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«Mirò! Poesia e luce» e «Steve McCurry. Viaggio intorno all’uomo»

  • Pubblicato il: 18/11/2012 - 21:12
Rubrica: 
NOTIZIE
Articolo a cura di: 
Ginevra Domenichini
Joan Miró

Genova. Si «incontrano» a Palazzo Ducale le mostre di due artisti tanto diversi sul piano figurativo e stilistico quanto affini per la comune capacità di segnare la storia rispettivamente dell’arte e della fotografia: Mirò e McCurry.
Gli ultimi trent’anni di vita del pittore catalano sono il tema della prima, curata da María Luisa Lax Cacho, che propone attraverso un percorso sviluppato cronologicamente le opere del periodo trascorso a Maiorca dove Mirò si trasferisce nel ‘56 e dove morirà. Stimolato dalla tranquillità della natura e immerso nell’amato studio appositamente progettato dall’amico e architetto Josep Lluí Sert, inizia per l’artista un periodo di lavoro intenso rappresentato in mostra da oltre 80 opere provenienti dalla Fundaciò Pilar i Joan Mirò.
Le prime sale propongono olii e acquarelli raffiguranti i soggetti emblematici della sua produzione, donne, paesaggi, uccelli dove si percepisce il passaggio verso una pittura sempre più astratta, quella tendenza all’essenziale che sfocia nelle tele monocromatiche di grandi dimensioni degli anni ’70. E’ anche il periodo in cui l’artista, abbandonando il pennello, interviene direttamente sulle opere spalmando il colore con le dita e i pugni, lasciando impronte delle sue mani, plasmando materiali eterogenei quali la carta vetrata, chiodi, legno come in «Personaggio, uccello» del ’76. Bronzi e terracotte illustrano le molteplici tecniche fatte proprie da Mirò che in una video-intervista proposta in mostra racconta il suo modus operandi: l’unione di istinto e riflessività, caos e bilanciamento. Due curiosità accompagnano poi il visitatore all’inizio e alla fine della mostra, rispettivamente: la prima opera di Mirò che si sia conservata, un olio del 1908 che raffigura un paesaggio dipinto all’età di 15 anni e ripreso sul verso proprio nel periodo maiorchino e la ricostruzione dello studio dell’artista con i suoi oggetti, pennelli e strumenti di vita quotidiana.

Mettendo momentaneamente da parte le suggestioni oniriche di Mirò si entra nel sottoporticato dove sono esposti i «flash» di vita dal mondo scattati da McCurry nei suoi oltre 30 anni di carriera. Più di 200 le fotografie in mostra il cui centro focale è l’uomo, descritto attraverso i luoghi da lui percorsi e animati ma soprattutto attraverso le espressioni e i tratti del volto. L’allestimento avvolgente progettato da Peter Bottazzi, curatore insieme a Biba Giacchetti, sollecita quasi attivamente emozioni e riflessioni proponendo in ogni stanza un ambiente e un tema diverso. La prima evoca «la scoperta» negli sguardi, nelle fogge, negli abiti dei suoi protagonisti impressi su stampe fotografiche appoggiate su veli leggeri; sono ritratti di uomini che appartengono a vite lontane da quella occidentale. Nella seconda sala si fa strada il tema della «vertigine» proponendo la contemporaneità più amara, quella, ad esempio, del crollo delle Torri Gemelle e delle ferite lasciate dalla guerra in Afghanistan. Seguono ‘la poesia’ e ‘lo stupore’, due spazi dove si addensano immagini ispirate a momenti della quotidianità; la sosta in un bar locale, la pesca, il pascolo sono alcuni di questi che, come in un caleidoscopio, restituiscono colori e scene sempre diverse. Il documentario finale, proiettato all’interno di un ipotetico focolare, racconta poi dal vivo il viaggio compiuto da McCurry per ritrovare dopo oltre vent’anni Sharbat Gula la bambina afghana fotografata nel campo profughi di Peshawar diventata con i suoi occhi verde smeraldo un’icona dell’epoca.

Le mostre, aperte rispettivamente fino al 7 aprile e 24 febbraio, sono frutto di una collaborazione instaurata da Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura con Arthemisia Group e24 ORE Cultura - Gruppo 24 ORE –produttori e organizzatori di «Mirò! Poesia e luce»- e Civita –coproduttore di «Steve McCurry. Viaggio intorno all’uomo».

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