibile, contrastare sovra-sfruttamento e degrado dei territori; mantenere viva la capacità di “rigenerare” nel tempo le risorse culturali, materiali e immateriali, trasmettendo memoria, conoscenze, saper fare, significati e creando le condizioni perché le giovani generazioni possano fondare su questa strategica ricchezza comune il loro futuro.

Una progressiva mobilitazione del settore ha migliorato il coordinamento europeo: l'European Heritage Heads Forum che raggruppa i vertici delle amministrazioni nazionali competenti nella conservazione del patrimonio culturale costituito nel 2006, il Reflection group Patrimonio culturale e l’UE creato nel 2010, il Joint Programming Initiative Cultural Heritage and the Global Change, avviato nel 2010 e coordinato del MiBACT e infine l'European Heritage Alliance 3.3, che raggruppa dal 2011 le piattaforme e le organizzazioni non governative che hanno in comune la sensibilizzazione delle istituzioni europee sulle politiche per il patrimonio. La sensibilità del Parlamento europeo nel 2013 ha inoltre contribuito a reintegrare il patrimonio culturale, inizialmente escluso, nel quadro programmatico pluriennale 2014-2020: da Europa Creativa al programma di Ricerca Horizon 2020, ad Erasmus+, al programma per la competitività delle piccole e medie imprese COSME.

Infine tre presidenze del Consiglio UE, lituana, greca e la presente italiana, hanno inserito il patrimonio culturale fra le priorità, promuovendo numerose iniziative e un ricco dibattito in sede politica. L’attenzione proseguirà in futuro dato che la Lettonia ha già annunciato che continuerà in questa direzione.

In questo contesto si inquadra l’invito rivolto dal Consiglio dei Ministri della Cultura alla Commissione europea nelle Conclusioni di Maggio a contribuire «allo sviluppo di un approccio strategico al patrimonio culturale” e a “integrare il patrimonio culturale nelle politiche nazionali ed europee”. Un patrimonio culturale inteso nell'accezione più ampia, costituito dalle “risorse ereditate dal passato, in tutte le forme e gli aspetti - materiali, immateriali e digitali (prodotti originariamente in formato digitale e digitalizzati), ivi inclusi i monumenti, i siti, i paesaggi, le competenze, le prassi, le conoscenze e le espressioni della creatività umana, nonché le collezioni conservate e gestite da organismi pubblici e privati quali musei, biblioteche e archivi».

Facendo seguito a questo impulso politico la Commissione ha adottato a luglio 2014 la Comunicazione «Verso un approccio integrato per il patrimonio culturale per l’Europa», il cui obiettivo è supportare gli Stati membri e i portatori d'interesse perché traggano il massimo vantaggio dal sostegno fornito al patrimonio culturale dagli strumenti dell'UE, progredendo insieme nella direzione di un approccio più integrato a livello nazionale e di UE e, in ultima istanza, rendendo l'Europa un laboratorio per l'innovazione basata sulla cultura. Il patrimonio culturale ha infatti un valore come capitale culturale e sociale per l’Europa, oltre ad apportare un contributo notevole in termini di occupazione e indotto, un contributo ancora troppo sottovalutato

Nella comunicazione emerge la dimensione “trasversale” e “trans-settoriale” delle politiche sul patrimonio, che interessano diverse politiche pubbliche: oltre a quella culturale, quelle legate allo sviluppo regionale, coesione sociale, al welfare, all’agricoltura, agli affari marittimi, all'ambiente, al turismo, all'istruzione, all'agenda digitale, ricerca e all’innovazione. Tali politiche hanno un impatto diretto o indiretto sul patrimonio culturale ma, allo stesso tempo, il patrimonio culturale presenta forti potenzialità per il conseguimento degli obiettivi da queste perseguiti.

Cultura e patrimonio culturale rivestono inoltre un ruolo importante anche nella politica esterna UE, perché spesso è intorno a questo importante “aggregatore” che si riesce a costruire un ambiente favorevole allo sviluppo di relazioni diplomatiche, a favorire la circolazione e lo scambio di idee e valori e contribuire alla comprensione reciproca, a promuoverei lo sviluppo sostenibile, la coesione sociale e le relazioni pacifiche.

La comunicazione della Commissione offre quindi una guida ragionata a queste diverse dimensioni e delinea gli strumenti che l’Europa mette a disposizione per integrare i programmi nazionali e regionali e quindi contribuire a salvaguardare e potenziare il valore intrinseco e sociale del patrimonio culturale, rafforzare il suo contributo alla crescita economica e alla creazione di posti di lavoro e sviluppare le sue potenzialità a favore della diplomazia dell’UE.

Accanto alla Comunicazione la Commissione ha pubblicato in parallelo una mappatura di informazioni utili su politiche, legislazione, programmi ed opportunità di finanziamento in Europa per la conservazione, digitalizzazione, valorizzazione, la ricerca, la formazione[7].

Ma questa “multidimensionalità” trans-settoriale implica che la conservazione e trasmissione del nostro patrimonio culturale richiedano interventi integrati, che vadano oltre la semplice conservazione fisica di un sito.

La Comunicazione sottolinea inoltre che responsabilità nazionali e l'azione dell’UE non sono in contrapposizione: il patrimonio culturale è una risorsa condivisa e un bene comune, la cui dimensione è allo stesso tempo sia locale che europea; è stato forgiato nel corso del tempo ma anche attraverso le frontiere e all'interno delle comunità. Il patrimonio culturale è un mosaico di storie locali che insieme rappresentano la storia dell'Europa.

La Comunicazione fa tesoro, infatti, degli sviluppi internazionali delle politiche che puntano sulla dimensione collettiva e sociale del patrimonio culturale, su modelli di sviluppo in cui le comunità svolgono un ruolo trainante e sulle possibili sinergie tra le diverse parti interessate. Le risorse del patrimonio, indipendentemente da chi ne sia il proprietario o detentore, sono portatrici di un valore che appartiene a tutti i membri della comunità, e sono in questo senso beni comuni.

Mentre un tempo la protezione del patrimonio passava per l’isolamento dalla vita quotidiana i nuovi approcci si concentrano sul coinvolgimento della comunità locale in tutte le fasi del percorso. In questa transizione certamente ha avuto ruolo fondamentale la Convenzione Quadro del Consiglio d'Europa sul valore del patrimonio culturale per la società, detta Convenzione di Faro, che l’Italia ha firmato nel 2013.

Proprio in quanto beni comuni, le risorse del patrimonio richiedono un quadro evoluto di governance collettiva (multilivello, multi – stakeholder). Un tale quadro dovrebbe riconoscere il ruolo di tutti gli attori pubblici e privati e i diritti dei gruppi di cittadini interessati (“comunità patrimoniali” secondo la Convenzione di Faro) a partecipare attivamente alla tutela, gestione e sviluppo del patrimonio comune. Proprio a questo tema è stata dedicata la Conferenza Internazionale «Patrimonio culturale come bene comune Verso una governance partecipativa del patrimonio culturale nel terzo millennio», organizzata a Torino nell'ambito della Presidenza italiana a settembre 2014.

Prendersi cura del patrimonio oggi significa investire nel capitale culturale e sociale di un territorio, promuovendone la rigenerazione, altrimenti la sua trasmissione alla prossima generazione sarà impossibile. Un capitale generato proprio quando gli interventi sul patrimonio culturale sono occasione di partecipazione democratica ai processi decisionali, di promozione della diversità e di dialogo interculturale, rafforzando il senso di appartenenza ad una comunità, favorendo una comprensione e un rispetto maggiori tra i popoli, contribuendo a ridurre le disparità sociali, agevolando l'inclusione sociale, promuovendo il dialogo intergenerazionale.

In breve, è sempre più necessario attivare circoli virtuosi, incoraggiando i siti del patrimonio a diventare centri di conoscenza e incubatori di creatività e innovazione sociale, attraverso la promozione di misure volte a stimolare l'intero ciclo di creazione/produzione culturale/conservazione nei territori. Per fare questo occorre costruire molti ponti fra quelle che sono state per lungo tempo, ma erroneamente, considerate "dimensioni" separate: patrimonio culturale materiale, intangibile e digitale; eredità del passato e creatività contemporanea, luoghi della cultura e comunità, sia quelle residenti su un territorio sia quelle virtuali.

In particolare sono fondamentali iniziative che incentivano lo sviluppo di politiche urbane fondate sulla cultura come il Programma europeo «Capitali europee della cultura», che ha il merito di avere fondato un metodo, un approccio che inserisce la cultura nell'ambito di una strategia di sviluppo territoriale a lungo termine e che incentiva la costituzione di forme di governance più possibile partecipate che siano quindi capaci di governare i processi di sviluppo con approccio integrato e trans-settoriale.

La governance è, infatti, una leva fondamentale per lo sviluppo di un approccio realmente integrato al patrimonio, che guardi all’intero sistema di azioni necessarie ad innescare un processi di sviluppo sostenibile, e avviare un ciclo di crescita endogena.

Ecco perché l’ultimo documento del Consiglio sulla Governance partecipata del patrimonio culturale approvato sotto la presidenza italiana il 25 novembre, riveste un ruolo importante. A questo tema sarà inoltre dedicato un gruppo di lavoro di rappresentanti degli Stati UE che identificherà buone pratiche e linee di riferimento attraverso Metodo del Coordinamento Aperto per l’attuazione del Piano di Lavoro per la cultura 2015-2019.

Di recente ho assistito ad un discorso fra i più appassionati che io abbia mai sentito sul valore della cultura per il progetto europeo. Non ad un convegno, ma in un taxi diretto all'aeroporto, dove un tassista di Bruxelles, di origine algerina, imboccando il quartiere europeo mi ha raccontato i 40 anni di trasformazioni e i cambiamenti che la sua città ha vissuto da quando ci sono le istituzioni europee. E ha detto una frase chiave: La cultura è la colonna vertebrale dell'Europa.

Ritengo che sia un buon segnale. Non abbiamo forse ancora convinto la mitica “casalinga di Voghera”, ma se un tassista di Bruxelles è convinto che la cultura sia centrale per il progetto europeo in una città in cui il tasso di diversità culturale è fra i più alti che io abbia mai visto, forse siamo sulla buona strada.

Analizzando il patrimonio culturale quest’anno abbiamo completato il quadro di quanto supporto dia l’Europa alla cultura ma anche di quanto la cultura contribuisca all’Europa. L’Europa ha mostrato la via per lavorare con approccio integrato livello europeo, ed ora è importante comprendere anche a livello nazionale che l’approccio integrato non è una scelta, ma una necessita se si vogliono impostare politiche di sviluppo fondate sulla cultura.

La forza della cultura e della creatività, oltre che nell’economia, è nelle idee per immaginare e progettare un nuovo futuro. Nell'atmosfera creativa che culla nuove soluzioni alle sfide di oggi. Siamo oggi più consapevoli che la valorizzazione sostenibile passa non solo per la scoperta e classificazione analitica dei valori del patrimonio, ma per la loro “reinvenzione”, attraverso processi di partecipazione che non sono solo "riappropriazione" da parte della società locale ma nuove opportunità perché una comunità possa progettare il suo futuro a partire dalle risorse culturali del territorio. E serve necessariamente una governance il più possibile condivisa e partecipata per gestire questa complessità, rispondere agli effettivi bisogni del territorio e co-progettare insieme la “colonna vertebrale” dell’Europa che verrà.

 

Erminia Sciacchitano è Esperto Mibact designato a Bruxelles.

 

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